Due racconti lunghi e quattro racconti brevi compongono questa raccolta. Le convenzioni sociali colpiscono i più deboli; dalla nobile decaduta costretta a rinunciare a un sogno d’amore perché separata dal possibile compagno da una barriera di differenza d’età che pare invalicabile, alla giovane donna con figlioletta abbandonata dal marito e ritrovata dallo stesso nel momento che aveva cercato di ricostruirsi una vita; una visione alternativa all’andamento stanco e mediocre di una modesta famiglia, che risulta anche peggio della realtà quotidiana; l’incontro con l’idea della morte di una bimba; la tragica maldicenza che porta un presunto iettatore al suicidio.

Non più pubblicata, se non parzialmente nel 2006 all’interno di un’antologia di racconti della scrittrice provenienti anche da altre raccolte, è uno dei sedici testi pubblicati dall’editore vicentino Ermes Jacchia che fu costretto a chiudere casa editrice e ogni altra sua attività in seguito all’entrata in vigore delle leggi razziali. Sulla sua vicenda va segnalato l’interessante saggio di Giovanna Dalla Pozza Peruffo Ermes Jacchia un intellettuale ebreo nella Vicenza degli anni trenta pubblicato su «Odeo Olimpico» nel 2016.

Sinossi a cura di Paolo Alberti

Dall’incipit del libro:

Quella sera d’ottobre, dalla corriera autobus che fa servizio in quel remoto angolo di provincia, scesero nel cortile del Leon d’Oro due soli viaggiatori: un vecchio signore e una signorina.
Lui alto, viso acceso, capelli e baffoni bianchi, portamento rigido e un po’ impettito di vecchio militare; lei, una figuretta gentile e minuta, velata di nero.
Padre e figlia, parevano; e vestivano ambedue in gran lutto, modestamente. Ella portava una valigetta.
S’incamminarono tosto, preceduti da un ragazzotto che faceva saltellare sul selciato il carretto carico del loro bagaglio, sotto i portici di via Nazario Sauro, e suonarono alla porta della signora Zenobia, che affittava abitualmente un quartierino ammobiliato.
Dovevano essere attesi, perché l’uscio si schiuse subito, e nell’andito apparve zoppicando la signora Zenobia in persona, con un candeliere in mano.
Non erano ancòra le sette, ma nella borgata incominciavano a brillare i primi lumi, e siccome cadeva qualche gocciolina di pioggia, le strade si erano fatte improvvisamente deserte. L’arrivo dei due forestieri passò perciò inosservato e senza suscitare curiosità.
Il giorno dopo però, al Caffè Centrale, uno dei notabili del paese, che aveva la figliuola al Convento delle Orsoline, forniva a un crocchio d’amici notizie di quei due.
Il vecchio era un ex colonnello di cavalleria in pensione, e la signorina, sua figlia, raccomandata da una gran dama di Torino alla Superiora delle Orsoline, era la nuova maestra d’inglese venuta a sostituire Miss Smoll, morta di vecchiaia due mesi prima. Pareva che fossero piemontesi e nobili. Si chiamavano De Friours.
Ma anche queste notizie suscitarono scarso interesse. Uno degli ascoltatori disse soltanto:
— Una piemontese a insegnar l’inglese!
E il bene informato rispose:
— Mah!…
E come si trattava di gente onesta modesta e povera, nessuno si occupò più dei De Friours, e la loro vita cominciò a svolgersi tranquillamente.

Scarica gratis: La signorina Anna di Paola Drigo.