Camminava nervosamente sul marciapiedi, contava i mattoni della strada e si stringeva addosso la sua giacchetta nuova un po’ troppo ampia, ma era il meglio che suor Amalia aveva trovato.

Era stato felice Antonio al pensiero di riabbracciare Lucia, aveva anche pianto dalla gioia, poi erano cominciati i dubbi, le paure: e se non fosse stata contenta di vederlo? Se gli avesse detto che non voleva più incontrarlo, che non voleva avere più niente a che fare con lui? No, era stato un errore accettare quell’incontro, esporsi di nuovo al dolore, questa volta senza speranza.

Non aveva dimenticato niente Antonio, non aveva dimenticato l’umiliazione, la solitudine, la disperazione. Non aveva dimenticato ma ci si era abituato. Lentamente quel dolore aveva smesso di pungere come uno spillo nell’anima, si era trasformato in cupa rassegnazione, in un’angoscia diffusa, senza più lacrime né speranza.

E adesso quella dannata suora voleva fargli di nuovo del male. No, sarebbe andato via, adesso, quando era ancora in tempo.

* * *

Il sole stava tramontando e la strada si andava affollando per la sera, Lucia camminava in silenzio, teneva con riluttanza la mano di suor Amalia, la professoressa di religione che aveva fortunosamente rintracciato suo padre.
Non sapeva neppure se aveva voglia di rivederlo quel padre sfigato. All’inizio sì ne aveva sofferto, piangeva spesso e non capiva bene perché dopo il licenziamento suo padre si fosse allontanato. Qualche volta nei primi tempi lo aveva incontrato a casa della nonna, poi la nonna era morta. In fondo adesso era serena, anche la mamma lo era e Alberto era gentile con lei e le faceva dei regali. Specialmente Stefano che era più piccolo e non si ricordava già più del papà gli si era affezionato e forse Alberto sarebbe andato presto a vivere con loro.
Ma adesso che suo padre si era ripresentato cosa sarebbe successo? Forse voleva tornare? La mamma lo avrebbe cacciato di nuovo? Gli avrebbe detto di nuovo che con la depressione non si mangia, che non si dà un buon esempio ai figli e che un uomo deve prendere in mano la sua vita? E lui di nuovo sarebbe andato via senza una parola? Di nuovo gli avrebbe lasciati?
Meglio di no, meglio Alberto con la sua allegria, le corse nel parco e i dolcetti della domenica. Adesso avrebbe detto a suor Amalia che preferiva tornare a casa, che non si sentiva bene e che non era pronta per quell’incontro.

* * *

Quella sera l’arrivo di Antonio le era sembrato proprio un segno del destino, anzi un segno divino. Lo “Sportello della solidarietà” della stazione era sempre affollato di senza fissa dimora, “barboni” insomma, uomini e donne che per ragioni diverse si erano trovati privi di casa, privi di risorse, privi di dignità. Occupavano i giardinetti lì davanti e gli spazi sotto le pensiline, quando il freddo era più pungente e le vecchie coperte non bastavano venivano accolti eccezionalmente nella stazione. Non avevano un buon aspetto e neppure un buon odore, ma allo Sportello della solidarietà suor Amalia li accoglieva e cercava di procurargli abiti nuovi, i pasti alla mensa dei poveri, un po’ di ascolto e qualche parola buona.
Antonio le era subito sembrato diverso, il suo sguardo triste non era ancora spento, dolente ma fiero, non perso in una dimensione lontana come erano ormai gli occhi dei suoi “clienti”. Antonio portava ancora i segni di un dolore recente ed era ancora capace di piangere quando parlava dei suoi bambini.
Una sera la folgorante scoperta. Non era stato il cognome piuttosto comune annotato nella scheda della mensa, forse lo sguardo triste o la leggera piega della bocca o il racconto confuso e frammentario della sua storia a farle scoprire che si aveva di fronte proprio il padre di quell’alunna silenziosa della seconda B, di cui a scuola si conosceva solo la mamma.
Costruire quell’incontro le era costato tempo, fatica e dubbi, le era sembrato un miracolo che stesse proprio per accadere, eppure ora non era più sicura di aver fatto la cosa giusta. Antonio le aveva manifestato sempre più i suoi dubbi, la bambina era spaventata e Amalia adesso temeva di aver peccato di presunzione, di aver pensato di cambiare con il suo intervento il destino di due persone che forse ne avrebbero tratto solo sofferenza.

* * *

Troppo tardi per tornare indietro, troppo tardi per pentirsi e per scappare. Erano lì, ormai uno di fronte all’altro, un padre e una figlia con gli occhi lucidi e il cuore in subbuglio.

Fine.


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Audiolibro realizzato all’interno del progetto Libro Parlato in collaborazione con l’associazione “Leggere Per…” e gli alunni del liceo musicale Palizzi di Napoli. Voce di Giulia Davide.