Giuseppe D’Emilio intervista Demetrio Paolin, autore del saggio Una tragedia negata, vibrisselibri, 2006.
Qui la presentazione del libro e la possibilità di scaricarlo gratuitamente: http://www.vibrisselibri.net/?p=10
Parlaci di te, della tua formazione, del tuo lavoro, dei tuoi interessi…
Io nasco mediano d’attacco con una certa esuberanza nei comportamenti e, quando vivi per tanti anni un piccolo paesino del Monferrato (Castell’ Alfero), tutto ti porta a pensare che esuberanza è creatività. Così mi sono messo a raccontare le partite che giocavo a calcio, scrivendole sulla macchina da scrivere di mio cugino, che s’era ritirato da ragioneria. Alla fine ho smesso di giocare a calcio e ho continuato a pigiare i tasti. Più che altro leggevo all’inizio Leopardi e poeti francesi. Fino ai 18/19 anni ho letto molta poesia. Poi mi sono letteralmente innamorato degli scrittori della mia terra: Pavese e Fenoglio. Poi l’università, Lettere e Filosofia, sotto il magistero di Marziano Guglielminetti, mi ha fatto conoscere e interessare ad una serie di problemi legati all’autobiografia e al racconto dell’Io. Lì è maturata la mia scelta di fare una tesi sulla letteratura concentrazionaria e su Primo Levi. Durante gli studi ho sempre fatto il giornalista, cronaca nera e giudiziaria, dopo la laurea ho continuato a fare il giornalista e sono diventato l’ufficio stampa della CISL di Torino.
Come mai hai deciso di scrivere un saggio sugli anni di piombo?
Io sono nato del 1974. Credo che l’interesse per gli anni Settanta sia dovuto alla volontà di capire in che mondo e società sono venuto al mondo. È una ricerca di radici, in un certo senso e, come racconta Primo Levi, la ricerca delle proprie radici è sempre qualcosa di oscuro. A questa curiosità , diciamo, da origine si è aggiunta la frequentazione di sindacalisti che i Settanta li hanno vissuti sulla propria pelle. Per molto tempo, quasi involontariamente, ho sentito esperienze, sprazzi di vita e confessioni. Il tutto è esploso con l’omicidio di Marco Biagi e la sua commemorazione a Torino (l’episodio lo racconto anche nella postazione a Una tragedia negata): lì ho sentito un malessere che confusamente si faceva strada in me. Inizialmente ho provato a raccontarlo scrivendo qualcosa di mio, poi ho capito che non era questo il taglio da dare al libro. È nata con il passare degli anni, ce ne sono voluti quasi cinque, questa idea di un saggio che avesse un andamento narrativo, che cercasse di coniugare il rigore della ricognizione letteraria con la volontà di racconto. Mi pare di esserci riuscito, ma credo anche che Una tragedia negata non ha esaurito il mio interesse per questi anni, anzi. Io vedo questo libro come un inizio di un progetto più lungo.
Non sono uno storico del periodo, ma mi pare di poter dire che il tuo saggio contenga una tesi nuova, non ancora esplorata… Filippo La Porta, del resto, nell’introduzione al tuo testo, si chiede come mai la nostra narrativa non abbia saputo raccontare in modo adeguato la stagione del terrorismo…
Gli anni Settanta sono stati anni decisivi e incisivi per la nostra società. Sono stati anni tremendi e pieni di sangue, ma sono anche un decennio di rivendicazioni economiche e sociali fondamentali. L’incisività degli eventi non si è riversata sulle pagine. Quello che sostengo nel saggio è che a molti di questi romanzi è mancata la volontà di rappresentare la tragedia, di usare gli strumenti della tragedia per rappresentare gli avvenimenti. Io sono convinto che sia il genere tragico meglio di altri a poter ‘il vero’ sugli anni Settanta. La strategia messa in campo dagli scrittori invece ha privilegiato qualcosa di più consolatorio; e questa opzione la si può vedere realizzata in diversi modi attraverso la rappresentazione di un universo familiare, il silenzio sulla violenza compiuta, privilegiando quella subita, la cancellazione del nemico.
Mi è piaciuta l’epigrafe di Leopardi, dal Dialogo di Tristano e di un amico: «Perché in sostanza il genere umano crede sempre, non il vero, ma quello che è, o pare che sia, più a proposito suo».
L’ho messa proprio perché indica qualcosa di tipicamente italiano: ovvero questa tecnica della consolazione di cui ti dicevo nella risposta precedente. Leopardi smaschera questo tic e io nel mio piccolo ho voluto mettere in luce questo vizio nella forma delle diverse narrazioni. Nella mia testa quando andavo componendo Una tragedia negata mi piaceva pensare al libro come ad una grande operetta morale.
