Questo pamphlet è stato pubblicato nel 1916 nell’ambito della collana Problemi Italiani dell’editore Rava di Milano e che ha avuto come collaboratori, autori come Gaetano Salvemini, Giulio Einaudi e Giulio Caprin, per citarne alcuni. Questa collana, diretta dallo stesso Ojetti, si prefiggeva, con volumetti di costo contenuto, di sviluppare in poche pagine argomenti che erano importanti e urgenti in quel momento storico.
Momento storico dove gli assetti statali erano in evoluzione, con la presenza di svariati nazionalismi, ed una guerra mondiale incipiente. Conflitto mondiale che avrà esiti sconvolgenti per i nuovi assetti europei, e che vedrà anche l’ingresso fra le nuove nazioni e superpotenze dell’epoca di una nuova potente nazione, finora “relegata” al di la dell’oceano: gli Stati Uniti d’America.
In questa ottica Ojetti, all’inizio del 1915 – quando questo libello fu scritto – ritiene urgente porsi i problemi sviluppati in questo testo.
L’autore si propone di indagare sulla civiltà in Italia. Esattamente si chiede se sia lecita la domanda:
“È lecito a noi italiani definire e difendere almeno i confini ideali dell’arte nostra e della nostra civiltà?”
Si pone anche altre domande: esiste o è mai esistita una civiltà in Italia? È essa autonoma o è debitrice rispetto ad altre civiltà europee, come quella tedesca o francese, in special modo quella tedesca?
Per rispondere a queste domande egli passa in rassegna vari periodi storici, da prima dell’Unità d’Italia, quando la penisola era dominata da potenze straniere, fino all’epoca di scrittura di questo testo.
Prendendo in esame gli eventuali influssi della civiltà tedesca e francese sulla civiltà egli nega, citando le opinioni di Dante e di altri importanti autori del secolo allora appena trascorso, che la civiltà tedesca abbia avuto un influsso importante su quella italiana, ma esclusivamente in superficie. E questo nonostante i governanti dell’epoca prendessero come modello, secondo Ojetti commettendo un errore gravissimo, la Germania, che dopo Sedan era diventata una nazione predominante.
A sostegno di questa sua tesi egli prende in esame vari aspetti dell’evoluzione della civiltà tedesca a partire dalla Riforma di Martin Lutero. Per primo esamina la Riforma protestante nei suoi aspetti, affermando che, nonostante essa sancisca la nascita della Nazione Tedesca, questa nazione mantenga in realtà le caratteristiche delle realtà statuali precedenti: non veri stati ma realtà legate ancora all’epoca medievale, con i loro molteplici difetti di società arretrate o finalistiche.
Passa quindi in esame il Romanticismo, con la interessante tesi che il movimento romantico fosse una reazione necessaria a chi non ha avuto un Rinascimento, come le nazioni tedesche. La rassegna continua trattando la musica e le arti figurative tedesche. Ojetti ritiene che esse siano debitrici di quelle italiane.
In sintesi egli propende per la completa autonomia e superiorità della cultura italiana e latina in generale, rispetto a quella germanica. Quindi respinge sia l’ipotesi dell’Impero Tedesco di voler dominare anche culturalmente tutti gli altri paesi, sia quella di altri stati di prendere ad esempio la cultura tedesca.
Occorre tener conto, per valutare questo scritto, dell’epoca nel quale è stato prodotto. Siamo appena prima della prima guerra mondiale, gli imperi centrali sono tutti in fermento, come è stato scritto, la Germania aveva idee espansive già da prima della prima guerra mondiale (la cosa verrà tentata ed in parte realizzata una ventina di anni dopo), e quindi in quel fermento nazionalistico anche Ojetti cerca di dimostrare la superiorità della nazione italiana rispetto a quella tedesca che si riteneva dominante.
In, realtà, a mio modesto avviso, le cose sono molto più articolate e complesse, ma, sempre a mio modesto giudizio questo scritto dimostra in modo palese un atteggiamento dell’epoca.
Sinossi a cura di Piero Giuseppe Perduca
Dall’incipit del libro:
Quasi tutti i popoli d’Europa sono in piedi, coperti d’armi e di sangue, tesi a difendere o a riconquistare con uno sforzo supremo i loro confini politici e forse a raggiungere i loro confini etnici e naturali. È lecito a noi italiani definire e difendere almeno i confini ideali dell’arte nostra e della nostra civiltà?
L’acquiescenza morale e mentale degl’italiani che si dicono colti, al dominio dell’intelligenza straniera, non è infatti stata mai tanto visibile quanto adesso. Noi che crediamo necessaria per la nostra salvezza l’azione siamo accusati di essere sedotti e corrotti dalla civiltà francese o da quella inglese o da quella russa, – tre civiltà abbastanza contraddittorie, alla fine, tanto che l’ultima è per molti un’intelligente barbarie. Quelli che difendono l’inerzia senza riuscire a mostrarcene altri vantaggi di là da quelli del quieto vivere e della beata rassegnazione a lasciar l’Italia isolata, incompiuta e indifesa sopra innaturali confini, si dichiarano, senza ambagi, devoti propugnatori della civiltà tedesca.
Ma una civiltà italiana non esiste? O non esiste più? O per esistere deve proprio appoggiarsi mollemente alla civiltà germanica perchè sembra virile e muscolosa? La minacciata e vantata egemonia tedesca oltre il dominio politico diretto e indiretto e il dominio industriale e commerciale sull’Europa, non significherebbe anche dominio intellettuale?
Scarica gratis: L’Italia e la civiltà tedesca di Ugo Ojetti.