L’Internet Governance Forum di Atene è partito. E nessuno sa dove potrà atterrare. Dopo i saluti di rito della cerimonia d’apertura infatti, la giornata è stata dominata dalla discussione sul significato del meeting e sul valore dell’approccio multistakeholder al dibattito sui temi in agenda: lo sviluppo di Internet e il suo governo.

Nel pomeriggio, un nutrito panel di relatori, (quasi tutti maschi), con il contributo di circa 500 convenuti da ogni angolo del pianeta, ha tentato di delimitare i campo d’intervento del forum e di stabilire l’agenda dei giorni successivi, partendo dalla definizione della Internet Governance. Già, il governo di Internet non ha lo stesso significato per tutti. Per qualcuno è un fatto tecnico e non di contenuti, per altri è un’emergenza democratica, per alcuni una minaccia, per molti un’opportunita che, è stato detto, non va eccessivamente politicizzata. L’mpressione generale è però che nel definire i contorni dell’argomento di dibattito i vari soggetti abbiano gareggiato a fissare ciascuno i propri paletti e a misurare le intenzioni del vicino. Perciò di fronte alle ragioni della diplomazia – al tavolo erano rappresentati governi, associazioni non profit ed enti di ricerca – a poco è valso il pressing del giornalista dell’economist, Kenneth Cukier, animatore dell’incontro pomeridiano, per riportare il discorso sul tema dell’Icann e della gestione dei nomi di domini, il vero casus belli che cova sotto la cenere del meeting.

Nel campo di calcio dell’Apolloni Palace Internet ha dimostrato ancora una volta di più di essere una tecnologia che rimescola tutto in maniera totale e impredicibile diventando oggetto di discussione anche fra alleati. Fra chi paventa un clash di culture e chi ha parlato di uno scontro di idee su quella che deve essere la forma della Internet, le opinioni erano assai diverse. Per il rappresentante cinese, che ha rivendicato all’ «interventismo liberale» del suo governo il vero impulso alla diffusione della rete in Cina, il forum è un’utile occasione di confronto; per l’ iraniano Riazi la gestione di Internet dovrebbe essere democratica e multilaterale e il forum dovrebbe concentrarsi sulle questioni tecniche relative ai nodi della rete, dei DNS e dei root servers e non occuparsi d’altro; mentre per l’americano David Gross che ha ripetuto l’apologia dello status quo della rete, il valore di Internet che viene dalla competizione fra soggetti diversi dipende certo dal contributo della società civile e dei privati ma necessita dell’intervento abilitante dei governi. Allegorie, nel significato del greco antico, parole che dicono altro, e dicono di visioni diverse della Internet di oggi e di quella futura. Perciò, in un contesto che promuove il metodo del consenso non poteva mancare l’intervento risolutore della rappresentante dell’Internet Society, Lynn St.Amour che ha tenuto a precisare che dal forum non devono uscire racomandazioni, ma ben altro, e cioè una nuova idea di cooperazione. Certo tutti sono d’accordo che nei suoi appena 33 anni di vita Internet è divenuta una infrastruttrura globale di valore incrementale grazie alla semplicità della sua architettura e alla cooperazione di utenti, ISP, programatori che l’hanno trasformata in uno strumento immaginifico che ci fa sognare un mondo dove tutta la conoscenza disponibile sia a distanza di un click, ma, va sans dir, che che questo sogno non riguarda tutti. E di certo non solo perché c’è chi abusa della rete facendone uno strumento di propaganda e di violenza, uno strumento con cui consumare truffe e crimini indicibili verso i minori, ma perché il suo scopo, quello di connettere tutti non è stato ragiunto. Internet non è accessibile a 5 miliardi di persone ed è questo il problema che va affrontato a più livelli, come Internet che funziona a più livelli – fisico, tecnico, politico, legale – e con la cooperazione di tutti in ambito locale, nazionale e transnazionale, ha detto il papà di Internet Vinton Cerf. Che ha però ribadito, soccorrendo l’ambasciatore americano David Gross dall’affondo iraniano, che se la competizione è un valore in molti campi, nel caso dell’Icann questo generebbe ambiguità, proprio ciò che va evitato. Tradotto: è inutile pensare a un organismo diverso o affiancato all’Icann, avremmo comunque bisogno di un soggetto terzo che vigili su entrambi.

Forse per questo la parola d’ordine che ha tirato la volata agli ultimi interventi della fase di discussione è stata «Sviluppo»: che significa accesso, inclusione, connettività, ma anche tutela della diversità e del patrimonio culturale. Internet come strumento per raggiungere i millenium goals: sradicare la povertà e dare a tutti un futuro di pace e democrazia. Chi può non essere d’accordo?

“Missione: disegnare il futuro di Internet”
L’Unità
31 ottobre 2006