Questa raccolta di brevi testi scritti dal fisico e filosofo austriaco Ernst Mach e pubblicata per la prima volta nel 1895, consiste in una serie di lezioni di divulgazione scientifica che l’autore teneva all’Università di Vienna e che erano rivolte soprattutto a un pubblico formato da classi lavoratrici. L’opera è presentata dal suo autore nella prefazione come un insieme di testi che hanno “un modesto valore istruttivo quando si abbia riguardo alla cultura che si presuppone nel lettore ed al tempo disponibile” ma con i quali “si può trovar modo di far comprendere quello che c’è di romantico e di poetico nell’investigazione”.
Le tredici lezioni contenute in questo volume si occupano dei più vari argomenti scientifici. Ad esempio la prima lezione espone il problema della forma dei liquidi e i relativi esperimenti di Plateau come quello in cui viene immerso olio in un altro liquido dello stesso peso specifico e l’olio “prende la forma di una bella e perfetta sfera”. La seconda lezione illustra la “legge della vibrazione simultanea” che fa sì che ad esempio “quando si suona il pianoforte, i bicchieri ed i vetri delle finestre risuonano tosto che si tocca una determinata nota”.
Mach non si limita ad esporre osservazioni e teorie scientifiche ma si sofferma anche nel percorso storico che ha portato alla nascita e all’evoluzione delle varie teorie (le teorie dell’armonia musicale da Pitagora fino a Helmholtz, i tentativi di misurare la velocità della luce da Galileo a Fizeau…) e cerca anche di trattare problemi epistemologici su come concepire filosoficamente l’attività umana della scienza. L’autore espone la sua teoria del “principio di economia” ovvero che la scienza ha come obiettivo l’esprimere i fenomeni naturali nel modo più astratto ed economico possibile.
In tutta l’opera l’autore correda le lezioni con vari grafici e illustrazioni e a volte cita non solo scienziati e filosofi ma anche opere letterarie e poesie, dimostrando quindi anche un notevole interesse per le materie umanistiche. La lezione che conclude l’opera è dedicata a un tema umanistico molto sentito a quel tempo, ovvero quale importanza dare allo studio della lingua latina dopo che è stato abbandonato il suo uso attivo per scrivere testi scientifici.
Sinossi a cura di Michele De Russi
Dall’incipit del libro:
LE FORME DEI LIQUIDI
“Che credi tu che siano, o caro Eutifrone, le cose sante e le giuste e le buone? Le cose sante sono esse tali perchè piacciono agli dei, oppure gli dei sono santi perchè amano le cose sante?” Tali erano le futili questioni, colle quali il saggio Socrate turbava l’agorà di Atene, menando bellamente per il naso i giovani politici e liberandoli dal peso di ciò che essi credevano sapere, col dimostrar loro quanto confusi, oscuri e contraddittorii fossero i loro concetti.
Voi conoscete la fine dell’importuno interrogatore. La buona società di quel tempo lo evitava, se mai lo incontrasse nelle sue passeggiate; solo gli ignoranti lo accompagnavano. In ultimo dovette bere il veleno, cosa che da molti anche oggidì si augura (è il meno che si faccia) a non pochi critici molesti come lui.
Ma ciò che da Socrate abbiamo imparato, ciò che di lui rimane, è la critica scientifica. Chiunque si occupi di scienza, non tarda ad accorgersi quanto vaghi ed indeterminati sieno i concetti che egli reca dalla vita quotidiana, e come una attenta osservazione cancelli certe apparenti differenze, e ne metta in luce delle nuove. E la storia stessa della scienza ci fa vedere un continuo modificarsi, svilupparsi e chiarirsi dei concetti.
Noi non vogliamo trattenerci sopra questa considerazione generale intorno al variare dei concetti, cosa che può anche parere molesta, quando si pensi che tale variazione è quasi universale; noi vogliamo piuttosto, prendendo un esempio dalle scienze fisiche, dimostrare come una cosa si venga sempre più modificando, quanto più attentamente la si considera, e come essa appunto per questo assuma una forma sempre più determinata.
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