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Scrittura & Scritture è una casa editrice indipendente NOEAP (NoEditoriaAPagamento). Si distingue nel vasto panorama editoriale per l’accurata selezione e cura promozionale nella pubblicazione delle opere. Tra i suoi princìpi fondamentali pubblicare non più di 8 novità l’anno, per assicurare a ogni libro la giusta durata e nella convinzione che il mondo editoriale non debba essere oltremodo ingolfato. Pubblica narrativa: dal romanzo contemporaneo e moderno a quello storico, a qualche incursione nella saggistica, dal giallo al thriller e noir declinati in tutte le loro sfumature. Su questo ha suddiviso il suo catalogo in due collane, rispettivamente: Voci – che si sdoppia in VociRiscoperte, in cui confluiscono i grandi romanzi del passato – e Catrame. Dietro le quinte di ogni nostro libro, al fianco di ogni nostro autore e a seguire entrambi in ogni loro viaggio, ci sono diverse figure dall’ufficio stampa, al grafico, al webmaster. Se un nostro libro esiste è anche grazie a loro. La casa editrice è stata fondata nel 2006 da Chantal ed Eliana Corrado. Due sorelle che diventano socie dopo un percorso lungo fatto di studi universitari a cui hanno affiancato corsi di editor, stage e percorsi formativi in case editrici, master in Editoria e Produzioni multimediali sfociato poi nella vincita di una borsa di studi che ha costituito una parte del capitale di base per fondare Scrittura & Scritture.
Le librerie in Italia riaprono. Che ne pensate?
Buongiorno ai lettori e grazie a Paolo Calabrò per questa intervista. Non eravamo favorevoli per una serie di ragioni. Siamo ancora in una fase delicata dell’emergenza in cui veniva chiesto ai cittadini di restare a casa o di muoversi nel raggio di 200 metri e comunque nei paraggi della propria abitazione ed esclusivamente per motivi di lavoro, salute, spesa alimentare. Vietate passeggiate e corsette. L’andata in libreria dove rientrava? Come collima questa riapertura se però dall’altro lato tutto il precedente DPCM veniva prorogato, e quindi con esso i divieti di cui sopra? Possiamo paragonare l’urgenza di comprare un libro come bene essenziale? A nostro avviso il libro non è un farmaco salvavita o un alimento essenziale. Per quanto qualcuno abbia voluto appiccicarci l’etichetta di medicina per l’anima, pe noi non lo è: anche una visita al museo, uno spettacolo teatrale, o un’andata al cinema possono essere viste come “medicine per l’anima”, dipende da che anima si ha. Inoltre, ci è sembrato, così facendo, di non voler riconoscere il lavoro del libraio come un lavoro da tutelare a cui riconoscere una qualche forma di aiuto economico. Un po’ come a dire: “Vi è stata data la possibilità di ripartire, vendere e fare cassa, se poi avete deciso di stare chiusi sono fatti vostri” e motivare così la sospensione (se mai c’è stata) di qualsiasi aiuto statale alla categoria. Categoria che non è stata nemmeno interpellata prima di giungere a questa decisione; decisione, oltretutto, annunciata alla sera del venerdì santo, e senza nemmeno che venissero date delle “regole”, delle indicazioni da seguire per poter operare in sicurezza, sicurezza dei librai, in primis, e degli acquirenti poi!
Le librerie sono tenute a garantire gli stessi standard di sicurezza di tutti gli altri esercizi commerciali che sono rimasti aperti. Perché si pensa che i librai e i clienti rischino di più che in farmacia o in salumeria?
Non abbiamo mai pensato che il rischio fosse diverso o maggiore, tutt’altro! È uguale se non pure inferiore: non è una cattiveria dire che le librerie di sicuro non sono così frequentate come e quanto un supermercato… probabilmente meno anche di una farmacia.
Il problema è, appunto, che non avendo dato delle regole da seguire, si è diffuso il discorso del,’“entrare con le idee ben chiare, chiedere, pagare e andare via; non toccare i libri, non sfogliarli”, che sono un po’ delle cavolate a nostro avviso. Nessuno mi dice che al supermercato non posso toccare io stessa un barattolo, valutare gli ingredienti, la provenienza, la scadenza, eventualmente posarlo e prendere un altro… dov’è la differenza con i libri? E se uso le stesse protezioni per quando vado in un supermercato o un alimentare, mascherina e guanti, perché in libreria deve essere diverso? Certo, tutto deve avvenire nel rispetto di chi fuori è in coda e aspetta di entrare – dato che comunque si sono imposte (dopo!) delle regole di numero massimo di persone all’interno dell’esercizio commerciale a seconda dei metri quadri dello stesso – ma questa è una regola di buon senso e di educazione che dovrebbe valere sempre, per ogni esercizio commerciale, e in ogni circostanza, Covid19 o Saldi delle supermarche! E poi, con queste norme se io devo entrare, chiedere, prendere e andar via (quindi snaturare il senso stesso dell’andata in libreria – credo che il 90% dei frequentatori della libreria ami girovagare per gli scaffali e i banchi alla ricerca di ciò che colpisce, attira e interessa), che differenza fa con l’acquisto con consegna a domicilio?
Probabilmente il livello di utenza non permetterà gli stessi incassi di prima. Ma non è meglio attutire il danno economico riattivando la vendita, anziché restare chiusi e assorbirlo per intero?
