Andrea Camilleri (foto di Arturo Patten)Pubblichiamo un’intervista di Chiara Bertazzoni ad Andrea Camilleri, rilasciata a www.thrillermagazine.it, sito che si ringrazia per la gentile concessione.

Non è facile presentare Andrea Camilleri con poche parole, la sua attività è così vasta e ha coperto così tanti ambiti che l’impresa è praticamente impossibile. C’è anche da considerare che, d’altra parte, Andrea Camilleri si presenta da solo senza bisogno di preamboli.

D.: Inutile dire che per me come sua lettrice e fan e per la redazione di ThrillerMagazine è un onore, oltre che un piacere, ospitarla su queste pagine e la ringrazio di cuore per aver accettato questa intervista.

R.: Si figuri, io ringrazio lei per il suo affetto.

D.: Partirei, in un certo senso, dalla fine. Da alcune settimane [l’intervista è di febbraio 2007 N.d.R] è in libreria Il colore del sole, il suo ultimo romanzo. È senza dubbio un’opera particolare, che la vede tra i personaggi stessi e che utilizza un linguaggio molto caratteristico. Da dove nasce questo lavoro? E come lo definirebbe?

Copertina de Il colore del soleR.: L’idea nasce da una richiesta del Museo di Düsseldorf in occasione di una mostra sul Caravaggio; la curatrice mi chiese 15 cartelle sul periodo maltese e siciliano del pittore. Io di cartelle ne ho scritte assai di più e costituiscono “Il colore del sole”. Lo definirei come lo definiva Simenon: “Un romanzo-romanzo”, senza etichetta.

D.: Una curiosità che mi è rimasta dopo la lettura e che sono sicura abbiano anche molti altri lettori è: che percentuale di reale, vero, storico e autobiografico c’è in Il colore del sole?

R.: A parte i quadri dipinti, a parte il fatto che Caravaggio da Malta andò a Siracusa a Messina e poi a Palermo, per il resto è tutto inventato di sana pianta.

D.: Conoscendo un pochino il suo pensiero, so che lei preferisce scrivere e dedicarsi ai romanzi storici (chiamiamoli così per comodità), tra i quali credo si possa annoverare anche l’ultima fatica, rispetto ai romanzi gialli. In realtà, però, il suo successo verso il grande pubblico è arrivato grazie al Commissario Montalbano. Come vive questa, diciamo, divisione e quale è la differenza principale tra scrivere un Montalbano e un romanzo storico?

R.: Il romanzo storico mi consente una maggiore libertà tanto nell’invenzione quanto nella scrittura. In sostanza mi diverto di più a scriverlo. I romanzi seriali in realtà, procedono su binari autocostituiti. Mi rifaccio ancora a Simenon il quale sosteneva che quando scriveva i “romanzi-romanzi” sudava parecchio, quando invece scriveva i romanzi polizieschi con Maigret si permetteva persino di fischiettare.

D.: Nell’ultimo periodo si è tanto parlato (e lo abbiamo fatto anche sulle nostre pagine) della fine di Montalbano, dell’ultimo romanzo custodito nella cassaforte da Elvira Sellerio […] Mi piacerebbe, però, sentire direttamente da lei la versione “ufficiale”. Montalbano finirà? Perché?

R.: Ho semplicemente trovato una soluzione “letteraria” che ponga fine al personaggio Montalbano. Di più, naturalmente non posso dire… Vorrei precisare, però, che nella casa editrice Sellerio non esiste nessuna cassaforte…

D.: Cosa, secondo lei, piace così tanto alla gente di Montalbano, tanto che l’idea di una sua possibile fine suscita tanto rumore?

R.: Siccome io non riesco a capire minimamente perché la gente si interessi di Montalbano, forse dovrebbe rivolgere questa domanda al pubblico.

D.: E qual è la caratteristica di Montalbano che le piace di più?

R.: La sua capacità di ragionare.

D.: Facendo un bilancio, le capita di sentirsi in debito nei confronti di Montalbano?

R.: Sì, certamente. Sono in debito con Montalbano per un fatto molto semplice: è riuscito a mantenere in catalogo a tutt’oggi, anche i miei romanzi di dieci anni fa che non lo avevano come protagonista.

D.: Qualche tempo fa, in occasione di una presentazione, Luigi Bernardi ha dichiarato che la stagione di fioritura del giallo è già in fase di declino e ha annunciato, un po’ profeticamente, che, secondo lui, sarà il western, tra breve, a vivere una rinascita. Lei cosa ne pensa? Il giallo è realmente in declino? Il mercato è stato saturato dalla troppa offerta?

R.: Ci sarà una fioritura del western italiano? Sarebbe molto interessante, me lo auguro. Il giallo è in declino? Non lo so e francamente non mi interessa. I miei lettori continuano ad aumentare di romanzo in romanzo e io li ringrazio.

D.: Per spostarci su un argomento meno impegnativo: se naufragasse su un’isola deserta che libro vorrebbe assolutamente avere con sé?

R.: Nessun libro: su un’isola deserta “leggerei” l’isola.

D.: Quale tra i suoi romanzi ama di più?

R.: Il re di Girgenti.

D.: Infine mi piacerebbe fare con lei una specie di gioco, che ci aiutasse a parlare di alcuni temi che la riguardano in modo un po’ diverso dal solito. Le esporrò degli “aut aut”, le chiederei di scegliere e di spiegare il perché. Sciascia o Pirandello?

R.: Pirandello, perché la produzione pirandelliana è così varia che soddisfa pienamente le mie esigenze culturali.

D.: Maigret o Pepe Carvalho?

R.: Maigret, perché è assai più vicino al mio modo di mangiare.

D.: Fiorello o Luca Zingaretti?

R.: Sono troppo diversi, non posso dare preferenze.

D.: Infine una domanda di rito. Se guarda a domani cosa vede, quali sono i prossimi progetti?

R.: Domani? Domani mi alzerò e continuerò a scrivere come ho sempre fatto.

Per concludere, un ringraziamento doveroso e speciale a Filippo Lupo e a Valentina Alferj per aver reso possibile questa intervista.


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