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Secondo libro di novelle di Pia Rimini pubblicato nel 1929. In questo testo gli “eccessi” di realismo che avevano caratterizzato il primo volume, Pubertà, vengono limati e vi è una maggiore attenzione alla cura della lingua e all’uniformità di stile. Ne nasce un modo di esprimersi originale, che di fronte alle forme letterarie del periodo, ormai di poca efficacia, si pone come interessante tentativo di sperimentazione linguistica, dove la crudezza realistica viene raffigurata con espressioni di dialetto italianizzato che caratterizza l’originale modo di esprimersi dell’autrice.
Il filo conduttore appare l’egoismo maschile che spesso prevarica, con mancanza di sensibilità e talvolta con violenza, il desiderio d’amore della donna, spesso molto giovane, fiduciosa, sincera. Nell’ambito di un’umanità che appare sporca e squallida, i maschi prendono irrimediabili sembianze di violenti e volgari. Si oscilla continuamente tra un erotismo che appare sanguigno, concreto e contemporaneamente vuole apparire ripugnante. Esempio di quanto detto lo riscontriamo leggendo il racconto Terra pregna che non può non riportare alla mente La Lupa di Giovanni Verga.
Il gioco di scrittura che accenna costantemente all’erotico per poi ritrarsene quasi con disgusto lo troviamo spiccatamente in Dare dove la cameriera “Cicciotta” subisce una brutale iniziazione alla sessualità o in Il calice che non si svuota dove una giovane fruttivendola si trova rinchiusa in una panetteria deserta e violentata da un audace apprendista fornaio. Ma il sentimento di lei si traduce in queste parole che racchiudono tutta la contraddizione del sentire femminile di fronte all’arroganza maschile:
«E il gesto dell’amore le parve sacro: e anche la violenza di lui. Provò una riconoscenza gonfia di lacrime per lui che l’aveva fatta donna e l’aveva portata su questa voragine di luce».
Sono argomenti veramente difficili da trattare e Pia Rimini lo fa con grande padronanza, immediatezza di espressione, franchezza e sincerità. Le impressioni provate dalla donna che si dà per amore, per l’impulso a donare, per prodigarsi nel dare gioia all’uomo amato sono espresse sempre in maniera convincente e avvincente e certamente frutto di una profonda esperienza psicologica. La duttilità e versatilità della scrittrice emerge poi in novelle come quella che chiude la raccolta, Il funerale di un benefattore, dove assistiamo a un susseguirsi serrato di ipocrisie e di messa a nudo dello squallore di un certo perbenismo.
Sinossi a cura di Paolo Alberti
Dall’incipit della prima novella Maria e Giacomo:
Il grano alto, fitto, si scostava al suo passare, come se il vento vi segnasse tra il biondo chiaro, la scriminatura della strada.
Ella sudava un poco, ma si sentiva leggera come se qualcuno la portasse.
In fondo al sentiero apparve un ponte; ed era anche nell’aria un rumore d’acqua corrente. Mano mano che ella s’avvicinava, pareva che il ponte s’allontanasse. D’improvviso ella sentì che scendeva; e con lei scendevano anche i campi; e questo sprofondare dei campi le dava un senso di angoscia che le stringeva la gola.
Le pesavano le gambe, le braccia e le palpebre; e non poteva lottare: i campi sprofondavano e il gorgoglio dell’acqua cresceva.
Le apparve sua madre; vide suo padre alle spalle.
Capì che era arrivata. Portava da quel viaggio una parola e la doveva regger sulle braccia, per offrirla a sua madre; ma la parola le sfuggiva; s’insinuava nel folto del grano che scendeva, mentre il fragore dell’acqua ingrossava.
Disse: – Adesso ti racconto quanto era bello.
Sua madre avrebbe dovuto rispondere. Perchè non rispondeva?
Si sentì alzata, portata. Un uomo disse:
— Non la scotete.
Ma la voce era lontana.
Scarica gratis: La spalla alata di Pia Rimini.