Podcast: Apple Podcasts | RSS
Nella redazione del quotidiano triestino «L’Indipendente», si forgiarono, attraverso 37 anni di attività che passarono attraverso persecuzioni di ogni tipo (484 processi e 1016 sequestri), collaborazioni e legami intellettuali importanti. Tra questi intellettuali vanno ricordati Ettore Schmitz (Italo Svevo), Giulio Cesari, il poeta Cesare Rossi e, appunto, l’autore di questo romanzo, Silvio Benco.
Tre romanzi maturano all’ombra dell’«Indipendente»: due “opere prime” che furono stampate nel 1892: Una Vita di Italo Svevo e il dimenticatissimo Vigliaccherie femminili di Giulio Cesari. Sui rapporti tra questi due romanzi rimando all’interessante introduzione di Cristina Benussi all’edizione Rizzoli di Senilità del 2009. Molto interessante anche, nell’ambito di questo discorso, la recensione che di Vigliaccherie femminili fece Grazia Deledda oggi consultabile anche on line:
http://www.sardegnadigitallibrary.it/mmt/fullsize/2009041420472500075.PDF e soprattutto gli studi del coordinatore culturale del museo sveviano Riccardo Cepach: https://museosveviano.academia.edu/RiccardoCepach.
Il terzo romanzo è appunto La fiamma fredda. Benco lo iniziò nel 1898, dopo aver messo da parte l’abbozzo di Il Castello dei desideri, e lo terminò nel 1902. Aveva deciso di affrontare un tema, quello della volontà, al quale da tempo pensava e che è appunto il tema dei romanzi di Svevo e e di Cesari.
Benco utilizza e ripercorre – come anche nel successivo romanzo Il castello dei desideri – temi, modi, situazioni tipiche del repertorio dannunziano e decadentistico, che, con qualche attenuazione, si ritrovano anche in Nell’atmosfera del sole.
La protagonista di La fiamma fredda è Arsinoe, figlia di Daniele Benazar, commerciante ricchissimo (“incettatore di grani d’America”); Arsinoe è certamente donna volitiva e tenace ma, purtroppo per lei è brutta, senza attenuanti che lei stessa, di fronte alla sentenza dello specchio, non riesce a darsi. La ricchezza familiare sembra aprirle il varco verso il rimedio a questo suo limite: un matrimonio col conte decaduto Consalvo Vanderra, e un figlio. Ma perseguire il convenzionale ideale femminile di moglie e madre non le è di giovamento: il figlio (la cui nascita è la scena di apertura del romanzo) è anch’egli brutto, pallido e malaticcio. Ed ecco che la “volontà” della donna riemerge e lo scopo da perseguire è quello dell’ascesa sociale; per ottenerlo sfrutta le sue doti di seduzione. Seduce il noto poeta Mariano Ruda e per farlo adopera una sorta di provocazione intellettuale, esortandolo a cogliere, attraverso i suoi versi, il bello autentico, non percepibile da chiunque. E questo bello autentico, che in genere l’uomo non riesce ad osservare, è la singolare bruttezza di Arsinoe. In questo modo riesce ad attivare un paradossale personaggio da femme fatale e da brutta diventa interessante, dotata di un fascino enigmatico. Aumentano gli spasimanti e a Ruda si affiancano il pittore Vansal, giovane, e il generale Mentier, attempato. Quest’ultimo viene indotto a cercare un varco nell’avanzamento sociale offrendosi di domare una rivolta popolare; durante questa rivolta Arsinoe viene ferita leggermente intercettando una pallottola diretta al re. Mentier furibondo incrudelisce inutilmente sui rivoltosi e viene messo da parte sia dalla corte che da Arsinoe che è ormai vicina ad essere la favorita del re.
Il romanzo si chiude con la morte del bimbo, che nel primo capitolo abbiamo visto nascere, senza il conforto del bacio materno e circondato dalle convenzioni più vuote e dal pianto del vecchio Daniele Benazar.
Tornando, per concludere, a quello che accomuna i tre romanzi maturati all’ombra del quotidiano «L’Indipendente», sono colpito da come viene affrontato il rapporto tra la donna e l’arte. In tutti e tre i romanzi viene portato l’argomento che la donna non pare fatta per l’arte, la filosofia, la cultura. In La fiamma fredda, che presentiamo adesso, è tramite Mariano Ruda che questa opinione viene alla luce: “Non era ignota a Mariano Ruda la presunzione dell’ingegno feminile d’impersonarsi in ogni più vasto argomento e talvolta, nell’ipocrisia d’un detto garbato, aveva occulto malamente il disgusto per le sofisticatrici pettegole. Della donna filosofante aveva scritto molto male nei suoi libri di prosa.” Di contrasto, alla indomita volontà femminile alla quale ho accennato, fa da contraltare la singolare inettitudine di tutti i personaggi maschili.
Credo che sia un aspetto importante che aiuti a valutare e comprendere l’evoluzione della posizione femminile nell’ambito del consolidamento della società capitalista di inizio novecento.
Sinossi a cura di Paolo Alberti
Dall’incipit del libro:
Aperti tutti i battenti, fra i candelabri, fra i tappeti, fra gli arazzi, fra le batterie di cianfrusaglie sovra le mensole, fra i cristalli, fra i bronzi, fra i cuoi che si dividevano il poco spazio delle pareti piccine, nelle fughe di stanze chiaroscure terminanti al fondo prospettico d’una porta chiusa, la cameriera, la fantesca, la cuoca, il domestico, lo staffiere, il cocchiere, il mozzo di stalla, ciascuno con emblemi della particolar sua fatica dimessa appena, spadroneggiavano, vagolando, imbattendosi, ricambiando parole a voce bassa, come in un giorno di disordine sociale e di smarrimento di forze attive nell’ozio. Voci basse, cautele di passi attutiti; e un rispetto di quella porta inviolabile chiusa nel fondo. Del resto un andare e venire che era incongruente e sembrava faccenda. Gli oggetti stessi, inchiodati ai muri, ciondolanti, posati, adagiati sui tavoli, nelle combinazioni decorative dell’appartamento, avevano uno strano estro di cose mobili che in quell’andirivieni si sarebbero mosse. Le ombre ambulanti le animavano. Ogni batter di gonna irritava i tappeti come vento.
Su le fisonomie dei servi una circospezione grave si armonizzava ai reticenti bisbigli. Per quelle porte chiuse, e per ciò che si compiva dietro quelle porte, e per la bizzarria di trovarsi ivi riuniti, inerti e inosservati, con ogni licenza d’almanaccare, le loro attitudini apparivano meravigliate d’essere troppo insolite.
Scarica gratis: La fiamma fredda di Silvio Benco.