Navigare!
di
Alfredo Panzini
tempo di lettura: 5 minuti
Era la settimana di Pasqua, ed io camminavo lungo la riva del mare per ubbidire ai consigli dei medici, i quali mi avevano detto di vivere in solitudine e di non leggere più libri e giornali che parlassero della guerra, se volevo evitare irrimediabili perturbazioni. «La guerra per cui i padri seppelliscono i figli!» – dicevo io agli uomini dotti della città.
Ma essi rispondèvano alle mie parole, placidamente così: «Il dolore è un benefico nume, e da questa incommensurabile morte nascerà la incommensurabile resurrezione».
Le mie parole, infatti, erano antiche: le aveva proferite inutilmente Erodoto ventitrè secoli fa; e gli insensati non ricordano più!
Perciò abbandonai la città e cercai rifugio presso la riva del mare.
Senonchè la mia infermità popolava la stessa solitùdine del mare, perchè lentamente, su lo sfondo azzurro del mare, io vedevo svolgersi una cavalcata tetra e senza fine. Erano i potenti del mondo; e la diversità del vestito per cui noi distinguiamo le età, non era più percepita dagli infermi miei sensi. V’era il bell’Alessandro con la corazza d’oro. Si pavoneggiava levando alta la spada da cui pendeva il da lui reciso nodo gordiano. Aristotele, il gran precettore, additava con fine sorriso quel giovinetto re al filosofo Hegel in redingote. Costui ammiccava: Sehr gut! V’era il Kaiser teutonico che profilava lo stile del cappotto prussiano sopra l’ispido cavallo di Attila. San Domenico spiccava nella maestà bianco-nera sopra le tiare gemmate dei sacerdoti di Moloc; il generale dei gesuiti disegnava il profilo suo lugubre e la sua bianca chinea sopra il serpente verde.
Sopra quelle teste coronate si snodava la nudità di Elena, dalla gran chioma.
I dottori della legge incedevano in toga; i re dell’oro, dell’acciaio, delle carni suine, incedèvano in frac. Voltaire si trascinava al guinzàglio un cagnolino: Càndido. V’era il cavallo di Caligola; e v’era l’asino del re Demos, dopo il quale seguivano i rappresentanti del popolo: cravatte rosse.
Le grandi belve che sono sìmboli dei re, marciavano al passo coi re. Zìvio! Hoch! Hurrà! «Come sta vostra maestà? Permette che mangi un po’ di vostra maestà consubrina?» V’erano i druidi sacrificatori; v’erano i filòsofi sacrificatori. «Noi sacrifichiamo a Giove, noi sacrifichiamo a Votan, noi sacrifichiamo alla Civiltà: la strage è l’igiene del mondo!» Mercurio, il progresso, marciava nudo avanti. Clio, la storia, marciava col peplo, in coda: in coda alla Storia gran treno di cancellieri, di notari; e il coro dei poeti. La figura della Storia era tragica; l’ombra che proiettava, era còmica. La Follia veniva in fine alla gran cavalcata. Ma essa puntava il dito contro di me. Figgeva i bianchi occhi contro di me.
Io ero solo su la riva del mare.
Camminavo lungo la riva del mare in cerca di pace. Era la settimana pasquale di pace. Domani era il giorno della resurrezione dell’Uomo che venne a dir pace e non disse: «Il mio Dio è una spada». Ma Cristo era solo! Era il sabato di Pasqua. Ma anche Cristo proiettava la sua ombra irònica: Ego sum agnus Dei qui tollit peccata mundi, ed io sentivo il lamento degli agnelli sgozzati in quel giorno pel banchetto della domane.
⁂
Non troverò io qui una creatura umana con cui parlare e sentire una voce diversa dalla mia voce?
Finalmente, oh ecco un uomo!
Era un pescatore, il quale si stava con la schiena appoggiata ad una barca tirata a secco alla riva. Accomodava con un suo aspo, tranquillamente, le maglie di una gran sciàbica. Era una vecchia testa con la barba rigonfia di bioccoli ancor neri di fortitudine. Pareva la testa dei buoni re Melchiorre, Gasparre, Baldassarre, come li ricordavo nell’oro del mosàico di Sant’Apollinare.
— Vuole imparare a far la rete? – domandò colui, scosso all’ombra della mia persona. – Adesso che non si va più in mare a pescare, – riprese, – accomodiamo le reti per quando potremo andare in mare.
— Fortunati i pesci intanto, – dissi, – che vìvono in pace.
— Si mangiano tra loro, lo stesso.
— Come gli uomini, allora.
Non sorrise nè meravigliò della mia osservazione: la corresse soltanto dicendo placidamente:
— I pesci di una generazione però non mangiano i pesci della stessa generazione.
— Ad ogni modo, – dissi, – dopo la guerra, chi avrà salva la vita ritornerà a pescare, ed allora vi rifarete del danno.
— Ma il danno delle barche non lo conta lei?
— Ma le vostre barche intanto riposano. Beate le barche! Esse sono in pace. Di che danno parlate voi?
— Ma sono dòdici mesi, non sa lei, mio signore, – disse, – che le barche non navigano più….
— Sarà un male per i padroni delle barche, ne convengo, amico; ma per le barche è un bene. Esse stanno in pace nel porto.
Il pescatore crollò la testa e rispose:
— Le barche vecchie sono ormai tutte andate in malora, e le barche nuove bisognerà rimetterle in squero. Se basterà!
— Ma se stanno nel porto!
— Ben, perchè stanno nel porto! – disse. – Il sole le slama per di sopra, e l’acqua le guasta di sotto. Tutta la chìglia ha un’erba lunga come le biscie, e nel legno ci fanno il nido i vermini e lo bùcano come un crivello. Le navi non possono star ferme nel porto! La nave quando è fatta deve navigare!
— Tiratela a secco, – dissi tuttavia.
— Lei ci faccia allora una campana di vetro.
— Portate le barche nell’acqua dolce.
— È ben l’acqua dolce del porto che fa crescere i vermini. La nave deve navigare nel mare. È il suo destino così.
Così disse il pescatore.
— Volete voi dire, – dissi, – che così avviene anche all’uomo?
⁂
Varato dall’ùtero della donna, è necessario all’uomo come alla nave navigare? Per tempesta o per sereno, è necessario all’uomo navigare per l’amaro mare. Questa forse è la legge; e tutti noi ubbidiamo all’inesorabile necessità della nostra natura. Pensavo a Cristo.
Egli innalzò il trionfal vessillo sopra la inesorabile natura, e perciò vinse la morte; ma gli uomini lo hanno trafitto ed ucciso. E vedevo, nella visione sul mare, i preti che lo seguivano salmodiando.
Fine.
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QUESTO E-BOOK:
TITOLO: Navigare!
AUTORE: Alfredo Panzini
DIRITTI D'AUTORE: no
LICENZA: questo testo è distribuito con la licenza specificata al seguente indirizzo Internet:
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TRATTO DA: Novelle d'ambo i sessi / Alfredo Panzini - Milano : Treves, stampa 1920 - VIII, 186 p. ; 17cm.
SOGGETTO: FIC000000 FICTION / Generale