Nel caffè della stazione

di
Cesare Pavese

tempo di lettura: 3 minuti


Un mattino entrai prima di giorno nel caffè della stazione e, poiché il mio treno non partiva subito, sedetti accanto a due giovanotti circondati da sacchi da viaggio.
— È luce, – disse uno.
— È luce.
— Stanotte era sereno.
— Sarà una giornata serena.
Le pareti invetriate del caffè della stazione non consentono di scorgere il cielo, e nemmeno un traversino del libero binario; una grande tettoia le ricopre, e all’occhio giunge appena un maggiore o minore volume di luce. C’è poi sempre un gran fumo sotto la tettoia, e di qua dall’invetriata gli schizzi e gli sbuffi delle macchine espresso. Molta gente va e viene.
— Siamo venuti troppo presto.
— Non potevo dormire.
— Vorresti dormire.
— Vorrei che fosse già domani.
Questi due fumavano a mano riversa, senza guardare la sigaretta.
— Neanche domani non potrai dormire.
— Dormirò sul treno.
— Non si potrà.
— Vedremo.
Né l’uno né l’altro guardava dalla mia parte; erano raggomitolati contro la spalliera, a fianco a fianco, e fissavano il tavolino. Uno dei due teneva un piede sopra un sacco da viaggio.
— L’ultima volta che hai dormito è stato ieri.
— Se n’è accorto?
— Non gl’interessa. L’unica cosa è che partiamo.
Tacquero un momento, poi disse quello di prima:
— Devi capire che è una cosa presto fatta.
— Lo so bene.
— E dunque.
— Ma ci pensiamo da un pezzo, e io stanotte non ho dormito. Chi sa quando dormiremo.
Gettò un’occhiata al segnalatore dei treni in arrivo, dove s’era acceso un nome pallido di città. Parecchi nel caffè si mossero. Un omone venne dal banco al tavolino. Subito il piede lasciò il sacco da viaggio, e l’omone li raccolse soffiando e se ne andò. Dalla porta invetriata cominciarono a entrare viaggiatori. Le macchine espresso schizzavano.
— Vedrai che sul treno non ci penserai piú, – disse quello dei due che incoraggiava. – Una volta partito, non ti tocca piú che lasciarti portare. Faremo un bel viaggio con la bella giornata.
— Col bel tempo non mi piace lavorare. Mi piace andare a spasso, a me, quando c’è il sole.
— Dici cosí ma non è vero.
— E come?
— Andare a spasso piace a tutti. È di fare che tu non hai voglia.
— Puoi dirlo. Mi piacciono le cose già fatte.
— Io viaggio volentieri col sole al finestrino.
— E io no? Ma che sia un sole sul serio e potermela dire con la bella giornata e non aver altro da pensare. Stanotte non ho neanche dormito.
Allora l’altro ghignò sulla sigaretta e sogguardò per la prima volta il compagno.
— Tu farai un lavoro ben fatto, – disse. – Ti conosco. Cominci sempre col nervoso.
— È meglio averlo prima che dopo. Ma non mi piace lo stesso.
Finirono di bere le tazze di latte. Non c’era bisogno di levare il capo per sapere che fuori era giorno. Quello che aveva riso riparlò.
— Per lui conta soltanto che partiamo.
— Puoi dirlo.
— Lui sí che va a spasso quando vuole.
— Io so che stanotte non potevo dormire.
— Ma questa volta è l’ultima.
— Si dice sempre.
Quello dei due che aveva il nervoso accese un’altra sigaretta, e tornò a raggomitolarsi contro la spalliera.
— Se almeno perdessimo il treno.
— Non capita mai.
Tacquero un altro poco.
— Farà freddo anche laggiú.
— Quando c’è il sole c’è il sole dappertutto.
— Non lo volevi il sole.
— Non mi piace lavorare col sole. Mi piace al mattino di andarmene a spasso. Mi piace svegliarmi che tutto sia fatto. Vedrai che domani quando avremo finito, il sole non ci sarà piú.

Fine.


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QUESTO E-BOOK:

TITOLO: Nel caffè della stazione
AUTORE: Pavese, Cesare

DIRITTI D'AUTORE: no

LICENZA: questo testo è distribuito con la licenza specificata al seguente indirizzo Internet: www.liberliber.it/online/opere/libri/licenze

TRATTO DA: Racconti / Cesare Pavese. - Torino : Einaudi, [1994]. - 525 p. ; 20 cm.

SOGGETTO: FIC029000 FICTION / Brevi Racconti (autori singoli)