Una riflessione sul teatro e sulla sua trasformazione. Su quanto fatto negli ultimi 40 anni in una città di provincia come Ravenna e su quello che  si può fare adesso, in una situazione di grande  fragilità.  Con una emergenza sanitaria  in atto e la necessità di un teatro che sappia leggere i tempi e scavalcare gli ostacoli.

Da qui la proposta di un prologo alla stagione teatrale invernale,  La Stagione dei teatri, in partenza a gennaio 2021. Nelle parole del  regista il  bilancio della sua esperienza umana e artistica dagli anni’80 ad oggi.

 

Lui, che insieme alla sua compagnia Teatro delle Albe, fondata nel 1983,  ha cercato di sviluppare un’idea di teatro come spazio di crescita della collettività.

Nel testo di Martinelli, riportato di seguito,  i ringraziamenti a Mario Salvagiani, storico direttore dei teatri comunali di Ravenna, morto nel 2019, che ha creduto fin dall’inizio sia nelle potenzialità del Ravenna festival di Cristina Muti  che in quelle del teatro della non scuola di Martinelli, che ha sfornato negli anni la nuova generazione di registi e attori, ma che  soprattutto hanno fatto teatro anche coinvolgendo la comunità, le scuole in primis.

Se negli anni Ravenna Festival è diventato un evento multidisciplinare di richiamo internazionale, la non scuola, sfruttando le potenzialità pedagogiche ed educative del teatro,  ha portato sul palco (e anche davanti alla macchina da presa) adolescenti di tutta Italia, da Ravenna a Scampìa,  per poi raggiungere le periferie del mondo, nelle baraccopoli di Kibera.

 

Il pensiero-cattedrale

di Marco Martinelli

Gli anni passano. Passano anche i decenni. E così, se si vuole guardare alla storia del teatro ravennate degli ultimi 40 anni, ecco che ci si trova davanti a una significativa mutazione. Il teatro della città ha scommesso sul fare spazio a un teatro “della città futura”. Come è potuto accadere?
Alla fine degli anni Settanta, dal punto di vista della creazione teatrale, Ravenna era un deserto.

Il contributo alla cultura di Mario Salvagiani

Sottolineo: dal punto di vista della creazione. Sul piano dell’ospitalità invece no, perché Mario Salvagiani, alla direzione dei teatri cittadini, aveva sempre riempito le sue stagioni di artisti: Carmelo Bene, Giorgio Strehler, Luca Ronconi, Franco Parenti, Mariangela Melato i nomi di eccellenza. Aveva quindi “nutrito” i giovani attori e registi che, alla fine di quel decennio, in maniera testarda, anarchica e autodidatta, a Ravenna e lontano da Ravenna, avevano cominciato
a praticare il teatro. Testa bassa, disciplina quotidiana: creazione.

Gli anni Novanta

Si arriva all’inizio degli anni Novanta, Salvagiani deve andare in pensione, ma non intende cedere il suo ruolo a chi non ha la passione della scena: perché questo prima di tutto è stato Mario Salvagiani, un ammalato di teatro sotto le vesti del funzionario. “In ogni artista c’è un ramo di follia”, sentenziava Aristotele: è consolante sapere che lo stesso ramo lo si può trovare anche in un dipendente comunale. La sua “follia” è stata lungimirante, ha fatto storia: da una parte convoca Cristina Muti e dall’altra il sottoscritto. Nascono Ravenna Festival e Ravenna Teatro, fusione quest’ultima del Teatro delle Albe e della Drammatico Vegetale

Il teatro come gesto politico
Tale “mossa”, per usare la terminologia degli scacchi, ha consegnato la cultura scenica della città in mano agli artisti. Onere e onore. Il “programmatore” Salvagiani ha passato il testimone ai “creatori”. E i creatori hanno creato, con pazienza, stagione dopo stagione, opere e drammaturgie e spettacoli che hanno portato nei cinque continenti
il nome della nostra città. Ma i creatori non si sono limitati a questo. Hanno fatto quello che altrove, e non solo in Italia, accade assai raramente. Hanno portato avanti l’idea di un tessuto culturale che riesca a viversi come una collettività: un gesto politico.

In altri termini: non si sono rinchiusi nel la loro fortezza. Non hanno guardato dall’alto
in basso le nuove generazioni, le hanno ascoltate, hanno trovato i modi più diversi per sostenerle, anche materialmente, e spesso le hanno fatte nascere attraverso la fucina della non-scuola, fucina che ha tenuto a battesimo tanti nuovi attori, registi, critici teatrali, organizzatori, cineasti.

La non scuola e il patto intergenerazionale: la costruzione della cattedrale

Hanno firmato (nei cuori) una sorta di patto intergenerazionale, come quello che motivava i costruttori di cattedrali del Medioevo, il “cathedral thinking”
di cui oggi scrive Roman Krznaric, un filosofo tra i più influenti dell’area anglosassone: quei costruttori sapevano che avrebbero iniziato qualcosa che avrebbero forse finito i loro nipoti o pronipoti. O qualcosa che non sarebbe finito mai, come la Sagrada Familia di Anton Gaudì. Ravenna Festival e Ravenna Teatro hanno fatto dialogare la città con i suoi germogli senza guardare a raccomandazioni di nessun genere.

“Tutti è una parola sacra” scriveva Aldo Capitini, il filosofo, e per “tutti “le porte dei teatri cittadini sono rimaste aperte. E così lo spazio vuoto di 40 anni prima si è popolato: è quello che vedo, leggendo i nomi di questo programma di Ravenna viso-in-aria, e nel riassumerne gli estremi prendo i Fanny e Alexander, tra i primi frutti di questa fioritura, gruppo di eccellenza artistica a livello internazionale, e le Anime Specchianti, gruppo tutto al femminile di giovanissima e entusiastica formazione.

