Intervista alla regista Adriana Follieri su INFINITO ∞ La foglia d’oro in scena a Napoli, nell’ambito di #Foodistribution

Individuare un luogo, o i suoi frammenti, e da qui partire per una ricerca artistica  ibrida, capace di unire le branche più innovative dell’arte visiva, soprattutto dell’illuminotecnica e del disegno luci, a quelle di urbanistica, scienza e teatro. Leggere il luogo e la sua metamorfosi in atto attraverso la comunità che la abita e applicare le pratiche dell’arte al contesto urbano disagiato e più in generale a contesti trasversali.

Questo il senso del progetto #Foodistribution, voluto e realizzato dalla compagnia teatrale campana Manovalanza, fondata nel 2009 dalla regista e autrice Adriana Follieri e dal  fotografo e light designer Davide Scognamiglio. In collaborazione con un’équipe multidisciplinare,  quest’anno la loro ricerca ha coinvolto il Campo Bipiani a Ponticelli di Napoli,  dal 6 all’8 luglio scorsi, nell’ambito del Campania Teatro Festival con il site specific INFINITO ∞ La foglia d’oro. Nell’occasione abbiamo intervistato la regista Adriana Follieri.

La regista e autrice Adriana Follieri Photocredit Manovalanza

Come è nato e si è sviluppato il progetto #Foodistribution?

A.F.: “Nel 2018 da un’intuizione di Davide Scognamiglio in collaborazione con il regista e DOP Daniele Ciprì, il referente scientifico Prof. di Geografia economico-politica Rosario Sommella e da me, nasce a Napoli #Foodistribution, progetto di ricerca scientifica e artistica sulle fasi di cambiamento di micro-comunità urbane.

Sin dalla prima edizione Foodistribution si connota per l’ibridazione tra ricerca scientifica e artistica, sviluppando carattere nomade nell’individuazione di luoghi, e residenziale nell’approccio di ricerca artistica e processo creativo condiviso con le comunità, attraverso l’individuazione di volta in volta di frammenti urbani particolari e approfondendone la lettura con esperienze intensive site-specific capaci di mettere in relazione l’analisi del processo di trasformazione di piccole e grandi comunità urbane con l’illuminotecnica, il disegno luci, la fotografia, il teatro.

Il titolo del progetto deriva da un ricordo personale di Davide arricchito dal dialogo con il Prof. Sommella, di cui riportiamo il racconto e le riflessioni conseguenti: Mio nonno, che ha vissuto la seconda guerra mondiale, mi raccontava di quando a Napoli apparve il cartello “Food Distribution” che designava la postazione per la distribuzione di derrate alimentari alla popolazione bisognosa; quasi nessuno poteva comprendere il significato di quel cartello, ma tutti ne dimostravano, con le lunghe file, la necessità.

Come morti di fame nel secondo dopoguerra di fronte a un cartello in lingua straniera che annunciava la distribuzione dell’agognato cibo, così ci ritroviamo adesso, con la stessa difficoltà di “messa a fuoco” davanti a quel linguaggio incomprensibile. Travolti dalla speranza, invisibile fino a un momento prima, così adesso alimentiamo in noi attraverso l’arte la relazione necessaria con persone, luoghi e dinamiche del reale, per agire sulla realtà, farci agire, trasformare. Affamati di questo nutrimento fatto anch’esso di una lingua nuova, intangibile, spirituale, emotiva, finalmente reale, ci siamo messi in azione. 

Ecco il cibo di cui ci nutriamo reciprocamente. Ecco perché Foodistribution.

Dopo la prima edizione del 2018 in Vico dei Maiorani, nel centro storico di Napoli, il progetto si è concentrato sulla periferia est, a Ponticelli, prima al Rione De Gasperi, poi dal 2022 al Campo Bipiani.

Ciascuna edizione ha prodotto installazioni e spettacoli site-specific e people-specific, presentati al pubblico in occasione di prestigiosi Festival (Campania Teatro Festival e Affabulazione) e in partenariato con MIC, Fondazione Pietà dei Turchini, Fondazione Campania dei Festival, Comune di Napoli, Istituto Universitario l’Orientale di Napoli, Coop4Art. Dal 6 all’8 luglio 2025 nell’ambito del Campania Teatro Festival è stato presentato “INFINITO ∞ La foglia d’oro” per l’VIII edizione del progetto #Foodistribution, al Campo Bipiani di Ponticelli, Napoli.

