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L’Universo misterioso si basa su alcune lezioni di astronomia ed astrofisica tenute da James Jeans all’università di Cambridge nel novembre 1930 e fa parte di quelle opere di carattere divulgativo che l’autore iniziò a scrivere a partire dal 1929.
L’autore nella prefazione si sofferma sul rapporto tra scienza e filosofia. Egli propugna con forza che prima che ogni filosofo possa esprimersi, è necessario che la scienza esamini ed accerti i fatti e faccia ipotesi provvisorie. Solo dopo questo lavoro di ricerca, la parola può passare ai filosofi.
Jeans ribadisce questo concetto ponendo come esergo al suo lavoro il noto brano del mito della caverna dal Libro VII della Repubblica di Platone, sottolineando quanto gli uomini non conoscano direttamente la realtà: essi conoscono soltanto l’effetto che la realtà esterna ha sulle loro menti. È necessario che l’uomo sia in grado di conoscere direttamente la realtà e possa trasmettere questa conoscenza agli altri uomini:
“Al presente il solo compito immediato che stia di fronte alla scienza è di studiare queste ombre, per classificarle e spiegarle nel modo più semplice possibile.”
L’argomento dell’opera è affine al precedente L’universo intorno a noi (The Universe Around Us, 1929); il lettore può considerarlo un seguito. L’autore tuttavia dichiara di aver consultato i più recenti studi a disposizione e pertanto questo libro è completo in sé.
I primi quattro capitoli “contengono brevi discussioni, condotte su una linea molto larga, di quelle questioni scientifiche, che mi sembra siano d’interesse e provvedano materiale utile per la discussione dei più alti problemi filosofici.”
L’ultimo capitolo, ‘Nel mare profondo‘, contiene l’interpretazione e le conclusioni proprie di Jeans sui fatti e le mete che la scienza a lui contemporanea hanno raggiunto.
Citando da questo ultimo capitolo:
“Il matematico puro di questa terra non deve limitarsi a trattare con la sostanza materiale, ma con il pensiero puro. Le sue creazioni non sono solamente create dal pensiero ma constano di pensiero, proprio come le creazioni d’un meccanico sono macchine. E i concetti che adesso si dimostrano fondamentali per la comprensione della natura — uno spazio che è finito; uno spazio che è vuoto […] — tutti questi concetti mi sembrano oggetti di pensiero puro, incapaci di realizzarsi in un senso che possa propriamente definirsi materiale. […] Secondo me, le leggi a cui la natura obbedisce, fanno pensare meno a quelle a cui obbedisce una macchina nel suo movimento che a quelle a cui un musicista obbedisce, scrivendo una fuga, o un poeta, scrivendo un sonetto. I movimenti degli atomi e degli elettroni somigliano meno a quello delle parti d’una locomotiva, che a quelli dei ballerini in un cotillon. E se la «vera essenza della sostanza» è per sempre inconoscibile, non importa se il cotillon è danzato in un ballo nella vita reale, o su di uno schermo cinematografico, o in una novella di Boccaccio. Se tutto questo è così, allora l’universo può essere meglio rappresentato, sebbene molto imperfettamente ed inadeguatamente, come risultante di pensiero puro, il pensiero di quello che noi possiamo descrivere, mancando d’una parola più ampia, come un matematico pensatore.”
Sinossi a cura di Claudia Pantanetti, Libera Biblioteca PG Terzi
Dall’incipit del libro:
Poche stelle sono conosciute che sono poco più grandi della Terra, ma la maggioranza son così grandi che centinaia di migliaia di Terre potrebbero essere ammassate insieme, entro ciascuna di quelle, e rimarrebbe spazio ancora; qua e là ci troviamo innanzi a una stella gigante, grande abbastanza da contenere milioni e milioni di Terre. E il numero totale di stelle ell’universo è probabilmente qualcosa di simile al numero di granuli di sabbia su tutte le spiaggie del mondo. Tale è la piccolezza della nostra sede, misurata al paragone con la sostanza totale dell’Universo.
Questa vasta moltitudine di stelle vaga per lo spazio. Un piccolo gruppo viaggia in compagnia, ma la maggioranza è di viaggiatori solitari. Ed essi vanno per un Universo così spazioso che è un evento di inimmaginabile rarità per una stella di andare comunque vicino ad un’altra stella. Per la maggior parte, ognuna di esse viaggia in uno splendido isolamento, come un bastimento su di un oceano deserto. In un modello a scala, in cui le stelle fossero i bastimenti, un bastimento, in media, sarebbe ben più che un milione di miglia1 lontano dal più vicino; quindi è facile immaginare che un bastimento si trovi raramente alla distanza di saluto alla voce da un altro.
Scarica gratis: L’Universo misterioso di James Jeans.