La macchina scomposta.

Le avventure di Kutt-Hardy
Il Rivale di Sherlock-Holmes

di
Giovanni Bertinetti [Herbert Bennet]

tempo di lettura: 7 minuti


L’avventura che sto per raccontarvi è la più interessante che mi sia occorsa; perchè in essa poco mancò che io rimanessi vittima d’uno scaltro delinquente… Ascoltate, miei amici. La mattina del 15 gennaio 1898 – anno che segna l’apogeo della mia celebrità – ricevetti la visita d’un signore d’aspetto distintissimo, dallo sguardo intelligente ed acuto, dal sorriso seducente.
Appena entrato, egli mi disse con accento tremante:
— Signor Cutt-Hardy, abbiate la gentilezza di ascoltarmi… Ciò che mi succede è veramente degno di voi e della vostra scienza…
— Accomodatevi – dissi studiando, com’è il mio solito, il nuovo visitatore.
Voi sapete che la mia abilità nel ricomporre dai segni esteriori il carattere di una persona è abbastanza rimarchevole… Ebbene, vi confesso che questa volta non riuscii a farmi un concetto chiaro dell’individuo che mi parlava.
— Io sono l’ingegnere Charley, abito alla villa Gregory, distante da Boston pochi chilometri… Da due anni ho comperato questa villa in cui passo i miei giorni in compagnia di una vecchia serva, persona affezionata e che serviva già mio padre… Lo scopo della mia solitudine è molto semplice: io sto studiando una nuova macchina che serve a concentrare i raggi solari e a liberarli alla notte a scopo d’illuminazione… Vi parlo di questa mia scoperta, non ancora ultimata, non per vanità di autore, ma perchè è legata al fatto strano, inverosimile, che mi capita… Premetto che questa macchina è poco più grande del mio cappello… Ora, dovete sapere che il mio laboratorio è attiguo alla cameretta ove dorme la vecchia Margaret, la mia buona serva… Ieri mattina io mi alzo alle 8, secondo il solito suono il campanello elettrico e chiamo. Contro il solito, la vecchia Margaret non mi porta il caffè… Allora scendo per recarmi al laboratorio e lavorare attorno alla mia scoperta e nel passare dinanzi alla porta socchiusa di Margaret, esclamo: Ebbene, questo caffè non viene? – Nessuno mi risponde; allora apro la porta; Margaret non c’è. La cerco per tutta la villa: nulla. Allora dico: sarà uscita per qualche compera, e rientro senza più pensarci nel laboratorio… Ma qui io dovevo ricevere una più strana sorpresa… La mia macchina, posta su un tavolo nel mezzo dello studio, era completamente scomposta! I pezzi giacevano uno accanto all’altro in un ordine perfetto… Il caso era così strano che io rimasi per qualche minuto estatico… Non avevo udito nessun rumore durante la notte… Notate, signor Cutt-Hardy, che da qualche mese io soffro d’insonnia e che quindi, essendo stato sveglio durante la notte, avrei pur udito un rumore anche leggero. La mia prima cura fu quella di ricostruire la macchina di cui nemmeno una vite mancava; l’operazione durò due ore… Dopo di che uscii dal laboratorio per andar alla ricerca di Margaret, ma invano… Margaret era scomparsa! La cercai in giardino, in cantina, nel solaio: nulla! Come potete immaginare, io cominciai ad inquietarmi e a domandarmi se la scomparsa di Margaret e la smontatura della macchina non avevano una relazione… Pensai che forse qualche interessato alla mia invenzione avesse incaricato la vecchia di smontare la macchina… Insomma, facevo le più strane supposizioni…
— L’avventura è straordinaria – dissi veramente colpito.
— Ma aspettate, non è ancora tutto… Entro nel laboratorio e vedo che la macchina è nuovamente scomposta…
— Ingegnere, lei è stato vittima di un’allucinazione; la cosa non è possibile…
— È quello che dico anch’io… Ma aspettate: io esco dal laboratorio, vado in camera mia, prendo la mia rivoltella deciso a cercare in tutti gli angoli della casa il malandrino che si divertiva a giuocarmi il brutto tiro… Appena entrato in camera vedo un biglietto sul tavolino da notte con queste parole: Non inquietarti… Chi l’aveva portato? La scrittura mi era completamente sconosciuta… Allora in preda alla più viva agitazione, me ne uscii dalla villa… Ed eccomi qui… Signor Cutt-Hardy che ne pensate?
Io esaminavo l’ingegnere. Il suo aspetto non era quello di un pazzo: egli parlava come un uomo colpito da un fatto soprannaturale.
— Io penso che il caso è inverosimile… Se io credessi allo spiritismo, la spiegazione sarebbe molto facile; ma io allo spiritismo non credo, perciò… rechiamoci subito alla vostra villa…
— Ho appunto sotto la vettura chi ci attende – disse con premura l’ingegnere.
— Andiamo.
