Il tram del Carrobbio, di Mosè Bianchi di Monza (late 19th century).
Courtesy Gallerie Maspes, Milano


Libro di racconti, letteratura di viaggio, guida della città, libro di memorie, omaggio letterario ad una città. Difficile dare una definizione esatta. La carrozza di tutti, che ‘fotografa’ Torino nel 1896, edita per i tipi di Treves nel 1899, è tutto questo.

La carrozza o carrozzone o tranvai – giardiniera nella bella stagione – è il mezzo di trasporto a cavalli su binari assicurato dalle due società – la Società Torinese e la Società Belga – che gestiscono il trasporto pubblico a Torino sul finire dell’Ottocento e che a breve sarebbe stato sostituito dalle tranvie elettriche. La carrozza, attiva dal 1871, è descritta da De Amicis con arguzia, humour e profondità come rappresentazione della vita, piccolo teatro della commedia umana, in un modo così tanto pittorico da farci quasi scorrere davanti agli occhi una carrellata di minuziosi quadri di genere.

L’Autore pone spesso l’accento sul fatto che la carrozza sia proprio ‘di tutti’: massima istituzione democratica ed educativa, scuola ambulante di cortesia e di relazioni sociali, ‘gran palestra di civetteria’, luogo per riallacciare le amicizie, per intessere e concludere amori, …

Essa è ‘governata’ dal cocchiere e dal fattorino, massime autorità sul mezzo, con sporadico concorso esterno del controllore. Già loro sono i tipi umani di questa narrazione, descritti nella loro umanità ma anche nelle loro eccentricità: Giors, Tempesta, Carlin, il marchese …

Ci sono i passeggeri: la bellissima figura di Donna Chisciottina, gli sposi di borgo San Donato, Taddeo e Veneranda, la ‘vergine morta’, l’amico pittore, Tintura-Migone, l’amico-nemico-amico SiaPure, il lattoniere ‘autodidattico’… dei quali è inevitabile seguire con partecipazione le vicende nel corso di tutto l’anno.

L’Autore individua alcune categorie esatte che distinguono vari passeggeri: ci sono i ‘tranvaiofili’ che sanno tutto sui tram, conoscono i nomi di tutti i cocchieri, fattorini e cavalli, e parteggiano fanaticamente per la Società Torinese o per la Società Belga; gli ‘erotici’, che osservano con cura, e spiano le passeggere e magari ne cercano il contatto e quasi prendono la tranvia solo per quello; gli ‘sbeffatori della villeggiatura e dei villeggianti’ che, arrivata l’estate, godono della città deserta dalle ‘giardiniere’, la versione estiva aperta della carrozza….

E poi ci sono le bellezze che sembrano uscite dai quadri di Boldini, i poveri amanti, gli sfrontati, le madri orgogliose … la Torino del centro e delle periferie, i ricchi e i derelitti, i buontemponi ed i travet, l’umanità e la sgarberia.

Il racconto si svolge nell’arco dei dodici mesi dell’anno 1896 e fanno capolino nella tranvia, portati dalle letture dei quotidiani e dai commenti dei passeggeri, gli eventi storici come la ‘guerra d’Africa’ (la guerra di Abissinia o campagna d’Africa orientale, combattuta tra il dicembre del 1895 e l’ottobre del 1896 tra il Regno d’Italia e l’Impero d’Etiopia) o la politica nazionale e internazionale che diventano chiacchiere di tram. A maggio si discute, favorevoli e contrari, della celebrazione della festa del 1° maggio, che era stata istituita in Italia da pochissimi anni, nel 1890.

La carrozza a cavalli – se ne parla in consiglio comunale – sarà forse sostituita dai tranvai elettrici. E allora De Amicis ci regala un vero cameo: ad ottobre l’elegante Galileo Ferraris, l’ingegnere e scienziato incaricato dal Comune di studiare il progetto, compare come passeggero nella ‘carrozza di tutti’ per studiare in anonimo le possibili reazioni popolari al cambiamento. Ahimé, neanche quattro mesi dopo sarebbe morto appena cinquantenne.

L’idea di questo cambiamento fa immaginare ad alcuni passeggeri delle visioni così avveniristiche della bella Torino da paragonare quasi ai fotogrammi della Metropolis di Fritz Lang (1927).

La vera onnipresente protagonista de La carrozza di tutti è proprio Torino, nel mutare delle stagioni, con le sue ampie strade che terminano con la visione splendida delle Alpi e del Monviso, i suoi parchi, il Valentino, i suoi monumenti, la mole Antonelliana, …, una Torino descritta con il più grande affetto da un torinese d’adozione.

Cerea!

Sinossi a cura di Libera Biblioteca PG Terzi APS (Claudia Pantanetti)

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Dall’incipit del libro:

Gennaio.
Era il primo di gennaio del 1896. Salii la mattina sul tranvai del corso Vinzaglio, in via Roma. Per tutto il tragitto, di là a via Garibaldi, fu un continuo salire e scendere di signore e di signori, che pareva si fossero dati convegno nel carrozzone, poiché dentro e sulle piattaforme, all’entrare e all’uscire, era uno scambio di saluti, d’inchini, di levate di tuba e d’auguri, come in una sala di ricevimento. A metà di via Garibaldi vidi dentro un quadretto curioso. Stava seduta nel mezzo una contadina tarchiata, col fazzoletto in capo e un grosso involto di cenci sulle ginocchia; di fronte a lei una ragazza del popolo, col capo nudo e i capelli corti, un viso mal lavato di monella, vestita poveramente; e tutt’intorno signore e signorine elegantissime, indorate e impennacchiate, che ad ogni aprirsi dei battenti a vetri mandavan fuori un’ondata d’odori fini come da una bottega di profumiere. Mi maravigliai di non aver mai badato, in tanti anni, ad alcuno di quei contrasti sociali che pure sono così frequenti in quei carrozzoni; nei quali soltanto, non essendovi separazione di classi, può accadere che gente del popolo infimo si trovi per qualche tempo a contatto con gente della signoria, con tutto l’agio d’esaminarla, di fiutarla e di ascoltarne i discorsi. Osservai curiosamente allora l’attenzione viva e continua con cui quella contadina e quella ragazza esaminavano le loro vicine, dalle ciocche di fiori dei cappelli alle cernierine dorate dei guanti, tastando quasi con gli occhi le stoffe e le pelliccie, il portamonete dell’una, il libretto da messa dell’altra, e il loro modo d’alzarsi e di sedere e ogni più piccola mossa e quasi ogni piega che facesse il loro vestito; un’attenzione insistente, seria, scrutatrice, come se avessero avuto davanti creature piovute da un altro mondo. Da quell’osservazione uscì come un lampo nella mia mente. Cercai, ritrovai nella memoria altri quadretti simili a quello, e diversi, e d’un significato profondo; mi ritornarono alla mente scene, incontri, conversazioni, piccole avventure allegre e tristi, che non si possono dare che in quella specie di carrozza democratica, dove tutte le classi continuamente si toccano e si confondono; mi sfilò davanti una processione di personaggi che conoscevo soltanto per aver fatto delle “corse„ in loro compagnia, coi quali non avevo mai parlato che sulle piattaforme, e che formavano per me come [una famiglia a parte di compagni abituali di viaggio; e mi suonò dentro un’esclamazione che per poco non mi sfuggì dalla bocca: – To’…. uno studio…. un libro…. la carrozza di tutti!

Scarica gratis: La carrozza di tutti di Edmondo De Amicis.