Questo testo storico di Benedetto Croce non è un’organica trattazione del periodo della Repubblica napoletana del 1799, ma una raccolta degli scritti che l’autore ha dedicato a diversi protagonisti della rivoluzione. Come scrive nella prefazione:
«Alla massa delle pubblicazioni ho contribuito anch’io, anni sono, con le biografie ora raccolte in questo volumetto.»
I primi saggi si occupano di personaggi importanti nella storia della Repubblica Napoletana: ampio spazio è dedicato ad Eleonora Fonseca Pimentel, poetessa e intellettuale che partecipò attivamente alla Rivoluzione, fondando dirigendo e scrivendo quasi da sola un giornale, il “Monitore Napoletano”, che aveva la caratteristica di essere scritto in parte in dialetto napoletano, nel tentativo di raggiungere la maggior quantità possibile di popolani.
Segue un capitolo dedicato a Vincenzo Russo e alle sue idee socialiste.
Diverso è il carattere della terza protagonista, Luisa Sanfelice, protagonista a sua insaputa e più personaggio da romanzo che personaggio storico. E infatti Alexandre Dumas e Francesco Mastriani illustrarono in due romanzi la sua storia: uno dei suoi amanti, borbonico, consegna a Luisa un “biglietto di assicurazione” per metterla al sicuro dai pericoli di una congiura a cui partecipava. Luisa aveva un altro amante, repubblicano, che ne viene in possesso: forse per caso o forse per iniziativa della Sanfelice. La congiura è scoperta e sventata, e la Sanfelice diventa suo malgrado un’eroina della Repubblica. Pagherà con la vita al ritorno dei Borboni.
Seguono brevi lavori su personaggi minori, ed una copiosa documentazione frutto del lavoro d’archivio di Croce.
Curioso è l’ultimo saggio, proposto in Appendice, su Angelo Duca, detto Angiolillo, una specie di Robin Hood napoletano, brigante che rubava ai ricchi per donare ai poveri.
Sinossi a cura di Claudio Paganelli
Dall’incipit del libro:
I fatti accaduti in Napoli nel 1799 sono una delle parti più note, e, quasi direi, più luccicanti della moderna storia d’Italia.
Chi si faccia a cercare le ragioni della loro popolarià, e del vivo interesse che hanno sempre destato, e si accinga a tal esame con qualche ampiezza di veduta storica, s’accorge subito che quei fatti non furono la conseguenza o la catastrofe di uno svolgimento importante e originale. Nello stesso anno Novantanove i più accorti patrioti chiamavano la loro rivoluzione una rivoluzione «passiva»; e il Saggio storico di Vincenzo Cuoco doveva poi illustrare largamente questo giudizio. C’era in Napoli, come in altre parti d’Italia e d’Europa, un vivo movimento d’idee e di fatti contro i resti del feudalismo, laico ed ecclesiastico, e l’aspirazione a un maggior benessere sociale, con l’appoggio della monarchia, la quale, da oltre un mezzo secolo, era entrata risolutamente nella via delle riforme. La mutazione d’indirizzo politico del governo, pel contraccolpo degli avvenimenti di Francia, non poteva non contrariare alla lunga ciò che si dice lo spirito dei tempi, ossia i sentimenti di una grande e miglior parte della popolazione. Senonché, immediatamente, solo un piccolo manipolo fu spinto ad atteggiamento ostile, e trovò alleati nei giovani e nei malcontenti d’ogni sorta. E una società segreta, sorta per istigazioni francesi, raccolse insieme le forze rivoluzionarie, che andò disciplinando.
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