Raccolta di novelle uscite nel 1903. Personaggi e atmosfere di una città straordinaria nelle pagine di uno tra i più importanti narratori della napoletanità.

Dall’incipit del libro:

Sul «Piazzale di Porta Roma» erano poche persone: deserta la via del laboratorio pirotecnico, deserta l’altra di faccia ad essa, ove, in sul principio, è la semplice e nuda fabbrica dell’Arcivescovado e seguono appresso altre fabbriche basse e si arriva finalmente alla «Riviera Casilina,» incoronata da una fila di case.
L’ora del tramonto avanzava. Un lume dorato che, poc’anzi, aveva tutto acceso, nel lontano, il dosso fuggevole de’ Tifati, si raccoglieva in coda a’ monti, laggiù, a manca, ove la terra e la collina s’univano e dove pareva che l’ultima arborea decorazione di quelle gobbe immani declinasse nell’immensa e aperta campagna, verso Roma lontana. Tutto intorno taceva di quel greve silenzio invernale che pesa su Capua, la triste città delle chiese e delle caserme.
Sul ponte del Volturno, rivolte le spalle alla «Riviera Casilina,» e alta dal parapetto, si stagliava sul livido cielo la statua di San Giovanni Nepomuceno: un braccio era steso al fiume e ne benediceva il queto cammino trascorrente lungo l’umide rive, ad occidente. Erano ancor vive, nel marmo barocco, la testa del santo e il busto suo quasi tutto: le parti inferiori, già investite dall’ombra, aveano apparenza confusa. Sotto la statua, addossati al parapetto, due uomini contemplavano il tramonto e, di volta in volta, accennavano a qualcosa lontana, in quel punto nota soltanto a’ lor occhi o alla loro immaginazione poi che di faccia ad essi, oltre al ponte ferroviario, parallelo a questo su cui stavano e ch’era di remota origine romana, nulla pareva che turbasse, lungo il fiume e nel cielo e nel piano sterminato, la silenziosa agonia del giorno. A un momento una rapida nuvola si librò e si scompose alle origini del ponte di ferro, mascherate da un breve caseggiato e dai pioppi della sponda cittadina.

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