(voce di SopraPensiero)

E’ tempo di Pasqua ed è tempo di dolci. Dolci fatti col burro o col lardo, come nell’antica tradizione culinaria italiana, ma oggi anche con margarina e olio, fra questi quello di palma sul quale è in atto in Italia una vera e propria diatriba fra sostenitori e detrattori.

Quello di palma è un olio vegetale ricavato da Elaeis Guineensis e da Elaeis Oleifera, una palma che cresce nelle regioni equatoriali ed il cui frutto ha le dimensioni di una grossa oliva rossa. Viene usato nella cucina tradizionale del Sud Est asiatico, dell’Africa e del Brasile da più di 10.000 anni ed è l’olio più consumato nel mondo, con un valore di mercato di 65.73 miliardi di dollari nel 2015 e con una crescita che lo porterà a 92.84 miliardi di dollari nel 2021. È molto utilizzato dall’industria alimentare perché economico, stabile, neutro da un punto di vista aromatico e non passibile di irrancidimento ed è sotto accusa per gli effetti nocivi che avrebbe sulla salute e sull’ambiente.

La nocività dell’olio di palma sarebbe data dall’elevato contenuto di acidi grassi saturi, sospettati di aumentare il rischio di malattie cardiovascolari e di tumori. Però tutti gli organismi medici e scientifici che si sono occupati dell’argomento hanno concluso che, per quanto riguarda il rischio cardiovascolare, concentrazioni pericolose non possono essere raggiunte con la normale alimentazione, mentre per quanto riguarda la l’effetto cancerogeno, hanno evidenziato come ne siano responsabili solo i contaminanti a base di glicerolo (GE) che si formano durante le lavorazione, in particolare quando l’olio viene raffinato ad alte temperature (circa 200° C). L’olio di palma deve essere raffinato per rimuoverne il naturale colore rosso e neutralizzarne il sapore allo scopo di renderlo utilizzabile per le preparazioni alimentari.

In un rapporto del 3 maggio 2016 gli esperti dell’EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) sostengono che i più alti livelli di contaminanti sono stati riscontrati proprio nell’olio di palma e per i consumatori «dolci e torte» sono risultati essere le principali fonti di esposizione. Le informazioni tossicologiche sono però troppo limitate per stabilire un livello sicuro di esposizione e visto che i livelli medi ed elevati costituiscono un potenziale rischio per la salute, questa valutazione ha indotto la Commissione Europea degli Stati Membri che regolamentano la sicurezza alimentare nell’UE a riflettere su come gestire il rischio.

Nel 2014 la Commissione ha dichiarato che l’olio di palma non verrà bandito, ma saranno prese misure per limitare la presenza di contaminanti al suo interno. Allo stesso modo si sono espressi l’Organizzazione Mondiale per la Salute e la FAO.

Tuttavia in Italia la COLDIRETTI ha chiesto a tutte le aziende di non usarlo, la COOP lo ha eliminato dagli ingredienti dei suoi prodotti e molte ditte hanno dotato le confezioni dei loro dolci di targhette esterne con la scritta «senza olio di palma». Unica voce contrastante quella della FERRERO che ha preso posizione in difesa di quest’olio. L’olio di palma è l’ingrediente base della Nutella grazie alla quale la ditta ricava circa 2 miliardi di euro l’anno, un quinto degli introiti totali.

L’olio vegetale usato per produrre Nutella, fanno sapere i manager attraverso vari organi di stampa, è olio di palma sostenibile, 100% “segregato” certificato RSPO (Tavola Rotonda sull’Olio di Palma Sostenibile).

Questo significa che l’olio di palma usato per la Nutella è tenuto fisicamente separato dall’olio di palma normale lungo tutta la filiera ed è prodotto con pratiche sostenibili appositamente certificate.

Vengono usati processi termici a temperature più basse per limitare la presenza di contaminanti e, anche se tali processi richiedono tempi più lunghi e costi più alti, garantiscono l’abbattimento quasi totale della presenza di sostanze potenzialmente pericolose per la salute dei consumatori.