Partiamo dal fatto che molte librerie si erano organizzate con consegne a domicilio, tramite corriere o direttamente (sempre prendendo tutte le precauzioni del caso), erano sorte diverse iniziative come “LibridAsporto” ecc. E poi… dipende! Questo forse può valere per una piccola libreria, magari di proprietà, senza dipendenti e comunque non parlerei di incassi ma di minor danno, ma se già andiamo verso librerie più grandi, affitti da pagare, (che magari, se sei chiuso, potevi contare su un accordo di affitto controllato col proprietario) con dipendenti da pagare, e consumi da tenere (se sto chiuso, l’elettricità non la consumo, pagherò il canone base, ma il contatore non gira) e siamo proprio sicuri che ci sia poi un vero costo/beneficio? Siamo proprio sicuri che la gente esca nel deserto più totale per andare in libreria e comprare? Oltretutto col rischio che, rimanendo in vigore il doversi muovere solo con autocertificazione e solo per i motivi ivi indicati, di prendersi una multa? E torniamo al sopra: si può o non si può uscire? Non tutti hanno una libreria nel raggio di 200 metri dalla propria abitazione! E se questo diventa una motivazione, una scusa per andare a fare una passeggiata? Si avrà un agente di polizia o della municipale o un carabiniere alle calcagna che mi segue fin dentro la libreria? Vero che questo già accadeva e accade per quanto concerne la spesa alimentare, ma così è una motivazione in più. Siamo proprio sicuri di voler puntare sul buon senso?
Qualcuno sostiene che la riapertura favorisca solo le grandi catene, eppure ci sono piccoli librai contenti di poter finalmente tirar su la saracinesca.
Naturale che ci siano diverse visioni! Naturale che entri in gioco anche la contentezza di tornare al proprio lavoro, che ha in sé l’intravedere la famosa luce in fondo al tunnel, un seppur vago sapore di ritorno alla normalità. Ma non crediamo che in questo ci sia una distinzione tra librerie di catene e indipendenti, se non forse che il libraio indipendente è fatto di dialogo con i suoi clienti, riveste un ruolo di consigliere (cosa che il più delle volte manca nella libreria di catena dove si trovano più dei commessi che dei librai) ed è possibile tenere questo ruolo se deve vigere il distanziamento sociale di oltre un metro, se non si può sostare in libreria più di un tot, se non si possono toccare i libri, e tutte le cose di cui abbiamo parlato prima? E va da sé che, a sfavore delle librerie di catena, ci sono, inevitabilmente costi di gestione molto molto più grandi!
Riaprire le librerie è un modo per rimettere in moto l’intero settore, che va dall’editore al libraio passando per autore / editor / tipografo / illustratore / fotografo / traduttore… Che previsione fate per l’editoria italiana di qui a dodici mesi?
Crediamo sia difficile fare una qualunque previsione a così lungo termine. L’editoria libraria è fatta di tanti anelli sia nella produzione sia nella promozione. E vive anche, e forse soprattutto, di eventi, piccoli e grandi: presentazioni di libri, firmacopie, fiere, festival… difficile immaginare ora quando e in che modo tutto ciò potrà essere ripreso. Difficile prevedere in che modo l’editoria sopperirà a questi canali promozionali, trovando alternative valide (sempre ammesso che sia possibile trovarne). Sicuramente molti piani editoriali, forse soprattutto dei piccoli editori, saranno rivisti; siamo stati fermi con i lanci novità per ben due mesi, ci sono libri mandati in libreria alla vigilia del lock down che ora sono potenzialmente (se non concretamente) bruciati, andati, e che faranno reso all’editore. L’editore ha dovuto posticipare le uscite di due mesi, e questo produrrà un sicuro effetto domino, di conseguenza molte novità previste nel 2020 andranno nel 2021, e questo a catena; probabilmente alcune uscite verranno cancellate del tutto, magari sostituite da instant book a tema pandemia/Covid19! Questo comporterà una sicura contrazione delle vendite, della quantità di volumi stampati, di libri non prodotti, di traduzioni cancellate, acquisto diritti mancati. E se questo comporterà posti di lavoro in meno… beh, credo che sia facile fare due più due: l’editoria è un’impresa come tutte se produco meno, avrò bisogno di meno personale. È per questo che è scandaloso che il Governo nel piano aiuti di marzo non abbia proprio contemplato l’editoria libraria, lasciando che sotto la dicitura cultura rientrino solo cinema, museo e teatri (e le loro filiere). Allora torniamo all’inizio della intervista: il libro è o non è un bene essenziale? Perché se deve esserlo solo per fare propaganda populista, allora no, grazie! Piuttosto, noi di Scrittura & Scritture auspichiamo che tutta questa tragica situazione porti a un rallentamento generale: non è possibile che vengano messi sul mercato vagonate di migliaia di titoli al giorno-settimana-mese; non è più possibile che un libro novità resti in libreria 30 giorni (e siamo state larghe) e poi via, reso, perché la libreria deve fare spazio alle altre migliaia di titoli; non è ipotizzabile che un lettore, in una situazione economica che sarà disastrosa per tutti, in cui la stragrande maggioranza delle famiglie sarà più povera, compri tanto quanto prima; non è giusto che le redazioni dei giornali, che vanno riducendo sempre più le loro pagine culturali, vengano invasi da migliaia di copie di novità che non trovano spazio né voce! Ecco, su questo vorremmo che si ragionasse, che ragionassimo tutti, comparto editoriale per primo!
[Leggi sullo stesso argomento l’intervista a Roberto Sartori della Libreria Ariosto di Reggio Emilia]