Pubblicato a Londra e a Boston la prima volta nel 1899 con il titolo Memoirs of a Revolutionist, fu ristampato a Parigi nel 1902 con il titolo Autour d’une vie (Mémoires). Da allora le edizioni si sono susseguite, così pure le traduzioni in molte lingue, facendo di quest’opera una delle più famose, lette ed apprezzate della letteratura di matrice socialista e rivoluzionaria. Il fatto di coprire un arco di tempo nevralgico per la storia europea e mondiale, che è la seconda metà dell’ottocento, e di poterlo fare spaziando su un palcoscenico vario che va dalla Russia zarista, all’Asia e la Manciuria, all’Europa occidentale in varie sue sfaccettature (Svizzera, Francia, Inghilterra), consente al lettore di poter cogliere un compendio di quella dinamica del cambiamento sociale e delle sue enormi potenzialità che certamente furono massime in quel periodo.
Paradossalmente questo scritto risultò meno “attuale” proprio in Russia. Fuggito dalla carcerazione alla quale era stato condannato – bellissime le pagine che narrano la sua fuga in ogni dettaglio – all’inizio del 1876, dando così principio alla peregrinazione tipica dei molti esiliati russi in Europa occidentale, Kropotkin non assiste al cambiamento che caratterizza le prime fasi dell’industrializzazione nella sua patria. Quando negli anni ’80 completa il suo approdo ad un compiuto pensiero anarchico, solidamente fondato sul suo spirito innato di ribellione all’ingiustizia e di solidarismo verso i più deboli e gli oppressi che lo avevano condotto comunque a un populismo articolato e non banale, Mosca, Pietroburgo e altre zone della Russia non erano più come le aveva conosciute lui. La sua narrazione rimane però un quadro nitido ed efficace della Russia zarista, tanto più utile alla comprensione del periodo in quanto narrato da chi quella società l’aveva conosciuta dall’interno; l’autore infatti, nato da famiglia nobile e potente, aveva fatto le sue esperienze nel corpo dei “paggi” e iniziato le sue scelte controcorrente volendo far parte del corpo dei cosacchi a cavallo di stanza nelle lontane regioni dell’Amur.
Nel racconto della sua vita si scorge fin dall’inizio il grande amore per la natura che lo portò a diventare scienziato di grande spessore e di ingegno multiforme. In tante pagine si scorge istintivo quell’insieme di concetti e di riflessioni che, nell’ambiente scientifico di un secolo dopo, si sarebbe identificato con la cosiddetta “terza cultura”:
«La scienza ha gran bisogno, di tanto in tanto, di simili speculazioni scientifiche, di un ordine superiore, fatte da uno spirito scrupolosamente laborioso, critico, e, al tempo stesso, immaginativo.»
Dice questo parlando del fratello e della sua tragica fine e degli studi astronomici che il fratello stesso aveva intrapreso nel suo esilio siberiano. Le pagine che descrivono il profondo legame con questo fratello sono di grande spessore umano e seguono il percorso in parte comune che si dipana dall’infanzia e giovinezza e dalla loro sinergia intellettuale fino alla persecuzione subita per le proprie idee, certamente più moderate in Alessandro, che tuttavia pagò un prezzo ancora più alto.
Nelle pagine di questa autobiografia possiamo seguire l’origine e lo sviluppo di molte delle idee che Kropotkin sviluppò in scritti che ebbero notevole importanza per la storia dell’anarchismo: Parole di un ribelle (1885), La conquista del pane (1892), Campi fabbriche officine (1898), ma forse soprattutto Nelle prigioni russe e francesi (1886). L’autore sviluppa l’idea della totale inutilità dell’istituzione carceraria:
«[…] i reclusori che si considerano quali mezzi preventivi contro atti anti-sociali, sono precisamente le istituzioni atte a generarli e a rendere tali atti sempre peggiori dopo che il delinquente ha subito l’ambiente carcerario.»
