Nel 1915, subito dopo l’ingresso in guerra dell’Italia, Ferrero ha raccolto in volume vari scritti dell’anno precedente e di quello corrente, che avevano per argomento la guerra: articoli, discorsi, corrispondenze. La data spiega anche il titolo: in quel momento la guerra era ancora europea, non mondiale, e non era ancora “la grande guerra”.

Naturalmente non ci si può aspettare un’opera organica, ma la varietà degli argomenti suggerisce spunti interessanti: nei primi Ferrero prosegue il discorso di contrapposizione fra la quantità del mondo moderno e la qualità dei secoli passati che aveva ampiamente sviluppato in Fra i due mondi di pochi anni prima, opera in cui aveva avuto anche parole profetiche per quanto riguarda il rischio di un conflitto generale.

Il primo dei testi presentati, del dicembre 1914, espone le vicende diplomatiche che hanno portato alla guerra, sulla base dei documenti pubblicati dai vari paesi. Per chi fosse interessato ad approfondire, una narrazione più completa ed esaustiva è quella di Corrado Barbagallo: Come si scatenò la guerra mondiale, di qualche anno dopo, di prossima pubblicazione in Progetto Manuzio.

In un saggio successivo, trattando del Belgio, propone un punto di vista originale: l’invasione del Belgio, condotta per ragioni strategiche dall’Impero germanico senza curarsi dei trattati che ne garantivano la neutralità, ha avuto come effetto collaterale quello di mettere in mani tedesche, insieme alle zone occupate della Francia, la regione più ricca di ferro (oltre che di carbone). Se fosse stato mantenuto, avrebbe garantito alla Germania il monopolio della produzione in Europa.

Un successivo articolo, scritto per una rivista americana, ha il pregio di spiegare a chi ne era digiuno la politica del governo italiano negli anni precedenti la guerra: la lontananza geografica del suo pubblico diventa preziosa anche per noi che ne siamo altrettanto digiuni a causa della differenza cronologica. In una nota di questo articolo, si citava con ironia un articolo di Luigi Luzzati, già presidente del consiglio, pubblicato dal “Corriere della Sera” il 29 luglio del 1914, poco prima dello scoppio della guerra, in cui l’autore si dichiarava fiducioso nell’intervento dell’imperatore tedesco Guglielmo II per il mantenimento della pace. Ho recuperato l’articolo dall’archivio del “Corriere”, disponibile ondine, e l’ho aggiunto in appendice al testo elettronico.

Sinossi a cura di Claudio Paganelli

Dall’incipit del libro:

Il 23 luglio del 1914 la Monarchia degli Absburgo, per mezzo di una «nota» diplomatica, chiedeva al Governo di Serbia la riparazione del sangue per la strage dell’Arciduca a Serajevo. Chi non ricorda lo sgomento che assalì l’Europa a leggere quella «nota» famosa? Ma la paura delle Cancellerie nel riceverne copia non fu minore. Non sfuggì loro che l’Austria aveva studiata la più sanguinosa provocazione alla Russia con arte fredda e sottile, poichè, dopo avere per due settimane rassicurate le Potenze della Triplice Intesa che presenterebbe alla Serbia richieste moderate, di sorpresa invece, quando nessuno se l’aspettava, e già i Governi dell’Europa erano tutti sul punto di andare in campagna, chiedeva al piccolo Stato di suicidarsi sulla tomba dell’Arciduca, concedendogli due giorni soli per il sacrificio. Che cosa sarebbe avvenuto, se la Russia non avesse voluto o potuto abbandonare la Serbia al suo destino?
Il 24 luglio l’ambasciatore d’Austria e d’Ungheria a Londra si recava da Sir Edward Grey a portargli la «nota». Nel prenderla dalle mani dell’ambasciatore, Sir Edward Grey non gli fece mistero delle inquietudini che in quel momento pungevano l’animo suo.

Scarica gratis: La guerra europea di Guglielmo Ferrero.