Salimmo in vettura e partimmo alla volta della villa Gregory. Uscimmo da Boston. Due ore dopo la vettura si trovava in aperta campagna, sulla strada provinciale.
Allora cominciai a riordinare meglio le mie idee… Feci una più profonda osservazione dell’individuo ed osservai, tra l’altro, che la sua mano destra cercava, quasi inavvertitamente, di portarsi sotto il cuscino della carrozza; ma che si ritraeva appena io accennavo ad accorgermene… Allora mi cominciò a nascere qualche sospetto… Credei utile intavolare una di quelle mie conversazioni colle quali riesco sempre a delucidare qualche punto oscuro.
— Signor ingegnere, la vostra invenzione mi interessa molto… Potreste dirmi su quale principio è fondata?
— È una cosa semplicissima, signor Cutt-Hardy. Ve lo spiegherò quando saremo in laboratorio.
— Se pure il miracoloso smontatore vi avrà lasciato i pezzi…
— Certo, bisogna fare i conti con questo spirito invisibile… Ma signor Cutt-Hardy, ammirate quale meraviglioso spettacolo…
E l’ingegner Charley, accennava con la mano al paesaggio.
Io spinsi alquanto il capo per ammirare, ma un repentino pentimento mi assalì… Mi ritirai in tempo per sorprendere il mio compagno di viaggio in atto di tentare ancora una volta di metter la mano sotto al cuscino…
Allora credei oppurtuno esclamare:
— Signor ingegnere, è ancora molto lontana la vostra villa?
— Fra dieci minuti vi saremo…
— Vi confesso che sono impaziente di studiare la topografia d’un sito ove succedono fenomeni così meravigliosi…
Intanto non perdevo di vista l’ingegnere, dimodochè i miei sguardi caddero sopra una piccola macchia giallognola sul pollice di Charley.
— Voi fate molto uso di acidi? – domandai col tono della più completa indifferenza.
— No, mai – rispose prontamente l’ingegnere.
Allora ebbi campo di rilevare che il diniego doveva nascondere qualche subdola ragione.
Mentre io cercavo nella mia mente quale fosse questa ragione, l’ingegnere con un atto fulmineo mise la mano sotto il cuscino e ne trasse un oggettino grande come una noce, di metallo bianco, cercando, colla medesima mossa repentina, di mettermelo sotto il viso…
Afferrai il polso dell’ingegnere. La stretta fu così forte che egli fu costretto a lasciar cadere l’oggettino.
Intanto con la mano libera trassi il revolver lo puntai contro l’ingegnere.
— Caro signore, voi siete stato abile, ma non abbastanza…
E mentre l’ingegnere cercava svincolarsi dalla mia stretta, io toccai col piede la noce di metallo caduta in terra.
Compresi subito che essa doveva contenere qualche liquido velenoso o qualche etere micidiale.
Appena urtata la piccola noce io avvertii infatti un leggero odore di cloroformio. Con rapidità aprii lo sportello ed esclamai: – Cocchiere, ferma!
La vettura si fermò. Il cocchiere – che era complice dell’ingegnere nel tentare la mia soppressione – discese cercando d’avventarsi contro di me, ma non fu a tempo. Una palla del mio revolver lo feriva e lo faceva cadere.
Riaprii lo sportello e vidi l’ingegnere ripiegato su di sè, senza moto. Allora alzai il cocchiere, lo gettai nella vettura, montai a cassetta e ritornai, a Boston a denunziare il fatto.
— E chi era questo ingegnere? – domandò un ascoltatore di Cutt-Hardy. – E che ne fu di lui?
— La sostanza colla quale Charley voleva sopprimermi era cloroformio… Naturalmente egli fu vittima delle sue stesse armi… Giunto a Boston, tanto lui che il cocchiere erano privi di vita. In quanto al resto, in pochi giorni si venne ad assodare che Charley era un abile truffatore, capo di una banda magnificamente organizzata, ma che non aveva ancora incominciato le sue operazioni, perchè prima voleva sbarazzarsi del suo nemico più terribile… l’umile narratore… Lo pseudo ingegnere aveva inventata la curiosa storiella per trarmi ad un elegante agguato; la villa non esisteva, come non esistevano la vecchia Margaret e la famosa macchina scomposta da uno spirito invisibile…
— È un vero peccato che la morte abbia tolto dalla circolazione un così abile dissimulatore: egli mi avrebbe procurato qualche graziosa truffa da spiegare.

Fine.


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QUESTO E-BOOK:

TITOLO: La macchina scomposta
AUTORE: Bertinetti, Giovanni [Herbert Bennet]

DIRITTI D'AUTORE: no

LICENZA: questo testo è distribuito con la licenza specificata al seguente indirizzo Internet:
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TRATTO DA: Il rivale di Sherlock-Holmes / di Herbert Bennet. - Torino : S. Lattes e C., 1907. - 163 p. ; 19 cm.

SOGGETTO: FIC022050 FICTION / Mistero e Investigativo / Brevi Racconti