Grazie ai volontari del Progetto Griffo è online (disponibile per il download gratuito) l’ePub: Il giunco di Pia Rimini.

 

Rispetto alla raccolta di racconti La spalla alata, risulta attenuata la caratteristica costante, quasi ossessiva, della descrizione dell’egoismo persistente dell’uomo rispetto alla donna; viene invece sottolineata e accentuata la volontà della donna di vincere questa sopraffazione maschile per mezzo di una tenera affettuosità femminile. Non può non colpire il lettore l’elevato grado di sicurezza artistica raggiunta. Sicurezza che va di pari passo con la sua esperienza di osservatrice capace di coniugare una fresca inventiva con la propria esperienza personale. E in questo riesce certamente al meglio nella prima delle quattro parti di questo romanzo che risulta con grande trasparenza di ispirazione autobiografica. L’attesa della maternità dovuta ad una relazione con un ingegnere che la abbandona è descritta con vera maestria; vediamo il delicato affetto e l’attaccamento ai genitori, sentimenti che la inducono a trascorrere il periodo di gravidanza presso un’anziana insegnante, il turbamento dovuto al rapporto con il cognato che vorrebbe rivelare il fatto ai genitori di lei ai quali lei stessa era riuscita a tenerlo accuratamente nascosto, e la nascita del bambino morto: il tutto è narrato con essenziale efficacia, decisa rivendicazione del diritto di maternità nonostante e contro le ipocrisie convenzionali.

Nelle successive tre parti del romanzo il tentativo di introspezione psicologica e, direi quasi, di autoanalisi che l’autrice tenta attraverso dialoghi con gli uomini che di volta in volta incontra e con i quali cerca di dar vita a qualcosa che assomigli alla propria idea d’amore, la scrittura appare assai meno convincente. Non credo si debba pensare che tutto sia frutto della sua propria esperienza interiore e di osservatrice. Pia Rimini prova ad intuire e dedurre, molto abilmente almeno per molte pagine, l’esprimersi di una data psicologia – che può essere anche molto lontana dalla propria – in una certa situazione e frangente di vita nei quali lei può anche non essersi affatto mai trovata. Lo fa con estrema naturalezza anche se con qualche lungaggine e ripetitività di situazioni ed emozioni. Certamente questa percezione analitica e intuizione non coincide necessariamente con le proprie stesse percezioni. Piuttosto forse è un tentativo di presentare l’immagine femminile che si andava con forza delineando nel paese, mediata dalla retorica e dalla propaganda fascista. Il romanzo è del 1930 quando l’autrice aveva appena trent’anni.

L’anelito di Maria, la protagonista, per un uomo che la sottometta, che limiti il suo desiderio di indipendenza e libertà, è visto tuttavia in maniera alquanto contraddittoria. Nella sua relazione con un musicista, che è però promesso sposo ad un’altra, Ginetta, riesce a far emergere ancora il proprio disprezzo per le ipocrite convenzioni e la salvaguardia delle formalità borghesi:

«Se ora, io dicessi a tutti che lo amo e che vorrei cedergli, tutti mi disprezzerebbero. Ma se lo dicesse Ginetta, troverebbero che è giusto perchè egli la sposerà. – Ella disprezzava profondamente questa gente ipocrita che vive d’apparenze e per cui una donna maritata è rispettabile anche se tradisce il marito per vizio o si vende per il lusso, ma per cui una ragazza che si dà per amore, se osa farlo alla luce, schiettamente, è colpevole.»

Concede all’uomo una libertà sessuale che alla donna sembra invece negata: «un uomo ha tutti i diritti. Se il tradimento di un uomo può ferire la donna nella sua fede, l’inganno di una donna offende l’uomo, perchè lo macchia e lo diminuisce.». Ma contemporaneamente spiega così la tendenza femminile alla sottomissione: «Non sottomessa da Ruggero: ma dalla propria volontà d’amore.» In quest’ottica si comprende come l’uomo amato ben difficilmente possa diventare il “compagno”. I dialoghi con il partner, densi di pause, meditazioni introspettive, riflessioni e ripensamenti, sembrano in definitiva l’anticipazione dei dialoghi con Dio che, nei sei mesi che vanno dal gennaio al giugno 1944, sono espressi nelle pagine del Diario Spirituale. Sembra quasi di trovarsi di fronte ad un riuscitissimo transfert psicologico.

Nonostante quindi un qualche difetto di costruzione, una certa ingenuità e talvolta un almeno apparentemente inutile appesantimento dovuto al reiterarsi della stessa situazione e alle stesse riflessioni, quello che resta assolutamente intatto, anche a distanza di quasi un secolo, è la capacità dell’autrice di assumere di fronte alle problematiche della donna un atteggiamento di comprensione e di solidarietà assolutamente femminile e di saper congiungere questo atteggiamento a un bisogno di sincerità e ad un’attenzione alle peculiarità di tipo sia morale che psicologico. E di fronte a queste fondamenta e motivazioni le riserve possono essere messe da parte e rimane in primo piano una donna che parla di donne e lo fa con l’obiettivo di offrire punti di vista originali e di illuminare panorami inesplorati. Riassume in questo modo nel titolo i caratteri della docilità e dell’umiltà – già Dante assume il giunco a simbolo dell’umiltà che conduce all’espiazione – sottile e facile a piegarsi per intrecciarsi e contemporaneamente robusto e difficile a rompersi.

Sinossi a cura di Paolo Alberti

NOTA: si ringrazia la Biblioteca Comunale Teresiana di Mantova (https://www.bibliotecateresiana.it/) per la disponibilità dimostrata fornendoci generosamente le scansioni dell’originale.

Dall’incipit del libro:

"Il giunco" di Pia RiminiVolle bussare ancora sebbene sapesse che se all’ora solita la porta non era socchiusa, Cesco non c’era.
Aspettò volgendo le spalle al muro, guardando la finestra alta che dominava, spalancata su un azzurro denso, senza nuvole.
Ribussò; ma non attese. Volle andarsene sperando che quando sarebbe stata a metà scale, la porta si sarebbe aperta in alto e una voce sommessa l’avrebbe richiamata. Più che una voce, un gesto: furtivo, sorridente.
Dopo i primi gradini, si volse, e aspettò per sentire se un passo s’avvicinava. Poi scese lentamente. Le parve che per le scale s’addensasse l’ombra. Vide all’orlo di un gradino dei truccioli che forse qualche garzone di falegname aveva perduti dal suo fagotto. (Imaginò un ragazzo svelto, biondastro, con la faccia punteggiata di lentiggini, il naso camuso e gli occhi chiari, mobili, piccolissimi. Il cappello sul naso, le braccia nude, i calzoni troppo lunghi e larghi scendenti dai fianchi.) Avrebbe voluto chinarsi a raccattare quei truccioli perchè esprimevano una solitudine che pareva vicina alla sua tristezza. Sperduti, dimenticati all’orlo di un gradino, dispersi domani da un colpo di scopa.

Scarica gratis: Il giunco di Pia Rimini.