Una scena di Infinito La foglia d’oro Photocredit Tommaso Vitiello

Dopo 4 anni qual è il bilancio di questa esperienza? Ci sono aspetti che sono cambiati rispetto all’inizio e altri invece che sono rimasti uguali? Quali invece i progetti futuri?

A.F. : “Dalla prima edizione del 2018 in Vico dei Maiorani a Napoli fino a questa del 2025, la quarta consecutiva al campo Bipiani di Ponticelli, il progetto #Foodistribution ha attraversato importanti cambiamenti e implementazioni, ingrandendo l’aspetto quantitativo del coinvolgimento di abitanti attori e attrici e conseguentemente dell’impianto scenico, il cui allestimento per intensità, durata, maestranze e ricchezza compositiva è paragonabile ai grandi set cinematografici; tuttavia abbiamo costantemente a cuore che non si perda, in virtù di questo ampliamento, l’approccio artigianale tipico del teatro nei luoghi non convenzionali, curando insieme agli aspetti della produzione artistica quelli squisitamente legati alla relazione interpersonale, senza la quale non sarebbe possibile ospitare ed essere ospitati, dar vita all’opera e rappresentarla al pubblico.

Per il futuro ci auguriamo che queste pratiche sperimentate e consolidate possano ampliarsi senza dover snaturarsi, che possano ricevere proporzionata attenzione e riconoscimento squisitamente artistico. La considerazione che il territorio campano rivolge al progetto #Foodistribution è magra se paragonata al ricchissimo interesse e all’entusiasmo manifestato da donne e uomini di teatro, operatori e pubblico provenienti da altre regioni d’Italia.

Auspichiamo che il dialogo tra ricerca scientifica e artistica continui ad essere fertile, che il piano istituzionale continui ad essere ispirato dalla pratica artistica, che il progetto abbia sempre maggior respiro produttivo e maggiore visibilità, avviandoci ad intraprendere una IX edizione e ancora avanti, in luoghi diversi con le stesse comunità, con comunità diverse negli stessi luoghi, o chissà come e dove.

Nel presente e futuro prossimo Manovalanza, oltre a #Foodistribution porta avanti con la Compagnia Interculturale Tutto il mondo è paese la ricerca e creazione teatrale della GenZ con 12 giovani attrici e attori provenienti da 7 paesi diversi, che ha recentemente debuttato con lo spettacolo Polaroid per il Festival Il teatro delle persone ideato e diretto da Davide Iodice.

Poi c’è il progetto Disadirare giunto al suo terzo capitolo e nato dal lavoro nelle carceri e Istituti Minorili che coinvolge insieme a professioniste della scena, persone detenute ed ex detenute, che alla fine di agosto presenterà lo spettacolo “PLÙMA / DISADIRARE project / capitolo III” presso la Villa la Colombaia di Luchino Visconti a Forio, Isola d’Ischia, nell’ambito della rassegna teatrale “Bellissima Estate” per la direzione artistica di Annamaria Punzo“.

Una scena di Infinito La foglia d’oro Photocredit Tommaso Vitiello

Che connessione c’è tra una tipologia di unità abitativa precaria come quella dei Bipiani di Ponticelli e il progetto scenico e performativo e come lo avete sviluppato? Quali sono state le fasi?

A.F.: “La peculiarità di #Foodistribution è nell’esperienza congiunta tra ricerca scientifica e artistica, nel continuo esercizio dello sguardo in movimento tra dentro e fuori, tra scrittura e lettura, tra corpo quotidiano e corpo teatrale. Anche i linguaggi specifici e le pratiche sono frutto di ibridazione: teatro e performance, prosa e danza, illuminazione urbana e disegno luci teatrale, nuove tecnologie e teatro di comunità, contemporaneo e classico, poiché tutti gli strumenti a disposizione si rivelano necessari e utili per leggere e tradurre la ricchezza, la complessità e la stratificazione di luoghi, abitanti, storie.

La forma, o meglio la formula, utilizzata nell’approccio e nella permanenza che caratterizza i mesi intensivi e conclusivi di ciascuna edizione di #Foodistribution è il dialogo; occorre ad esempio ampia disponibilità a modulare e modificare gli strumenti abituali del teatro per interloquire con luogo e abitanti.

