Nel corso del XVI secolo si fecero sempre più numerosi coloro che, dovendosi per la prima volta recare nell’impero ottomano per incombenze lavorative o per affari o anche per assolvere a compiti ufficiali e istituzionali, intendevano farsi una preliminare idea di base sulla sua organizzazione, di cui però poco o nulla sapevano. A essi andarono incontro, e non senza soddisfare diverse curiosità, i Tre libri delle cose de Turchi, sorta di breviario introduttivo scritto da Benedetto Ramberti, un colto funzionario della cancelleria diplomatica della Repubblica di Venezia, al rientro da una ambasceria che nel 1534 il suo governo aveva inviato al sultano Solimano il Magnifico (1520-1566) in Costantinopoli.

Nei limiti strutturali e contenutistici che la caratterizzano, l’operetta è abbastanza esaustiva. Nel primo dei tre libri elenca lo sviluppo dell’itinerario seguito nell’andata, con l’indicazione delle miglia percorse nelle varie tappe, e per quelle più importanti fornisce notizie sommarie sulle cose da vedere, talora accompagnandole con originali notazioni etnografiche; nel secondo, insieme con le rispettive retribuzioni, sequenzia sia i numerosissimi uffici funzionali alle esigenze di una reggia pianificata fin nei più minuti mansionari, sia gli organigrammi dei vari dicasteri preposti alle innumerevoli branche gestionali di quell’immenso stato; e nel terzo, infine, in forma più discorsiva presenta i principali aspetti del governo ordinario e del vivere quotidiano.

Dalla lettura scaturisce una visione poco lusinghiera del mondo ottomano nel suo complesso, in parte condizionata dagli stereotipi correnti nel XVI secolo, e in parte derivata da oggettive criticità, dal Ramberti individuate principalmente nei comportamenti esistenziali del maomettano in quanto espressione della civiltà islamica stessa: ciò che peraltro non gli impedì di apprezzare lo spessore umano di Solimano I, da lui descritto bensì oppiomane, di carattere “melanconico” e di temperamento collerico, ma anche non alieno dalla clemenza, sostanzialmente equilibrato nell’azione di governo e incline più alla pace che alla guerra, oltre che propenso a una vita ritirata e dedita alla meditazione teologica e filosofica a scapito di un più sollecito attivismo politico.

Accanto alle pagine immancabilmente riservate al Serraglio delle mogli del sultano e agli ambienti dove si formavano i giannizzeri e i giovani di servizio alla corte, il libro presta inoltre un’interessata attenzione a taluni aspetti istituzionali e in specie al deterrente bellico turchesco, con giudizi non peregrini nei riguardi di una fanteria numericamente sottodimensionata, e di una artiglieria assai mediocre per qualità e competenze. Ma a colpire negativamente l’autore fu in primo luogo la situazione della marina, che tanto più gli parve improvvisata, e affidata a equipaggi raccogliticci e demotivati su navi frettolosamente allestite da maestranze di modesta levatura. Il disastro avvenuto a Lepanto nel 1571, ovvero da lì a non molto, avrebbe dimostrato che nella sua cursoria diagnosi il Ramberti aveva visto giusto.

Sinossi a cura di Giovanni Mennella

Dall’incipit del libro:

Poi che il signore Iddio mi ha conceduto quello, che desiava sopra modo, veder la corte & grandezza de Turchi: hora, che uscito delle fatiche del longo viaggio mi trovo ocioso, scriverò brievemente quelle cose, che mi pareno degne di memoria: perche, se la fortuna, ò ’l tempo fara mutatione di quel stato, come è di sua natura, & come ha fatto di Alessandro Magno, delli Romani patroni de ’l mondo, e alli giorni nostri de ’l Soldano, liquali della infinita loro grandezza il nome solo hanno lasciato alla posterita, possa io delli costumi, delle forze, governo, & leggi di tal natione rendere conto à quelli, che non l’havessero vedute, ò di quel modo considerate, che si deveno far le cose de populi, & de principi lontani. Laqual cognitione per giudicio mio suole apportar non solamente delettatione, ma utilità grande à cadauno, che viva tra le genti civilmente. & perch’io voglio che ciò mi servi come un memoriale, non mi estendero in scrivere particularmente, con quai modi, ò venture la famiglia Ottomana sia montata à cosi grande altezza, riserbandomi questo in altro tempo: ma solamente descriverò lo stato, nelquale io l’ho trovata del mille cinquecento trentaquatro, il suo governo publico, & modo di vivere del proprio Signore, e d’i populi suoi. & partirò questi miei Commentarij in tre parti. La prima contenirà il viaggio mio di Vinetia fino à Costantinopoli, con quelle cose, che mi parranno degne di annotatione.

Scarica gratis: Libri tre delle cose de Turchi di Benedetto Ramberti.