(voce di SopraPensiero)

Grazie ai volontari del Progetto Griffo è online (disponibile per il download gratuito) l’ePub La capanna dello zio Tom di Harriet Beecher Stowe.

Il libro, che affronta il problema della schiavitù negli Stati Uniti, fu pubblicato nel 1852. Le motivazioni – principalmente il «Fugitive Slave Act» promulgato nel 1850 – che indussero l’autrice a scriverlo sono ampiamente spiegate nell’ultimo capitolo («Epilogo»).
Il romanzo narra le vicende di Tom, uno schiavo nero, che dopo aver servito nelle dimore di due padroni di buon cuore che lo avevano trattato con umanità e rispetto, facendone un collaboratore fidato, finisce nelle mani di un crudele coltivatore di cotone che ne causa la morte. Alla vicenda di Tom fanno da cornice gli avvenimenti riguardanti alcuni schiavi che cercano di guadagnare la libertà attraverso la fuga, in particolare i due schiavi mulatti, Giorgio ed Elisa, che con il loro figlioletto riescono a rifugiarsi in Canada e le due schiave Emmelina e Cassy il cui tentativo di fuga ha successo grazie al sacrificio di Tom.

Sinossi a cura di Rosario di Mauro

Dall’incipit del libro:

La capanna dello zio TomEra una giornata freddissima del mese di febbraio, e nella città di P […], nel Kentucky ad ora già avanzata due gentlemen, seduti col bicchiere in mano in una ricca sala da pranzo, liberi dall’incomoda presenza dei servi, discorrevano con molto calore sopra un argomento di alta importanza.
Abbiamo detto due gentlemen, ma per modo di dire; perché uno di essi, attentamente osservato, a tutto rigore non appariva tale.
Era bassotto e atticciato, aveva lineamenti comuni e grossolani; il suo fare pretenzioso e superbo mostrava l’uomo plebeo che agogna di uscire dalla sua sfera.
Il panciotto vistoso, a vari colori, la cravatta turchina a pallini gialli, sbollante e svolazzante, corrispondevano in modo perfetto alla sua arroganza. Aveva le mani larghe e ruvide, piene di anelli. Portava sopra il panciotto una grossa catena d’oro con un fascio di ciondoli d’ogni colore e di grandi dimensioni, che, nel calore del discorso, era solito agitare con evidente soddisfazione.
Parlava un inglese libero dalle pastoie grammaticali, ed il suo discorso era di quando in quando condito di espressioni tali, che, con tutto il nostro desiderio di essere esatti, non avremmo il coraggio di trascrivere.