L’assunzione di fragilità e marginalità è la stessa postura di partenza che accomuna team artistico e comunità di abitanti; lo spazio-margine è la bolla creativa in cui praticare ogni volta la nuova scrittura, ciascuno è inerme e pertanto adopera l’ingegno, in particolare quello artistico.

A tal proposito riporto di seguito alcune note di regia:

Per #Foodistribution compongo l’opera teatrale come abiti cuciti su misura: il luogo è il corpo, gli abitanti – attori e attrici – la stoffa e il modello; la drammaturgia e la regia qui sono arte di forbici, ago e filo, utili a dare forma e tenere insieme ciò che già c’è, in nuce, eppure non sarebbe. 

Ecco cosa intendo quando dico che il teatro abita i luoghi, e si fa abitare: avviene una graduale e delicatissima trasformazione, non un travestimento che investe la superficie e non conosce il potere della durata, né una luce accesa sul quotidiano che spia ed espone un’intimità urbana e personale inviolabile; c’è piuttosto un processo di trasfigurazione che dura nel tempo.

Tale composizione partecipata, stratificata e cooperativa contempla in ogni sua fase l’apertura allo sguardo esterno, poiché ciascuno è sempre al tempo stesso attore e abitante, osservatore e luce.

Riguardo il discorso delle fasi, la pratica artistica, ogni volta diversa negli esiti, attraversa queste fasi tra loro imprescindibili:

Osservazione – Scelta e analisi del frammento e osservazione della vita quotidiana al suo interno, con rispetto dei modi e dei tempi suggeriti dal luogo stesso;

Interazione – Il momento di incontro tra artisti e abitanti provoca la redazione delle “regole del gioco”, ovvero di intesa e reciproca accoglienza;

Domanda artistica condivisa – Dalla lettura e osservazione del frammento e dall’interazione si genera il tema-oggetto della ricerca, ovvero il titolo dello spettacolo;

Ricerca e co-creazione – Affinché ciascun attore e abitante sia autore prima ancora che interprete dell’opera teatrale, si lavora alla nuova composizione partecipata;

Luogo come attore, drammaturgia, scenografia – La lettura del frammento è la traccia preponderante per la scrittura, che nella traduzione scenica non restituisce in termini didascalici quanto già appare sul piano di realtà, ma ne incentiva la trasformazione coerente sul piano delle possibilità artistiche, attuate dalla viva voce della multiforme compagine.

Comunità artistica provvisoria – Lo sviluppo dell’interazione produce la definizione dei ruoli e dei gruppi di lavoro: le diversità si mettono insieme all’opera, oltre i limiti previsti, fino al raggiungimento dell’obiettivo;

Spettacolo pubblico – La comunità artistica provvisoria mediante il processo di lavoro creativo realizza uno spettacolo aperto al pubblico. In quest’ultima fase la città attraversa la città, i cittadini/spettatori e gli abitanti/attori si incontrano in una nuova relazione dialogica. Il carattere festoso che connota questo momento finale non cede tuttavia all’approssimazione; la comunità protegge la qualità del lavoro realizzato e ne dimostra la professionalità.

#Foodistribution Photocredit Davide Scognamiglio (anche in cover)

Ho definito il campo Bipiani precario ma è una precarietà diventata cronica e ora sta per cambiare identità, nel senso che sta per essere abbandonato dalle persone che andranno ad abitare nelle nuove costruzioni.

In che modo il teatro può accompagnare la comunità e il singolo individuo ad una maggiore consapevolezza in questo passaggio? Quanto siamo abitati a nostra volta dai luoghi che abitiamo e abbiamo abitato?

A.F.: “I moduli abitativi provvisori sono tali da più di quarant’anni. La precarietà è diventata cronica. È necessario che siano gli abitanti e le abitanti ad esprimere in prima persona sentimenti ed opinioni in merito, a cui può dare voce soltanto chi ha vissuto e vive questa condizione. La consapevolezza ci viene trasferita dagli abitanti e non viceversa. Il teatro e l’arte hanno forse la possibilità di amplificare questa espressione, di tradurla, di ampliarne il vocabolario condiviso: il piano politico trasla sul piano poetico, la realtà si presta alla scrittura di nuove tracce, non vi è sovrapposizione di segni, ma dialogo, giustapposizione.

