Questo volume edito da Sonzogno nel 1893 riunisce tre racconti scelti di Balzac. Sono tre testi abbastanza disomogenei tra loro, ma tutti estremamente interessanti. Entrarono tutti a far parte de La Comédie humaine (La commedia umana), la grande costruzione letteraria nella quale l’autore francese stabilì di organizzare pressoché tutta la sua opera.
Il primo racconto, La pace domestica, noto anche come La pace coniugale (La Paix du ménage) è del luglio 1829. Fa parte del gruppo Études de moeurs: Scènes de la vie privée. Per l’autore era un semplice schizzo, un consiglio alle mogli perché siano indulgenti verso gli errori dei propri mariti. È la prima di tutte le “Scene della vita privata”. La vicenda, in una straordinaria unità di tempo e di spazio che ne fa quasi automaticamente una pièce teatrale, ruota, all’interno di un fastoso ballo in età napoleonica, intorno ad una manciata di personaggi sullo sfondo di musiche, crinoline, profumi inebrianti e tutta la folla festosa degli invitati. Si tratta di un intrico amoroso che potrebbe compromettere, appunto, la pace domestica di una coppia. È inevitabile il richiamo alla mente al mirabile Le relazioni pericolose (Les Liaisons dangereuses), romanzo di Choderlos de Laclos del 1782 considerato uno dei capolavori della letteratura francese, ed anche alle insuperabili pagine sui ricevimenti chez Guermantes ne Alla ricerca del tempo perduto di Proust (1920-1921), peraltro grande appassionato di Balzac.
Il secondo racconto, L’elisir di lunga vita (L’Élixir de longue vie) fu composto nell’ottobre 1830 e è nel gruppo degli Études philosophiques. In questo testo si palesa la predilezione particolare di Balzac per l’Italia, particolarmente per Roma, Venezia e infine Ferrara, nella quale lo scrittore ambienta questo racconto. Si tratta di una versione decisamente originale del Don Giovanni. L’origine del mito di Don Giovanni si perde nella notte dei tempi, incarnando l’attrazione dell’uomo verso la donna e genericamente verso il peccato in contrasto con la salvazione anche attraverso la religione. Qui le novità sono nello svolgersi della vicenda in una diretta relazione tra padre e figlio e nel tradurre la rinascita dal peccato, in una rinascita alla vita per mezzo di un miracoloso elisir.
L’ultimo racconto, La borsa (La Bourse), del maggio 1832, fa parte, come La pace domestica, del gruppo Études de moeurs: Scènes de la vie privée. Nel corso delle varie pubblicazioni, venne a volte inserito nelle Études de moeurs: Scènes de la vie parisienne. L’ambientazione è decisamente cittadina, molto velatamente bohèmienne: il protagonista è un giovane pittore di umili origini ma già modestamente affermato e ha, come vicine di atelier, una madre e sua figlia, molto povere ma generose, che nascondono la loro indigenza con grande dignità. La ragazza è bellissima e inevitabilmente il pittore cade innamorato, ma prima di arrivare al probabile lieto fine, Balzac inserisce anche qui, come quasi in ogni sua opera, un elemento che scatena curiosità, incertezza, novità. Il tema della creazione artistica, del tormento della genesi dell’opera d’arte, qui di sfondo, è uno dei più presenti in tutta l’opera di Balzac.
Sinossi a cura di Claudia Pantanetti, Libera Biblioteca PG Terzi APS
Dall’incipit del primo racconto La pace domestica:
L’avventura riprodotta in questa scena accadde verso la fine del mese di novembre 1809, nel punto in cui il fuggitivo impero di Napoleone era all’apogeo del suo splendore. Le fanfare della vittoria di Wagram rimbombavano ancora nel cuore della monarchia austriaca. La pace era segnata tra la Francia e la coalizione. I re ed i principi vennero allora, come astri, a compire le loro evoluzioni intorno a Napoleone, che si procurò la soddisfazione di trascinarsi dietro l’Europa, magnifico saggio della potenza che spiegò più tardi a Dresda.
Mai, al dire dei contemporanei, Parigi aveva vedute feste più belle di quelle che precedettero e seguirono il matrimonio di questo sovrano con un’arciduchessa d’Austria, mai nei giorni più splendidi dell’antica monarchia, tante teste coronate accorsero sulle rive della Senna, e mai l’aristocrazia francese fu ricca e brillante come allora. I diamanti sparsi a profusione sulle acconciature, i ricami d’oro e d’argento delle uniformi, fecero tale contrasto coll’indigenza repubblicana, che sembrava vedere le ricchezze del globo affluire nei saloni di Parigi. Un’ebbrezza generale aveva come colpito questo impero d’un giorno. Tutti i militari, senza eccettuare il loro capo, godevano da ricchi improvvisati i tesori conquistati da un milione d’uomini colle spalline di lana, le cui esigenze erano soddisfatte con alcune aune di nastro rosso. A quell’epoca la maggior parte delle donne affettava quella facilità di costumi e quel rilassamento della morale che segnalò il regno di Luigi XV.
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