La seduta plenaria odierna (30/10/2006) dell’Internet Governance Forum sul tema dell’Openness (gli altri temi riguardano:Security, Multiculturality e Access), ha costituito la migliore spiegazione del significato e del senso del Forum che l’ONU ha promosso annualmente e per cinque anni: il prossimo sarà in Brasile, a Rio nel 2007. Dopo i summit mondiali di Ginevra e Tunisi, con le loro tribolate risoluzioni finali dopo infinite mediazioni governative, l’Internet Governance Forum, prevede la partecipazione a pari dignità di tutti i portatori di interessi che hanno a che fare con la rete, i cosidetti multistakeholders, non ci sono state conferenze preparatorie e non sono previsti documenti ufficiali, che pur sono auspicati.

La discussione dei temi legati all’Openness, in particolare ai diritti in rete, con un panel composto da rappresentanti dei governi, delle imprese e delle ONG e di associazioni come Creative Commons, cui potevano rivolgere domande tutti gli accreditati in platea filtrati da Nik Gowing, giornalista della BBC, moderatore rigoroso e plurale, ha consentito di mettere a fuoco questioni essenziali chiamando direttamente in causa le parti interessate. Così è finita rapidamente al centro della discussione la vicenda che ha visto alcune delle principali corporations del digitale, come Microsoft, Yahoo, Cisco, Aol, Google, collaborare con il Governo della Cina all’individuazione di navigatori e bloggers che usavano parole quali ” libertà, partecipazione, democrazia”. Lo stesso Ministro Greco ha dovuto rispondere con goffo imbarazzo alla domanda relativa all’arresto di un blogger greco effettuato in questi giorni.

Vint Cerf, uno dei padri di Internet, a nome di Google, ha precisato che Google ha preferito autocensurarsi rispetto alla richiesta di alcune parole/tematiche rispondendo sullo schermo che in quel caso il Governo cinese vietava, piuttosto che collaborare all’identificazione di coloro che digitavano quelle richieste. Cerf ha altresì precisato che Google ha rifiutato la stessa richiesta di identificazione avanzata dal Governo Bush. Mentre anche Richard Sambrook, direttore delle Global News della BBC, denunciava l’oscuramento del proprio sito in Cina a causa della rifiutata collaborazione con il Governo, Art Reilly di Cisco e Fred Tipson di Microsoft, giustificavano il loro comportamento con la necessità di rispettare le regole del paese in cui volevano fare affari.

Ricordo che la Cina in pochi anni è passata da 80.000 utenti internet a 130 milioni alimentando appetiti disposti a tutto. Mentre la parlamentare europea Catherine Trautmann, già Ministro della Cultura Francese, ha sostenuto il diritto alla libertà di espressione che lo stesso Parlamento Europeo ha sancito con una Dichiarazione lo scorso Luglio, Il Rappresentante della Repubblica Popolare Cinese ha negato qualsivoglia restrizione da parte del suo Governo, preoccupato della tutela dei bambini dalla pornografia e della tutela dei turisti, dimenticando che un anno fa ha chiuso 12.500 blog perché non conformi alla morale socialista (sic!) mettendo poi in carcere i giornalisti che lo avevano denunciato. Suo malgrado, ricordava così Martin Feldmann in Frankestin Junior che rispondeva all’indicazione di Gene Wilder “Gobba? Quale Gobba?”.

Joy Hito di Creative Commons ha richiamato la platea a tener conto della situazione contraddittoria nella quale si trovano ad operare le imprese, è qui che alcuni interventi hanno posto la questione di una cornice di regole cui riferirsi.Un puntuale intervento dalla platea ha ricordato che oltre alla Cina e all’Iran, anche il nord del mondo conosce restrizioni significative della libertà attraverso la rete come nel caso del Patriot Act Statunitense. Come non ricordare l’uso estensivo del Patriot Act, fuori dalla giurisdizione nordamericana, con il sequestro del server di Indymedia in Inghilterra nel nome della lotta al terrorismo. Si è messo così in evidenza il rischio di una miopia e di uno strabismo da parte occidentale, mentre la “rete delle reti” tutto connette e tutto mette in discussione. È cascata a fagiolo la proposta della Sottosegretaria all’Innovazione Beatrice Magnolfi di promuovere ed ospitare in Italia nella prossima primavera, una Conferenza Internazionale sull'”Internet Bill of Rights” su una Carta dei Diritti per la Rete.

Proprio a questo tema è dedicato uno dei trenta Workshop selezionati dall’ONU per il Forum di Atene. È il tema che insieme a Stefano Rodotà, e a migliaia di firmatari nel mondo, avevamo lanciato prima del summit di Tunisi con il manifesto “Tunisi mon amour”, e pone la questione dei diritti individuali come questione universale, quindi non relativizzabile. È proprio a partire dalle libertà individuali che gli organismi internazionali e le realtà governative che concorrono alla definizione della governance di Internet possono definire delle modalità ufficiali di coordinamento al fine di armonizzare e rendere coerenti le risoluzioni ONU sui diritti dell’uomo, piuttosto che dell’Unesco sulla condivisione della conoscenza.

Come vedete è in atto un processo complesso e contraddittorio, probabilmente non breve, che vede ormai coinvolte e compromesse le esperienze pubbliche insieme a quelle private e della sussidiarietà, l’esattto contrario di ogni unilateralismo.

Un saluto da Atene,
Fiorello Cortiana (membro della delegazione italiana).