Pubblicata nell’anno stesso della morte di Matteotti, nel 1924, questa breve biografia politica opera di Piero Gobetti ci illustra bene il carattere e le idee del parlamentare che fu rapito ed ucciso dai fascisti, alla vigilia di un discorso in cui probabilmente avrebbe attaccato duramente il regime.

Il Matteotti che esce vivissimo dalle pagine del libro di Gobetti è descritto con la sua origine, i suoi studi, ma soprattutto come proveniente da un ambiente, quello del Polesine, in cui il socialismo si era posto da diversi anni quale argine allo strapotere dei proprietari terrieri, in difesa dei contadini che subivano le prepotenze dei padroni. Matteotti aristocratico? Poteva sembrarlo per la sua apparente freddezza, ma le sue origini erano decisamente radicate in una famiglia di lavoratori, diventata agiata attraverso il duro lavoro e il risparmio, in cui il valore del sacrificio personale era ben presente a tutti. Matteotti ateo, ma rispettoso delle convinzioni religiose altrui. Matteotti ottimo oratore, pronto a documentarsi sui fatti e ad argomentarli concretamente, in contrapposizione ai demagoghi che incitavano il popolo alla sommossa, al fine di ricavarne un guadagno. Matteotti ottimo amministratore, sindaco, assessore, fondatore di cooperative, attento ai bilanci ed implacabile nel denunziare ogni opacità. Matteotti iscritto al Partito Socialista, ma non di idee massimaliste, membro della corrente minoritaria che poi fu espulsa, e quindi fondatore del Partito Socialista Unitario.

Si trovano molti saggi ed articoli a proposito del delitto Matteotti; questo libro invece ci parla di Matteotti ben vivo, e non si diffonde sulla sua morte e sulle importanti conseguenze politiche, né sull’opposizione aventiniana né su Mussolini (che è appena citato nel libro). Ci fa però ben comprendere la “pericolosità” di una persona incorruttibile, per un certo ambiente, che nel fascismo aveva trovato il difensore dei propri interessi, e che fu sicuramente ben lieto della sua scomparsa.

Sinossi a cura di Gabriella Dodero

Dall’incipit del libro:

Il 2 maggio 1915, tre giorni prima della sagra dannunziana di Quarto, ci fu a Rovigo un comizio contro la guerra, oratori il dottor Giacomo Matteotti e Aldo Parini che vi sostenne, esempio unico in una pubblica riunione, la tesi missiroliana della Germania democratica. Invece di un discorso si ebbe un dialogo con la folla, scontrosa e diffidente per gli oratori. Matteotti parlava contro la violenza con un linguaggio da cristiano: nella folla fremevano fascisticamente spiriti di dannunzianismo e di piccolo cinismo machiavellico.
Difendere la neutralità poteva essere la difesa di un errore: Matteotti parlò contro la guerra. Lo interrompevano in dialogo acre ma si dovevano riconoscere di fronte una fede invece di un progetto. Quel giorno Matteotti previde la guerra lunga, difficile, disastrosa anche per i vincitori; e portò la sua tesi in sede metafisica: inutilità della guerra, facendosi tollerare da una generazione nietzscheana per la severità della sua solitudine.
Ripetè il suo discorso, quando non c’era più pacifista che parlasse, a guerra iniziata, al Consiglio Provinciale di Rovigo. Processato per disfattismo, condannato in ripetute istanze, trattò da sè la sua causa in modo radicale, senza rinnegare nulla del suo atto, anzi ostinandosi a farne riconoscere la legittimità.

Scarica gratis: Matteotti di Piero Gobetti.