Il cambiamento è prossimo, eppure ai Bipiani se ne parla a stento. La vita degli abitanti prosegue. La voragine per le fondamenta delle nuove case è profonda. Il censimento farà il suo corso. Si attende il passaggio.

Al di là della calma apparente, del ciclico scorrere dei giorni e delle notti, nella partecipazione degli abitanti a #Foodistribution e nel sostegno anche di chi non vi partecipa attivamente, vi è il segno tangibile di questa consapevolezza.

Ciò che urbanisticamente e socialmente potrebbe apparire oggi come una fine/inizio calati dall’alto, a guardarlo con la lente dell’arte è invece determinazione e presa di parola, azione individuale che diviene collettiva.

Al termine dell’edizione 2024 insieme al nostro partner e sostenitore Coop4Art abbiamo tracciato le strisce pedonali lungo lo stradone a scorrimento veloce tra il Campo Bipiani e l’area retrostante, simbolica traccia del passaggio che sta per compiersi, concreta facilitazione dell’attraversamento: quelle strisce pedonali segnano il cammino tra l’area dei Bipiani e quella che ospita il cantiere dove sorgeranno le nuove case.

Questo segno visibile, insieme a tanti altri intangibili e invisibili, è proprio la traccia del dialogo virtuoso tra arte e urbanistica, tra individui e comunità, tra livello underground e istituzioni, tra necessità e possibilità.

Il luogo è attore, drammaturgia, scenografia, compagno di lavoro, facilitatore e deterrente, opportunità e complessità, condizione imprescindibile del nuovo modo di abitare/essere abitati che il progetto attiva.

Il nostro sguardo si pone nella stessa posizione degli abitanti. Le strisce possono essere attraversate in entrambe le direzioni. Il nuovo lavoro si è affacciato a cercare oltre lo spazio delineato dai segni per terra”.

Luogo periferico e arte performativa, comunità e relazione con la dimensione della rappresentazione e dell’estraniarsi da sé attraverso il teatro. Quali i rapporti tra queste dimensioni così complesse e dinamiche?

A.F.: Il nuovo lavoro si chiama “INFINITO ∞ La foglia d’oro” per restituire il peso specifico dell’eterno presente, circolarità e ciclicità temporale che si respira ai Bipiani, con l’obiettivo grandangolare puntato sull’aspetto più fragile e prezioso contenuto nel luogo e alimentato dai suoi abitanti: una foglia d’oro, nascosta e lucente, metafora della naturale e straordinaria capacità dei suoi abitanti di far convivere comunità, religioni e culture diverse, di edificare spontaneamente orti urbani in mezzo alle case-container di Eternit, di essere prestigioso teatro e dimenticata periferia.

All’interno di queste comunità artistiche provvisorie cooperano, uniti dal comune obiettivo della creazione artistica, artiste e artisti professionisti e abitanti, ciascuno mettendo al servizio del lavoro tecniche e talenti specifici: è questa l’ennesima ibridazione (tra professionisti e non) seppur nella precisione condivisa dei ruoli artistici, tecnici, coordinamento, location manager, etc.

Durante #Foodistribution gli spazi-margine diventano un centro di produzione artistica a tutti gli effetti, simili a set cinematografici e allestimenti d’opera lirica più che al teatro di prosa, per le dimensioni numeriche, lo sconfinamento tra luogo deputato all’arte e luoghi privati, la trasversalità delle presenze coinvolte. Tale adattamento e superamento dei reciproci limiti, ogni volta allarga metaforicamente il recinto dei pensieri ricorrenti dentro cui, talvolta inconsapevolmente, tendiamo a chiuderci.

Il quotidiano è pertanto il dato di partenza per le innumerevoli potenzialità trasformative e compositive, base e ispirazione, trampolino per direzioni inattese. La realtà è spunto e base del lavoro affinché si produca uno slittamento dal piano del quotidiano – non facilmente modificabile – al piano extra-quotidiano dell’arte.

