I pensieri fanno scoppiare la testa. Io lo so perchè è successo a Gaetano Frascogna detto miocugino. Perchè lo chiamassero così ve lo spiego dopo. Per il momento voglio dirvi che se ne è andato a 62 anni. Gli è esplosa la testa ma non è lo scoppio che pensiamo. E’ come un panettone che si sgonfia. All’improvviso, le sue pupille azzurre sono saltate all’indietro e lui, dopo qualche secondo di immobilismo, quasi incredulo di quella botta dentro il cranio, prima si è alzato dalla poltrona, poi è franato a terra come una statua di gesso che si sfarina sotto una mazzata. Posso essere così preciso perchè io ero lì. Sono stato l’ultimo che lo ha visto vivo. Sono stato il primo che lo ha visto morto. Ho sentito la sua fronte con la mano perdere il calore di tutti i giorni e trovare il gelo del niente. Ho chiamato aiuto. Ma non c’è stato niente da fare. Morto. Era una mattinata di ottobre. Gaetano Frascogna detto miocugino era seduto come tutti i giorni nel suo negozietto in un vicolo laterale di via Toledo, a Napoli. Dico negozietto ma non è che vendesse qualcosa. Era un ufficio fronte strada vicino al Municipio, in una posizione strategica. “Sto nella City”, amava dire, “dove girano le decisioni importanti di questa città. Il Comune, il Tar, la Questura, la Prefettura, il Banco di Napoli, la Guardia di finanza, l’Agenzia delle entrate, Equitalia; due passi e arriviamo pure a Santa Lucia, sotto la stanza del Governatore. Tutta Napoli sta in cinquecento metri, e io, modestamente, sto al centro esatto, al metro duecentocinquanta”. All’esterno del suo negozietto-ufficio, Gaetano Frascogna detto miocugino aveva una insegna: “Disbrigo pratiche”. Poi, lateralmente, aveva fatto affiggere un elenco: rinnovo patenti, cambi di proprietà, veicoli storici, tutto moto, tutto auto, tutto bolli, trasferimenti, cambi di targa, immatricolazioni, duplicati, cancellazione fermi amministrativi, patenti internazionali, conversioni estere e militari. Un’altra lista l’aveva messa sul lato destro: cambiali, crediti, protesti, cancellazioni, riabilitazioni, porto d’armi, visure, cartelle esattoriali, perizie. Ma la verità, la sola che contava, era scritta alle sue spalle, sul muro dietro la scrivania. Due parole in color oro su una tabella piccola, buttate lì per caso, eppure – come i sussurri per pudore – erano tutto quello che contava: soluzione problemi. Gaetano Frascogna detto miocugino risolveva questioni. Era la chiave dell’acqua, si dice a Napoli. La svolta. Tu parlavi, esponevi il tuo bisogno, lui annuiva, poi diceva la parola magica: “stai senza pensieri, tengo un amico che ci può aiutare”. Aveva un amico per ogni cosa, e lo chiamava davanti a te, per dimostrare che non raccontava chiacchiere. “A Napoli – mi disse la prima volta che andai nel suo ufficio – conta una cosa sola: l’amicizia. Io dico Napoli perchè qua sto. Ma potrei dire l’Italia, l’Europa, il mondo, l’umanità. La vita gira sull’amicizia. Sai che cos’è l’amicizia? E’ fiducia. Teniamo mille paure e cerchiamo riparo. Vogliamo persone di fiducia. Vogliamo situazioni di fiducia. Ci vogliamo affidare. Lo vedi, sono pure un poco psicologo. Mo’ lo scrivo sulla tabella: psicologia. Che dici?”.
“Il teorema dell’amicizia di Gaetano miocugino” di Antonio Menna
La seconda volta che ci andai mi offrì prima il caffè, poi mi disse “adesso chiamiamo l’amico, stai senza pensieri, vediamo se ci stanno novità per il tuo problema”. Fece la telefonata. Disse all’amico “sto qua con mio cugino, per quella pratica, ti ricordi? Ci stanno novità?”. Non c’erano novità. Ma Gaetano Frascogna detto miocugino (avete capito perchè, adesso? Erano tutti suoi cugini, quando parlava con gli amici), la terza volta che ci andai per chiedere aggiornamenti, mi prese in simpatia e mi spiegò ancora meglio la sua teoria. Il suo teorema, diceva pomposamente. “Vedi – mi disse – io sto sulla piazza da 35 anni. Conosco tutti. E tutti mi vogliono bene. Non lo faccio per interesse. Lo faccio per passione. Tolgo i pensieri agli altri così non penso ai miei. Tuo figlio deve fare i test all’Università e sta preoccupato? Chiamo l’amico mio in segreteria alla Federico II e vediamo se ci dà una mano, un’anticipazione, se può fare qualcosa sulle correzioni. Lui si mette a disposizione, sai perchè? Perchè quando sua mamma ha avuto bisogno di un intervento urgente in ospedale, mi ha chiesto aiuto e io ho chiamato un caposala amico mio che gli ha fatto trovare la stanza e il medico migliore. E il caposala sai perchè si è messo a disposizione? Perchè quando il fratello sergente dell’esercito voleva il trasferimento a Napoli per avvicinarsi alla famiglia, io ho chiamato il colonnello amico mio al Ministero e abbiamo risolto. E il colonnello si è messo a disposizione sai perchè? Perchè è tifoso del Napoli, la domenica torna nella sua città apposta per andare allo stadio e io gli procuro sempre due biglietti per la Tribuna Posillipo. Uno per lui e uno per il figlio. Come faccio? Pure al San Paolo tengo un amico che sta in obbligo con me. Amico porta amico. Una cortesia chiama un’altra cortesia. E’ un incrocio, una catena e io smisto, sto in mezzo. Faccio il vigile urbano dell’amicizia. L’unica cosa che mi serve è una memoria di ferro. Una capa tanta, devo tenere”. Lo disse battendosi il cranio con la mano aperta e ridendomi in faccia. Ci tornai, da allora, altre sei volte. Faceva le sue telefonate davanti a me. “Ma per quel mio cugino, niente ancora?”, domandava all’amico al telefono. Niente, niente ancora. “Non ti preoccupare, risolviamo pure il tuo problema”, mi diceva sempre. Due settimane dopo, però, si chiuse il libro della speranza. “Don Gaetano”, dissi come sempre entrando, “ci stanno novità per me?”. “Siediti, siediti, vieni, chiamiamo”. Non fece in tempo a fare il numero che un ictus lo fulminò. Si portò via tutto in un momento. Gli amici, il sistema, la ragnatela di cortesie, e pure la mia chiave dell’acqua, al metro duecentocinquanta della City. Al suo funerale venne mezza Napoli. Il popolo e i signori. I poveri e i ricchi. Gli operai e i professionisti. I disoccupati che urlavano sotto la Regione e gli assessori regionali. Tutti suoi cugini. Tutti amici suoi che si erano fatti mille cortesie reciproche senza conoscersi. A Gaetano Frascogna detto miocugino l’ictus venne per i troppi pensieri. Io me ne sono convinto e da allora penso il meno possibile. Anche lui, forse, lo aveva previsto. Sulla sua lapide, oggi, c’è una frase sola. La lasciò come volontà: “Qui riposa un amico vostro: mi sono avviato per voi, state senza pensieri”.
Fine.