Come mai hai scelto di pubblicare la tua opera con vibrisselibri?
La scelta di pubblicare per vibrisselibri è stata una diretta conseguenza della genesi dell’opera. Ho pubblicato i primi timidi ragionamenti su vibrissebollettino (http://www.vibrissebollettino.net); erano ipotesi di capitoli nati dalla discussione con Giulio Mozzi, che credeva nella bontà di quello che andavo dicendo. A lui e a Filippo La Porta devo il fatto di non aver abbandonato il progetto in itinere. Quando poi mi sono trovato davanti il saggio concluso, la scelta di vibrisselibri mi è sembrata la più adatta. Una tragedia negata è un libro decisamente sui generis nel panorama saggistico sia per la tesi che propone sia per il modo in cui la sviluppa. Difficilmente una casa editrice cartacea tradizionale avrebbe ‘rischiato’ pubblicando un libro così; io sentivo, però, l’urgenza di dire queste cose e di farle leggere. La Rete mi è sembrato un luogo più che adatto. E le statistiche degli scaricamenti hanno dato ragione alla scelta di Giulio e degli altri “vibrisselibrai”.
Del resto, sei molto attivo in Internet…
Sì. Ho un blog (http://disturbopostraumaticoamaro.blog.tiscali.it/); ho creato insieme ad un amico, per ironia, per non prendersi troppo sul serio, un Fondo Paolin (http://fondopaolin.wordpress.com/) e poi collaboro con vibrisse bolettino e bottega di lettura e sono nella redazione di BombaSicilia (http://www.bombasicilia.it). Per me Internet è stato molto importante. Tramite la Rete, sono stato notato dalla Untitled che ha pubblicato il mio romanzo Il pasto grigio, ma è stato importante perché mi ha costretto (in modo benevolo) a ragionare sul mio scrivere e sul mio scrivere ‘pubblico’. Credo che senza la quotidiana esperienza in Rete Una tragedia negata sarebbe stata un libro molto diverso o non avrebbe mai veduto la luce.
Il tuo saggio, pur non essendo ancora in forma cartacea, è stato recensito dal Corriere della sera, hai partecipato a convegni…
Questo significa in primo luogo che una parte della scommessa di Mozzi e di vibrisselibri è stata vinta. Una tragedia nagata è stato recepito dai giornali (oltre al Corriere, anche Luca Telese su Il Giornale; Il riformista ha dedicato due pagine al saggio il giorno dell’uscita) come un libro vero e proprio. Sono stato invitato all’Università di Pisa e all’Università San Raffaele di Milano, senza contare le presentazioni in giro per lo Stivale. Il libro tocca un nervo scoperto della nostra storia, certo lo tratta da una angolazione insolita, la critica letteraria, ma alla fine incide su problematiche che sono al centro del dibattito e patrimonio di tutti.
A che punto sono i contatti con gli editori cartacei?
Ci sono stati interessamenti e contatti, ma per ora tutto è ancora in una fase di studio. Mi sembra, però, importante ribadire ancora una volta come questo libro abbia già avuto una buonissima circolazione, e di questo io e l’editore, siamo molto soddisfatti. Se il saggio si farà carta, vorrà dire che la scommessa di vibrisselibri è stata vinta completamente.
Noi di Paginatre abbiamo avuto l’opportunità di intervistare Luca Rastello (https://paginatre.it/?p=163), autore di Piove all’insù, romanzo di cui parli in Una tragedia…
Penso che quello di Rastello sia uno dei romanzi più belli che ho letto e studiato per il mio saggio, insieme a quelli di Villata e di Cimatti. In questo modo vorrei anche chiarire un equivoco, la tesi del saggio sostiene che questi libri, eludendo la tragedia, hanno mancato il bersaglio, ma ciò non vuol dire che alcuni dei libri da me studiati siano brutti, anzi. Ora alcuni di questi hanno una serie di difetti di trama, di costruzione, di fabula e intreccio, ma ad esempio i tre che ho citato sono libri che consiglierei a chiunque di leggere. Detto questo, è vero che come critico io sono molto esigente…
Progetti?
Continuo a scrivere le mie nugae e racconti e dal punto di vista di studio mi piacerebbe iniziare a lavorare sull’autobiografia. Lo stato attuale del progetto è: tante idee in testa, molti schemi su fogli di Word e qualcosa, ma molto poco, di scritto.
Libri di Demetrio Paolin in vendita presso la libreria online Webster, partner di Liber Liber:
Il pasto grigio, Untitled Editori, 2005: http://www.webster.it/BIT/8860240026/ASI/337441
Mi sono suicidato di già, Stylos, 2003: http://www.webster.it/BIT/8887775206 /ASI/337441