Romanzo giovanile di James, che, secondo quanto afferma l’autore nella prefazione all’edizione definitiva, fu ideato e prese forma nel 1875 a Parigi. Nel giugno del 1876 iniziò la pubblicazione a puntate sulla rivista “Atlantic Monthly” di Boston. In concomitanza con l’ultima puntata veniva pubblicata la prima edizione in volume con poche varianti. La versione definitiva è quella newyorkese del 1907.

Romanzo di solido ed efficace impianto narrativo ma tipicamente “giovanile” cioè privo della complessa tortuosità dei capolavori di James che caratterizzarono la sua maturità di autore e romanziere. Abbiamo già ben delineato il “tema internazionale” tipico della parte forse più significativa della produzione di James. Il contrasto Europa-America rappresentato dal conflitto tra la raffinatezza e la corruzione del vecchio continente e la vitalità sana ma spesso volgare caratterizzante l’America, appare qui risolversi a favore delle caratteristiche del nuovo continente. Questo aspetto verrà poi ribaltato in Gli ambasciatori dove invece il fascino dell’Europa risulterà preponderante sul sempre crescente materialismo americano.

Il protagonista del romanzo è un ricchissimo uomo d’affari americano, Christopher Newman, il quale durante un suo viaggio a Parigi viene presentato alla giovane vedova di nobile e antica famiglia, Claire de Cintré. Durante le sue visite l’atteggiamento del fratello maggiore di lei marchese Urbain de Bellegarde e dell’anziana madre non paiono incoraggianti, ma i due decidono comunque di non frapporre ostacoli al fidanzamento tollerandolo certamente a causa della grande ricchezza di lui. Il fratello minore Valentin diviene però amico di Newman e lo incoraggia a corteggiare la sorella. Purtroppo però Valentin viene presentato da Newman a m.lle Noemi Nioche, pittrice dilettante, e il giovane pur consapevole trattarsi di un’avventuriera priva di scrupoli soccombe al suo fascino fino al punto di provocare un duello a causa di lei, duello che si concluderà tragicamente per Valentin.

Contemporaneamente Newman viene informato che la famiglia Bellegarde considera troppo infamante un matrimonio con uno che è “nel commercio” e Claire, succube, accetta l’imposizione familiare e si ritira in convento di clausura. Valentin sul letto di morte manifesta il proprio disprezzo per la famiglia alla quale appartiene e fornisce a Newman la chiave di un terribile segreto che potrà essergli svelato dall’anziana Mrs Bread, dama di compagnia. La conoscenza del segreto non servirà comunque a far recedere la vecchia marchesa e il figlio Urbain dal proposito di impedire il matrimonio, e Newman si ripropone quindi di ottenere vendetta per l’umiliazione subita divulgando il segreto. Ma presto si convincerà di essersi vendicato a sufficienza con la paura causata ai Bellegarde con la sua minaccia. E la prova del molto imbarazzante segreto finisce in cenere nel caminetto.

La traduzione di Carlo Linati è condotta sull’edizione del 1907. Il volume contiene in appendice un saggio breve ma interessante del traduttore sull’opera narrativa di James.

Sinossi a cura di Paolo Alberti

Dall’incipit del libro:

Un chiaro giorno di maggio dell’anno 1868 un signore stava comodamente allungato sul grande divano circolare che in quel tempo occupava il centro del Salon Carré del Museo del Louvre. Questo spazioso sofà è stato tolto via, ora, con gran rimpianto di tutti gli amatori di belle arti dalle ginocchia comode, ma il signore in questione aveva preso possesso di quel morbidissimo divano e, con la testa gittata all’indietro, le gambe distese, guardava intensamente la bella Madonna del Murillo portata dalla luna e godeva con beatitudine della propria agiata posizione. S’era tolto il cappello e gli aveva gittato là accanto la piccola guida rossa e un cannocchiale da teatro. Faceva caldo e, sudato pel camminare che aveva fatto, si andava passando ripetutamente il fazzoletto sulla fronte con un gesto un poco stanco. Non sembrava però uomo a cui la stanchezza fosse famigliare: lungo, slanciato, muscoloso, pareva possedere quella specie di vigore che si potrebbe chiamare «inflessibilità». Ma il trambusto che si era dato quel giorno era stato per lui di una qualità alquanto insolita, poiché spesso egli aveva compiuto grandi fatiche fisiche che lo avevano lasciato meno stanco di quel suo tranquillo passeggiare attraverso il Louvre. Aveva passato in rassegna tutti i quadri che Baedeker segnalava con un asterisco in quelle sue formidabili pagine di stampa minuta: la sua attenzione era stata estremamente affaticata, i suoi occhi erano abbagliati, ed egli sedeva là in preda ad un estetico mal di capo.

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