 

La diversità delle formazioni cresciute attorno alla non-scuola…
Noterete tra loro grandi diversità: è un dato di cui si può andare orgogliosi. Diversità generazionale, diversità di poetiche, diversità di condizione (professionisti e non): tutti accomunati dalla passione della scena, tutti con eguale
dignità di essere accolti, ascoltati, criticati, amati.

La compagnia Anime Specchianti (c) Anna Cavallo

... chiamate a raccolta nel prologo alla Stagione dei teatri e nei 700 anni della morte di Dante a Ravenna 
Li abbiamo chiamati a raccolta, in vista delle celebrazioni dantesche del 2021. Nel farlo ho ripensato alle parole di Walt Whitman, quando nel 1885 presenta il suo Leaves of grass:
Passato e presente e futuro non sono disgiunti ma congiunti. Il poeta sommo forma la consistenza di ciò che ha da essere da ciò che è stato ed è. Egli trascina i morti fuor dalle bare e li rimette in piedi… egli dice al passato, Alzati e cammina davanti a me affinché io possa attuarti. Egli impara la lezione… si pone dove il futuro diventa presente.

L’attualità di Dante
Questo “prologo ravennate” alla stagione 20-21 approfitta dell’occasione del centenario dantesco per intessere un nuovo capitolo del dialogo della città con le sue energie. Sotto il nome di un ribelle, di un poeta condannato a morte dalla politica del suo tempo, capace con la sua arte di legare cielo e terra, fanghi del mondo e desiderio di Assoluto.

Marco Martinelli – Purgatorio (c) Ravenna Teatro

La Divina Commedia e la chiamata pubblica che ha coinvolto migliaia di cittadini

E in questa trama, a partire dall’Inferno dell’estate 2017, e poi ancora nel Purgatorio del 2019, sono entrati i tantissimi cittadini che si sono messi in gioco, correndo ogni giorno al Rasi dopo una sfiancante giornata di lavoro per diventare arpia o avaro, diavolo o serpente, Paolo e Francesca o Pia de’ Tolomei.

Accanto a questo dialogo cittadino, come Comitato dantesco abbiamo chiamato nel triennio alcuni protagonisti della scena internazionale. La scelta di questi artisti non deriva dal fatto che abbiano o meno lavorato sull’opera dantesca, ma dal loro essere intellettuali radicalmente danteschi.

Cosa fare: coltivare il proprio giardino. Anche attraverso il teatro…
Cosa resta, alla fine del Candido di Voltaire, scritto nel cuore di un’epoca buia e segnata da guerre e pestilenze, cinica e indifferente come la nostra? Candido lo ripete più volte come un mantra: “il faut cultiver notre jardin”. 
Dobbiamo coltivare il nostro giardino: fuor di metafora, la nostra anima, la nostra arte, la nostra famiglia, la nostra comunità, la nostra città, la nostra nazione, la nostra fragile democrazia, e infine l’universo mondo.

… ma il nostro giardino è il mondo 

Tutto è giardino, tutto ci riguarda, quello che accade davanti al nostro balcone come le tragedie che avvengono in un mare lontano, come la catastrofe ambientale che rischia di travolgere il pianeta. Là dove arriva il nostro ascolto. Là dove arriva il nostro grido.

Marco Martinelli – La locandina di Madre, il nuovo spettacolo del Teatro delle Albe (c) Ravenna Teatro

Ravenna Viso-in-aria

Uno sguardo, ora,  alla   rassegna Viso in Aria, due mesi di spettacoli al Teatro Rasi con le compagnie che gravitano attorno  al Teatro delle Albe.

Il filo conduttore sarà sempre il teatro di impegno civile  e politico, a partire dal nuovo spettacolo dello stesso Martinelli che in coppia  con Montanari il 6 novembre alle 21 porta in scena Madre, monologo tra una mamma caduta in fondo a un pozzo e un figlio poco consapevole di ciò che è accaduto. Una metafora del rapporto tra l’uomo e la madre natura ormai relegata in fondo ai suoi pensieri, sfruttata e ignorata.  Dopo il debutto al festival di Castrovillari, il 14 ottobre scorso, è il primo dei due spettacoli del Teatro delle Albe insieme a Salmagundi favola patriottica  del 2004, che sarà riproposta al teatro Rasi dal 6 all’8 dicembre.

Ma anche memoria storica con Destinatario sconosciuto, tratto dal romanzo epistolare di Katherine Kressmann Taylor sul nazismo, interprete Elisabetta Rivalta, per la regia di Alessandro Braga, in programma domenica 25 ottobre alle 18. La compagnia Lady Godiva Teatro, invece, ripropone, il 3 dicembre alle 21, dopo il fortunato debutto estivo a Classe nel luglio scorso Tantum ergo, per la regia di Eugenio Sideri, sulla strage di Bologna del 2 agosto 1981. E ancora: Sconcerto per i diritti di ErosAnteros, il 17 e 18 novembre alle 21, seguito da un incontro dedicato ai diritti umani in Europa e un’installazione dedicata allo studente dell’Università di  Bologna Patrick Georg Zacky trattenuto  in Egitto. 

Con Partita aperta, spettacolo delle giovani ballerine e attrici Anime Specchianti, uno sguardo nel tunnel della ludopatia, il 9 dicembre alle 21, questa volta al Teatro Socjale di Piangipane. Il  programma intero è consultabile dal sito ravennateatro.com

a cura di Anna Cavallo