È di grande interesse seguire i passi intellettuali che portarono l’autore a poter controbattere lo scritto di Thomas H. Huxley pubblicato nel 1888 su “The nineteenth Century” Lotta per l’esistenza nella società umana. La stessa rivista ospitò poi tra il 1890 e il 1896 gli articoli del Kropotkin che nel 1902 verranno raccolti nel volume Mutual Aid [Il mutuo appoggio, scaricabile anche da questa stessa biblioteca Manuzio] che Ashley Montagu ebbe a definire “uno dei grandi libri dell’umanità”. Scrive in queste sue Memorie:
«Già durante il mio soggiorno a Clairvaux vedevo la necessità di rivedere compostamente la formula stessa di “lotta per l’esistenza” nel mondo animale e nelle sue applicazioni alle relazioni umane. Non ero soddisfatto dagli sforzi fatti in questo senso da alcuni socialisti, quando trovai in una conferenza dello zoologo russo, Prof. Kesler, una verace espressione della legge della lotta per l’esistenza: “L’aiuto mutuo”.»
Anche in Italia Le memorie di un rivoluzionario fu subito tradotto: Olivia Rossetti Agresti fu la prima e pubblicò la sua traduzione, con molti tagli, per la casa editrice Università popolare di Luigi Molinari. Nella sua giovinezza Olivia aveva conosciuto Kropotkin in Inghilterra. Nel 1922 Gian Francesco Guerrazzi – nipote del ben più noto Francesco Domenico – pubblicò per i tipi delle edizioni Voghera una traduzione quasi completa ma parecchio discutibile. L’anno successivo, il 1923, comparve la traduzione edita dalla Casa editrice sociale che è la prima edizione integrale. Su questa edizione è basato il presente e-book, che ha provveduto ad emendare i numerosi refusi di stampa, pur conservando le peculiarità ortografiche dell’epoca, riordinare la numerazione dei capitoli, uniformare la grafia di nomi stranieri alla più frequente e correggere alcune evidenti sviste del traduttore. Certamente rimane una traduzione “datata” ma completa e fruibile, e all’epoca fu anche un rilevante successo editoriale. Tra le numerose edizioni moderne da ricordare almeno la traduzione di Letizia Pajetta Berrini.
Sinossi a cura di Paolo Alberti
Dall’incipit del libro:
Mosca è una città che ha avuto un lento sviluppo storico, e fino ad oggi i suoi diversi quartieri hanno conservata in modo straordinario i tratti caratteristici impressi loro dal lungo passare dei secoli. Il quartiere di Trans-Moska, dalle vie larghe e sonnolenti, e dalle case dai tetti bassi d’un grigio monotono, dai portoni accuratamente chiusi a chiavistello giorno e notte, è sempre stato la dimora tranquilla del ceto mercantile, e la fortezza del ceto scismatico, formalista e dispotico, della «vecchia fede». La fortezza, o Kreml, è ancora la rocca della Chiesa e dello Stato; e l’immensa piazza che gli sta dinnanzi, colle sue migliaia di botteghe e depositi, è stata, da secoli, il popoloso alveare del commercio, ed è ancora il centro di un grande traffico interno che si estende su tutto il vasto Impero.
La Tverskaia eri il Ponte dei Fabbri sono stati da secoli i centri dei negozi eleganti, mentre i quartieri popolari, la Pluschika ed il Dorogomilovka mantengono tuttora il tipo che caratterizzava i loro abitanti chiassosi al tempo degli Czar Moscoviti. Ogni quartiere costituisce un piccolo mondo specializzato; ognuno ha la propria fisionomia, e vive della propria vita. Perfino le ferrovie, quando irruppero nell’antica capitale, si aggrupparono a parte, in centri speciali, nei quartieri esterni della vecchia città coi loro magazzini, le loro macchine, i loro carri pesanti.
Scarica gratis: Memorie di un rivoluzionario di Pëtr Alekseevič Kropotkin.