L’attività poetica non era certo per Eugenio Garzolini al centro dei suoi interessi. Non c’è molto da aggiungere a quello che lui stesso scrive nella breve prefazione:

«il verseggiare è sempre stato per me anche un bisogno e insieme un conforto; ma con questo il lettore non ci ha che vedere»
[…]
«per chiedergli [al lettore] se prima d’ora gli è mai capitato d’imbattersi in un libro di versi come questo, dove gli sdruccioli si seguissero con tale… accanimento».

Infatti la prima cosa che si fa notare con estremo vigore è l’uniformità metrica con un scelta, che non so se può dirsi davvero felice, del settenario sdrucciolo, che dopo poco risulta monotono.

L’argomento dei quattro poemetti (Primavera, Estate, Autunno, Inverno) è piuttosto personale e poco coinvolgente. Apprendiamo degli atteggiamenti del poeta nelle diverse stagioni. S’alza presto a primavera e si beve una chicchera di latte e subito dopo una corsa in bicicletta; d’estate raccoglie “gli stanchi vanni” e si apparta, abbandonando Trieste, sulle colline venete all’ombra dei frassini. Ma la povertà e lo scarso interesse del contenuto (verseggia per suo bisogno, appunto…) è tuttavia rivestito di una forma corretta che produce un verso vario ed elegante, che scorre con celerità e spontaneità. Alla povertà di contenuti si compensa così con la varietà dei toni che passano dal gioioso, talvolta ironico, ad aspetti decisamente più seri e pensosi. Lo stile talvolta eccessivamente languido, maggiormente nelle descrizioni troppo spesso di stampo arcadico – che appare quindi artificioso – non ha impennate e si appiattisce nell’uniformità. Quando poi la musa di Garzolini ispira il predicozzo morale viene da pensare che era quanto meno distratta…:

I creduli
sono in poter de’ bindoli,
che con intrighi e cabale
van sbarcando il lunario;
e gli onesti allibbiscono,
nel veder come piegano
riputazioni stabili,
intaccate da l’invido
soffio de la calunnia,
o travolte dal vortice
del burrascoso pelago,
ove indarno dibattonsi.
[…]
Per istroncar quest’opera
di raggironi e subdoli,
converrebbe sconvolgere
da cima a fondo il secolo:
mutar le consuetudini
e i costumi che vigono:
fare in somma uno sgombero
nel senso ampio del termine:
un’inezia, una giuggiola…

Durante la fase moraleggiante anche il frasario scivola maldestramente nel prosaico.

Se si travalica la monotonia del verso raggiungiamo tuttavia uno scorrere poetico fluido e disinvolto e può emergere una sincera e istintiva schiettezza che rende piacevole la lettura.

Sinossi a cura di Paolo Alberti

Dall’incipit del primo poemetto Primavera:

Quando, a l’alba, cinguettano
sul davanzale i passeri,
lascio la molle coltrice;
bevo in fretta una chicchera
di latte, ed esco subito
a godermi un po’ d’aria
e un po’ di sole.

Rapido
inforco il velocipide,
e, compiangendo i torpidi,
che a quell’ora poltriscono,
nel letto e non apprezzano
questa sana abitudine,
corro le strade e i vicoli
de’ colli, che rinfiancano
la mia città magnanima.

Scarica gratis: Intermezzi di Eugenio Garzolini.