“INFINITO ∞ La foglia d’oro” si sviluppa nell’arco di una giornata, un’alba e un tramonto aprono e chiudono lo spettacolo suggerendone la ciclicità e circolarità. Nel mezzo semplicità e straordinarietà si intrecciano, vita e morte, rituali canti di guarigione e pittori intenti nella creazione di opere d’arte inedite e ogni sera diverse, e poi fuoco, semi piantati, acqua ad irrigare, corpi esatti disegnati dalla luce e dall’ombra. E sopra di noi la luna coperta per qualche istante dalle nuvole, fuochi d’artificio, mentre un uomo torna a casa dal lavoro e il pubblico del Festival accomodato sugli spalti intravede la famiglia al balcone, reciprocamente attori e spettatori.

È la donna nuova, ideale sintesi tra le scienze e le arti, la protagonista ideale di questo spettacolo, una donna generata proprio dal luogo, individuo felicemente complesso, in via di costruzione, come le impalcature che compongono la scenografia, solide eppure capaci di lasciar intravedere il mondo dietro e la direzione verso cui andiamo.

Lo spettacolo teatrale, seppur volutamente simbolico e poetico nei linguaggi, è e rappresenta un atto concreto, agito dalla compagnia di attori-abitanti ingaggianti sensibilità e ragionamento, corpo e voce, azione e relazione.

Se il piano simbolico, una volta agito, riesce ad impattare sul quotidiano, allora c’è e si registra un cambiamento, un effetto collaterale positivo, che però avrà durata provvisoria, come provvisoria è la comunità artistica; se non c’è partecipazione e cambiamento sul piano istituzionale la durata del teatro non è garantita oltre il tempo dello spettacolo. L’eco auspicabile, anche quando significativa, non può comunque replicare la sua efficacia emotiva fuori dal momento della rappresentazione; in assenza dell’incontro con il pubblico il ricordo va naturalmente scemando. Anche la comunità artistica provvisoria ha bisogno di manutenzione”.

Ultima domanda, un commento in merito al ridimensionamento di alcuni teatri e relativi tagli ai punteggi e riduzione finanziamenti

A.F.: “L’arte e il teatro dovrebbero essere accessibili a tutte le persone, in tutti i luoghi, in ogni fase ed età della vita, con proposte e linguaggi trasversali capaci di parlare a ciascuno e di ascoltare da ciascuno la risposta.

Il primo lavoro da fare riguarda quindi questa possibilità di riscoprire la molteplicità espressiva del settore favorendo la diffusione e la distribuzione degli spettacoli prodotti, evitando che nascano per morire il giorno successivo, e ciò può avvenire lavorando maggiormente sulla curatela dei processi artistici e attraverso il dialogo con le diverse tipologie di pubblico, favorendo e sostenendo l’accessibilità della fruizione, come avviene in altre città e capitali europee.

Poiché l’arte e il teatro dovrebbero essere sempre liberi e indipendenti, non soggiogabili e non corruttibili poiché già ampiamente compromessi con l’umano sentire, con la fragilità e con lo slancio creativo, e lungi dal ridurre il teatro ad una qualsivoglia funzione, non immaginiamo che si possa contare solo ed esclusivamente sul finanziamento pubblico, tuttavia siamo consapevoli dell’importanza simbolica e della necessità pratica del sostegno pubblico al settore teatrale, come restituzione di senso e di valore al ruolo che insieme artisti e pubblico svolgono nella vita culturale e sociale.  È in merito ai parametri e alle modalità che andrebbe approfondito e nutrito il dibattito, anche fuori dai momenti di criticità come quello che stiamo attraversando, ed estendendolo soprattutto ai non addetti ai lavori.

Riteniamo che l’arte da sempre sia tale nella sua libera capacità di attraversare tempi e spazi, correnti e linguaggi, raccontando e guarendo le ferite intime e collettive del proprio tempo e scardinando le consuetudini estetiche già note; si spiega così la necessità di sostegno da parte dello Stato, ché la fruizione dell’opera d’arte dovrebbe essere estesa, accessibile, ampiamente diffusa e intrecciata alla vita culturale e sociale, e in tal senso la cosa pubblica può farsi ponte favorendo la relazione tra polis e poiesis.

Non è il teatro a vivere una crisi, ma il mondo intero, schiacciato dai conflitti e dalla prevaricazione.

Ci piace credere che il nostro lavoro, insieme a quello di colleghe, colleghi e compagni di strada, possa allenarci come individui e come società ad una nuova e antica pratica del vivere, che va sostenuta e inglobata nelle leggi di bilancio, a quel punto sì, senza ridimensionamento alcuno”.

Intervista a cura di Anna Cavallo