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Nuovi racconti straordinari
di Edgar Allan Poe. Dall’incipit del libro:
Mi trovavo a Parigi nel 18… Dopo una serata scura e tempestosa d’autunno, stavo godendo, in compagnia del mio amico Dupin, la duplice voluttà della meditazione e d’una buona pipa di schiuma, nella sua piccola biblioteca o gabinetto di studio, nel sobborgo Saint-Germain, in via Dunot, n. 33 terzo piano. Era più d’un’ora che stavamo là, conservando un profondo silenzio. Chi ci avesse visto ci avrebbe creduti profondamente unicamente occupati delle larghe volute di fumo che impregnavano l’atmosfera della camera. In quanto a me, stavo discutendo fra me e me certi punti su cui avevamo conversato sul principio della serata – riguardo all’affare della via Morgue. Stavo dunque occupato in questa specie di discussione interna, per così dire, quando, d’un tratto, fu aperta la porta, ed entrò il signor G…, il prefetto di polizia di Parigi, una nostra vecchia conoscenza.
Il turno
di Luigi Pirandello. Dall’incipit del libro:
Giovane d’oro, sì sì, giovane d’oro, Pepè Alletto!
– il Ravì si sarebbe guardato bene dal negarlo; ma, quanto a concedergli la mano di Stellina, no via: non voleva se ne parlasse neanche per ischerzo.
– Ragioniamo! Gli sarebbe piaciuto maritar la figlia col consenso popolare, come diceva; e andava in giro per la città, fermando amici e conoscenti per averne un parere. Tutti però, sentendo il nome del marito che intendeva dare alla figliuola, strabiliavano, strasecolavano:
– Don Diego Alcozèr?
I dolori del giovane Werther
di Johann Wolfgang Goethe. Dall’incipit del libro:
Come sono lieto di esser partito! Amico carissimo, che è mai il cuore dell’uomo! Ho lasciato te che amo tanto, dal quale ero inseparabile, e sono lieto! Pure so che tu mi perdonerai. Tutte le altre persone che conoscevamo non sembravano forse scelte apposta dal destino per angosciare un cuore come il mio?
Povera Eleonora! Eppure io ero innocente. Che potevo fare se mentre le grazie capricciose di sua sorella mi procuravano un piacevole passatempo, in quel povero cuore nasceva una passione? Ma… sono proprio del tutto innocente? Non ho forse alimentato i suoi sentimenti? Non mi sono dilettato delle sue sincere, ingenue espressioni che tanto spesso ci facevano ridere, e che erano invece così poco risibili?
Il delitto di lord Arturo Savile
di Oscar Wilde. Dall’incipit del libro:
Era l’ultimo ricevimento di lady Windermere, alla vigilia della primavera. Bentink House, più dell’usato, brulicava di visitatori. Sei membri del ministero eran venuti direttamente dopo l’udienza dello speaker, con tutti gli ordini e le decorazioni. Le belle donne indossavano i più eleganti costumi e, in fondo alla sala dei quadri, la principessa Sofia di Carlsrühe, grossa dama del tipo tartaro, con occhietti neri e stupendi smeraldi, parlava con voce stridente un pessimo francese e rideva senza ritegno di quanto le si dicesse. La società, certo, presentava uno strano miscuglio: superbe mogli di Pari e violenti radicali discorrevano insieme affabilmente: predicatori popolari e scettici famosi faceano gruppo. Uno sciame di prelati incalzava da un salone all’altro, quasi dandole la caccia, una prima donna vistosa. Sulla scala eran raccolti vari membri dell’Accademia reale, travestiti da artisti, e la sala da pranzo, fu un momento zeppa di genii. Era insomma una delle più splendide veglie di lady Windermere, e la principessa vi si fermò fino a dopo le undici e mezzo. Partita lei, lady Windermere tornò nella galleria dei quadri, dove un famigerato economista esponeva in tono solenne la teoria scientifica della musica a un virtuoso ungherese spumante di rabbia. Lady Windermere prese a discorrere con la duchessa di Paisley.
