Il racconto di Dumas delle vicende di Masaniello, che troviamo pubblicata a puntate ne “L’emporio pittoresco” in cinque numeri successivi del 1865, ha una curiosa storia editoriale. Intanto non è un romanzo, ma uno studio storico. La rivista che lo pubblica ringrazia in una nota l’editore di Da Napoli a Roma, da cui è tratto, pubblicato da “L’Indipendente”, il giornale di Dumas nel 1862 e tradotto da Eugenio Torrelli Vollier, il futuro fondatore del “Corriere della sera”. Non sembra esistere un originale francese del libro di viaggi, nè un manoscritto, quindi è legittimo sospettare che il vero autore sia Torrielli Vollier e non Dumas, che lo firma e lo pubblicò in appendice sul suo giornale.

La vicenda di Masaniello è nota: umile pescatore, nel 1647 capeggia una rivolta popolare contro il governo spagnolo di Napoli, che ha come motivo scatenante l’imposizione di una tassa sulla frutta. La rivolta ha successo e Masaniello diventa il dittatore popolare, obbedito in tutto dal popolo napoletano e che negozia con il viceré spagnolo, il Duca d’Arcos. Un tentativo di assassinio da parte di banditi al soldo del duca scatena in Masaniello la pazzia, che lo porterà alla rovina. Il popolo che lo aveva idolatrato, assiste indifferente alla sua morte causata da alcuni suoi compagni che lo tradirono, ma in seguito lo trasforma in un martire ed in un simbolo per la rivolta contro il potere.

È interessante anche parlare di come la figura di Masaniello verrà trattata dalla storiografia successiva: gli scrittori napoletani legati alla corte lo ignoreranno, con la sola eccezione, forse, di Pietro Giannone, che descrive molto brevemente la vicenda nel nono volume della sua Istoria civile del regno di Napoli (presente in Liber Liber. Progetto Manuzio). Masaniello sarà riscoperto al tempo della Repubblica Partenopea del 1799, da Eleonora De Fonseca Pimentel e da Vincenzo Cuoco, e sarà naturalmente avversato dai restauratori borbonici, che ne distrussero anche la tomba e altrettanto naturalmente diventerà un riferimento per i patrioti risorgimentali.

Sinossi a cura di Claudio Paganelli

Dall’incipit del libro:

Viveva in Napoli, nel 1647, un giovane di 27 anni, nato al vico Rotto, da Cicco d’Amalfi e da Antonia Gargano.
Aveva ricevuto nella chiesa del Carmine, una al battesimo, i nomi di Tommaso-Aniello, che, per abbreviazione, riducevansi al solo nome di Masaniello.
Masaniello non era dunque d’Amalfi, come dicono alcuni storici, ma di Napoli.
Il suo cognome d’Amalfi fu causa dell’errore.
Era di statura mediocre, e smilzo della persona; più brutto che bello; svelto nell’andare; suppliva alla forza con la destrezza; aveva spirito, coraggio, un buon senso estremo; grato alla giustizia e alla bontà, era implacabile per le ingiustizie e le ingiurie; povero fino all’indigenza.
Stava spesso astratto, e talvolta, quando meditava, senza che si sapesse a che, il suo occhio prendeva un’espressione sinistra.
Era già ammogliato ed aveva tre o quattro figli: i poveri si sposano presto.
Stava per solito quasi nudo sulla piazza del Mercato, presso un pesciaiuolo, e vendeva cartocci a coloro che compravano i pesci.
Quell’aria sua cogitabonda e quella tetra espressione dello sguardo derivavano dalla memoria di tempi in cui era stato, se non ricco, almeno agiato; ma sua moglie, colta in frodo di farina, era stata condannata ad una multa tanto grossa che aveva dovuto vendere, per pagarla, persino il letto, persin la culla dei figlioletti.

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