Leggevo von Humboldt in questi giorni. In un suo brano ho trovato scritto che in questa società l’uomo è in catene oppure isolato. Quanto mi sono ritrovato in queste parole! Quanto le ho trovate illuminanti! Per von Humboldt gli unici modi di spezzare le catene della società erano la creazione di gruppi spontanei, la solidarietà tra cittadini, un lavoro libero, autonomo, non alienante. Ma tutto ciò non si è mai verificato. È rimasto carta straccia o se volete pura utopia! La società oggi più che mai isola chi non può, non riesce a ridurre in catene o chi non vuole ridurre in catene. La società infatti oggi isola anche chi non ha niente da offrire al mercato, che finisce fuori dal gioco, come cantava Edoardo Bennato qualche anno fa. Se non sei irregimentato, incanalato in quelli che vengono ritenuti i giusti binari, sei out. Se hai la mentalità comune, percorri le tappe imposte, trovi una sistemazione e poi lavoro, casa, famiglia, le tue convinzioni, già radicate, vengono rafforzate, premiate. Se sei diverso, se non sei allineato, se non sei conforme e omologato, ti ritrovi out. La maggioranza a questo punto ti chiede: “d’altronde che devo fare?”. Così finisce che nessuno fa niente e le cose non cambiano. D’altra parte gli unici che in Italia si dichiaravano rivoluzionari erano i brigatisti rossi, che ricorrevano alla violenza e sono stati controproducenti al cambiamento, hanno solo sparso sangue. Alcuni ex brigatisti rossi, ormai pentiti, hanno candidamente dichiarato che se fossero andati loro al governo, avrebbero fatto molto peggio dei politici che odiavano. Ma forse a prendere atto di ciò ancora oggi si rischia di passare per reazionari! A volte penso che le uniche piccole sacche di diversità, di neurodivergenza siano proprio i poveri, i barboni, i folli, gli alcolizzati, i drogati. Ma il sistema non dà loro voce. Nessuno dà loro voce. Eppure bisognerebbe ascoltarle queste voci fuori campo, fuori dal coro. Kerouac in “On the road” scriveva che gli emarginati erano i veri “pazzi di vita”. Sono gli emarginati che hanno ebbrezza, vitalità e una saggezza tutta loro. I barboni sono dei santi laici, degli eroi senza armi e senza esercito. Forse sono loro e solo loro che sanno capire la vita, la sanno vivere e possono indicarci un’altra via possibile. Noi saremmo in grado di fare le loro rinunce, i loro sacrifici e di accettare di vivere una vita ai margini? Forse voi penserete che è solo retorica, pura apologia dei disadattati! Un tempo esistevano degli stili di vita alternativi, delle differenti visioni del mondo. Esistevano gli hippies, i beatnik, le comuni, i giovani che prendevano le vie dell’Oriente. Oggi questi sogni sono finiti, morti. Queste realtà passate sono favolette che i vecchi raccontano ai nipoti, che li considerano dei boomer. Eppure quei boomer hanno lottato per i diritti civili e del lavoro: cosa che non sono più disposti a fare i nipoti! Così se il potere oggi decide proprio l’arretramento di quei diritti, conquistati con fatica, nessun movimento di massa si oppone. D’altronde l’astensionismo e una scarsa partecipazione sono segni inequivocabili della disaffezione della politica degli italiani. Certo Bakunin nel suo manifesto del 1865 pensava che potessero veramente cambiare le cose anche i giovani privilegiati della classe media, che contestavano il potere: persone di estrazione borghese ma con una mentalità altra. Personalmente ho timore che ciò non sia più possibile. Un tempo i figli dei ricchi avevano dei sensi di colpa per i loro privilegi, mentre oggi nessuno più “risveglia la loro coscienza” (come si diceva negli anni ‘70). Sono i condizionamenti a determinarci persino nel nostro intimo, nella parte più profonda di noi stessi. Il condizionamento classico di Pavlov e il condizionamento operante dei comportamentisti hanno avuto la meglio. A questi si aggiungano il neuromarketing, i messaggi subliminali, gli stimoli dei mass media. Oggi non esistono più le scelte libere e autonome, ma sono sempre eterodirette: il range di opportunità, i bivi e le indicazioni sono tutti decisi dall’alto. Certamente ogni vita è determinata anche dal caso, dall’istinto, dalla Storia. Un grande filosofo e pensatore come Chomsky criticava la cosiddetta “tecnologia del controllo” di Skinner, sostenendo che la persuasione è una questione molto complessa e si deve basare su valide argomentazioni. È vero che il comportamentismo di Skinner era una pura ipersemplificazione, era determinismo sociale totale. Purtroppo però, che lo voglia o meno Chomsky, la vita reale non è l’Iperuranio, non è il mondo delle idee, non si basa su deduzioni ferree e convincenti. Parliamoci chiaro: i dettami di questa società consumista non poggiano sui principi della logica aristotelica ( principio di non contraddizione, principio del terzo escluso, principio di identità come conseguenza di quello di non contraddizione). Una bugia ripetuta dai mass media mille volte da mille persone diverse influisce molto di più di una verità detta da una sola persona una volta sola. Il potere agisce non sulla nostra parte razionale, ma sul nostro inconscio, che viene assoggettato. Il potere non ha bisogno di persuaderci, di convincerci razionalmente. Il problema però è che la razionalità non funziona neanche dal basso verso il basso, né dal basso verso l’alto. I cittadini comuni che hanno valide argomentazioni per criticare il sistema e propongono alternative non riescono a persuadere gli altri cittadini comuni, né tantomeno i potenti. Finiscono inascoltati. Non è comunque determinismo sociale il mio, ma l’amara constatazione di fatto che la struttura economica non determina solo la sovrastruttura ideologica (che la giustifica grazie a molti intellettuali), ma determina in gran parte anche la nostra infrastruttura psichica. L’educazione, la scuola possono fare ben poco. La pedagogia di Dewey e Maritain può poco o nulla. Il problema non è essere informati e rimanere succubi del bombardamento massmediatico. La vera questione è che per essere veramente liberi bisogna essere contro, che per essere contro bisogna (auto)formarsi culturalmente ed esercitare così il senso critico. Ma come è possibile l’autonomia di pensiero se 6 italiani su 10 non leggono nemmeno un libro all’anno?!? Ma cosa volete che sia? Il mantra è che leggere non serve a nulla!