Pubblicato la prima volta nel 1899 e primo romanzo di ampio respiro di Edoardo Calandra, La bufera è considerato il suo capolavoro. Una seconda edizione ampiamente rivista venne pubblicata nel 1911. L’opera, in entrambe le edizioni, ebbe scarso successo di critica, ma nello stesso 1911 Benedetto Croce, in un articolo de La Critica (poi confluito nel III volume de La letter**atura della n**uova Italia, Bari 1964) scrisse assai positivamente di Calandra e dei suoi lavori. Il filosofo anticipò l’articolo allo scrittore piemontese con una lettera datata 24 febbraio 1911:

«Mi dolgo con me stesso di aver tardato tanto a fare la conoscenza di un così semplice, solido e onesto scrittore.»

L’11 luglio Calandra risponde da Murello, suo buon ritiro, e la lettera è pubblicata da Croce nel suo scritto Dalle Memorie di un critico:

«Ho assaporato frase per frase il suo articolo, così meditato, così profondo, e pieno di tante cose che mi meravigliano e mi commuovono. Ella mi ha procurato una delle gioie più schiette e più intense ch’io abbia provate in questi anni. Non voglio tardare a ringraziarla e non so… non ho mai saputo ringraziare».

Calandra, già da tempo malato di cuore, sarebbe morto a Torino poco tempo dopo, il 28 ottobre 1911.

Il romanzo è ambientato in Piemonte al tempo della campagna d’Italia, tra il 1797 e il 1799, e ha la struttura di un ampio affresco storico. Nelle intenzioni dello scrittore era realizzare una ricca costruzione narrativa nella quale dar vita alle sue passioni ed interessi principali: la storia, in particolare quella piemontese, fonte di tante straordinarie cronache famigliari; la conoscenza del territorio ben noto ed amato fatto di monti, valli, castelli, boschi e piccoli paesi, dove la vita è scandita dalle visite tra vicini, il lavoro dei campi, la caccia; l’interesse, quasi la curiosità, per il nuovo che sta avanzando; il collezionismo delle antichità ma anche dei piccoli oggetti di ogni giorno.

La vicenda dell’amore e dell’infinita attesa tra i tre personaggi principali, Liana, Luigi Ughes e Massimo, esponenti di due famiglie, i borghesi Ughes-Oliveri e gli aristocratici Claris, s’intreccia continuamente con gli eventi storici. Ma Calandra qui non è interessato alle lotte della politica; soprattutto sono estranei alla sua opera i salotti mondani e i piaceri della città; non parteggia né per il nuovo che avanza né per la monarchia e per un patriottismo ancora tutto da venire. Tuttavia traspare nel romanzo un rilievo a contrasto tra la declinante aristocrazia e la borghesia che sorge, e non mancano sottolineature fortemente ironiche sui costumi dei nobili decadenti riportati a bozzetti di gusto settecentesco. L’ambiente e gli avvenimenti, anche se in essi traspare il disagio della transizione dalla civiltà preindustriale alla società industriale, sono solo lo scenario in cui si compie il dramma delle donne e degli uomini. Il Piemonte dipinto ne La bufera è “quello che variamente respinse o accolse la rivoluzione francese”, come scrisse Croce:

«Qui, tra i francesi invasori, i reggimenti del re facenti buona resistenza, i giovani simpatizzanti coi francesi, i «barbetti», le masse reazionarie dei contadini, gli eserciti stranieri austro-russi, tra gentiluomini devoti all’antico regime e borghesi novatori, eroismi dall’una e dall’altra parte, vittime dall’una e dall’altra parte, tra un mondo vecchio che cade non ignobilmente e il nuovo che sorge bagnato di sangue, egli [Calandra] ama indugiarsi. […] Il lettore si trova in mezzo all’agitazione, al disordine, al trambusto, al furore, alle battaglie, menato di qua e di là come i personaggi stessi dei racconti, vedendo non piú di quello che essi riescono a vedere, non mai il panorama dall’alto come può lo storico, ma gli aspetti isolati e accidentali che soli possono scorgere gli attori e i testimoni, chiusi nella loro cerchia particolare, fissi al loro posto o moventisi in una linea breve. Entra ed esce dalla mischia non quando l’atto storico comincia e finisce, ma quando s’inizia e si conchiude il dramma passionale inserito su quello.» (B. Croce, cit.)

Calandra non ci concede nessuna introduzione / spiegazione storica: abbiamo solo da leggere ed essere trascinate/i nella bufera, seguendo la vita e i drammi dei personaggi. Calandra stesso rilevò una qualche disomogeneità nell’opera – qui stiamo presentando la prima edizione de La bufera, quella del 1899 – che lo spinse ad un’ampia revisione del romanzo, edita nel 1911, e che ci auguriamo di pubblicare anch’essa in Liber Liber.

La RAI ha prodotto nel 1975 uno sceneggiato da La bufera di Calandra, con la regia di Edmo Fenoglio e con interpreti principali Massimo Foschi, Marilù Tolo, Gabriele Lavia e Gipo Farassino.

Sinossi a cura di Claudia Pantanetti, Libera Biblioteca PG Terzi APS

Dall’incipit del libro:

Quando nel gran mondo torinese di cento anni fa, si veniva per caso a discorrere del castello e del parco di Racconigi, accadeva spesso di sentir soggiungere:
‒ Anche i Claris hanno una bella campagna da quelle parti.
Però il marchese Enrico Costa de Beauregard, che nel 1796 scriveva: ‒ Raconis est un des plus beaux lieux du monde ‒ non avrebbe potuto in buona coscienza dir altrettanto di Robelletta. Rari amici e conoscenti si recavano a visitare la contessa al tempo della villeggiatura; e la villa di casa Claris, meglio che a questi pochi, doveva forse la sua fama ai molti che non vi erano mai stati.
Tenendosi in Polonghera, sulla fine del secolo XVII, la grossa gabella del sale proveniente da Nizza, mentre se ne mandava una grossa parte a Torino sui barconi del Po, con l’altra si provvedeva, per mezzo di carri, Murello, Racconigi, Cavallerleone ed altri comuni vicini. La strada per cui passavano questi carri è detta anche oggidì strada del sale.

Scarica gratis: La bufera di Edoardo Calandra.