Operette morali
di Giacomo Leopardi. Dall’incipit del libro:
Narrasi che tutti gli uomini che da principio popolarono la terra, fossero creati per ogni dove a un medesimo tempo, e tutti bambini, e fossero nutricati dalle api, dalle capre e dalle colombe nel modo che i poeti favoleggiarono dell’educazione di Giove. E che la terra fosse molto più piccola che ora non è, quasi tutti i paesi piani, il cielo senza stelle, non fosse creato il mare, e apparisse nel mondo molto minore varietà e magnificenza che oggi non vi si scuopre. Ma nondimeno gli uomini compiacendosi insaziabilmente di riguardare e di considerare il cielo e la terra, maravigliandosene sopra modo e riputando l’uno e l’altra bellissimi e, non che vasti, ma infiniti, così di grandezza come di maestà e di leggiadria; pascendosi oltre a ciò di lietissime speranze, e traendo da ciascun sentimento della loro vita incredibili diletti, crescevano con molto contento, e con poco meno che opinione di felicità. Così consumata dolcissimamente la fanciullezza e la prima adolescenza, e venuti in età più ferma, incominciarono a provare alcuna mutazione. Perciocché le speranze, che eglino fino a quel tempo erano andati rimettendo di giorno in giorno, non si riducendo ancora ad effetto, parve loro che meritassero poca fede; e contentarsi di quello che presentemente godessero, senza promettersi verun accrescimento di bene, non pareva loro di potere, massimamente che l’aspetto delle cose naturali e ciascuna parte della vita giornaliera, o per l’assuefazione o per essere diminuita nei loro animi quella prima vivacità, non riusciva loro di gran lungo così dilettevole e grata come a principio.
La Certosa di Parma
di Stendhal. Dall’incipit del libro:
Il 15 maggio 1796 il general Bonaparte entrò a Milano alla testa del giovine esercito che aveva varcato il ponte di Lodi e mostrato al mondo come dopo tanti secoli Cesare e Alessandro avessero un successore. I miracoli d’ardimento e d’ingegno che l’Italia vide compiersi in pochi mesi risvegliarono un popolo addormentato: otto giorni avanti che i Francesi giungessero, i Milanesi li credevano un’accozzaglia di briganti usi a scappar di fronte alle truppe di Sua Maestà Imperiale e Reale, che questo diceva e ripeteva tre volte la settimana un giornalucolo grande come il palmo della mano e stampato su una sudicia carta. Nel Medioevo i Milanesi furon prodi quanto i Francesi della rivoluzione e meritarono di veder la loro città rasa al suolo dagli imperatori tedeschi. Da quando divennero «sudditi fedeli», loro cura suprema era lo stampar sonetti su pezzoline di taffetas rosa per celebrar le nozze di qualche fanciulla nobile o ricca. La quale fanciulla, due o tre anni dopo quel gran giorno della sua vita, si prendeva un cavalier servente: qualche volta il nome del cicisbeo, scelto dalla famiglia del marito, era perfino onorevolmente registrato nel contratto di matrimonio. Che differenza tra questi costumi effeminati e le commozioni profonde suscitate dal giungere impreveduto dell’esercito francese! Costumi nuovi non tardarono a sorgere, passioni nuove a manifestarsi; e tutto un popolo, il 15 maggio 1796, si accorse che quanto aveva fino allora circondato del suo rispetto era sovranamente ridicolo, odioso talora.
Il Varmo
di Ippolito Nievo. Dall’incipit del libro:
Ogni disposizione di natura, per quanto semplice o sgraziata, spira tuttavolta per chi la contempli con ben temprato animo una sua singolar poesia dalla quale ci si rivelano bellezze tanto più delicate e pellegrine quanto meno aperte e comprese. Un tale che, partitosi dalle folte campagne del Trivigiano col mal del quattrino nel fegato, di qua del ponte della Delizia devii verso Camino per quella magra pianura che costeggia il Tagliamento, subito col desiderio ritorna alle negre arature di Oderzo e ai colli pampinosi di Conegliano, abbandonando alla rabbia della bora e delle montane quei deserti di ghiaia. Ma il pittore che va cavalcando le proprie gambe col fardello in ispalla e l’arte nel cuore, anche reduce da Napoli o dalla Svizzera, sarebbe indotto da quei primi aspetti a tirare innanzi; ed ecco che di lí a poco il piede gli sosterebbe quasi involontario; benché per quella volta indarno, trovandosi impotente ogni tavolozza meglio ingegnosa a ritrarre quella semplicità primitiva che non ha parentela con qualunque artificiale trovato. Son quelli infatti i paesi ove la natura si dimostra piú spoglia e maestosa, piú muta e sublime, piú chiusa ed infinita; somigliante nella mia opinione alla greca Diana, che per mutarsi dall’Olimpo nei recessi d’una fonte, non s’appalesa meno altera e divina. Nessuna cosa piú mirabile al mondo di quel lucido orizzonte che fugge all’occhio per mille tinte diverse sulle sponde del Tagliamento, quando il sole imporporando il proprio letto cambia in tremulo argento i molti fili d’acqua scorrente come rete per le vaste ghiaie del torrente; ed ogni sassolino ed ogni crespolo d’onda manda una luce tutta sua, come ogni stella ripete un nuovo chiarore nell’azzurro della notte…