Durante i moti del 1820-1821 un Parlamento delle due Sicilie fu istituito quando nel luglio 1820 re Ferdinando I concesse la Costituzione spagnola del 1812 con pochissime modifiche. Il primo ottobre iniziarono i lavori del nuovo parlamento napoletano eletto alla fine di agosto, nel quale prevalevano gli ideali borghesi diffusi nel decennio francese. Aveva sede nei locali del Monastero di San Sebastiano, nell’omonima via.

A Palermo intanto il governo provvisorio siciliano chiese al governo rivoluzionario di Napoli il ripristino del Regno di Sicilia, seppur sempre a guida borbonica, e un proprio parlamento.

Il generale napoletano Florestano Pepe, con l’accordo di Termini Imerese del 22 settembre, concesse ai siciliani la possibilità di eleggere una propria assemblea di deputati. Fu inviata una delegazione dalla Sicilia a sostenere queste tesi, ma l’accordo non fu ratificato dal neoeletto parlamento di Napoli. Il 23 marzo 1821 Napoli venne occupata dalle truppe austriache a sostegno dei Borbone, la costituzione venne sospesa e il parlamento chiuso.

Note tratte e riassunte da Wikipedia
https://it.wikipedia.org/wiki/Parlamento_delle_Due_Sicilie

Dall’incipit del libro:

Agli albori del 2 luglio 1820, due sottotenenti, Morelli e Salvati, e centoventisette fra sergenti e soldati del reggimento Reale Borbone cavalleria, disertarono dai quartieri di Nola, secondati dal prete Menichini e da venti settari carbonari, volgendo tutti ad Avellino per unirsi ad altri settari giorni innanzi sbanditi da Salerno e riparati colà, dove la sètta era numerosa e potente. Da Nola ad Avellino si cammina dieci miglia fra città e sobborghi popolosi, essendo fertile il terreno, l’aere salubre, gli abitatori disposti alla fatica, d’animo industrioso ed avaro. In mezzo a tante genti quel drappello, fuggitivo, non frettoloso, andava gridando: – Viva Dio, Re, Costituzione! – e poichè il senso della politica voce non era ben compreso dagli ascoltanti, e direi dai promulgatori, ma per universali speranze i tributari vi scorgevano la minorazione dei tributi, i liberali la libertà, i buoni il bene, gli ambiziosi il potere, ognuno il suo meglio, a quel grido dissennato dei disertori rispondevano gli evviva di affascinato popolo. Vogliono le rivoluzioni [4] una parola, sebben falsa, lusingatrice degli universali interessi; perocché le furie civili, mostrate nude, non troverebbero amatori o seguaci.
Giunto il Morelli a Mercogliano, pose il campo, e scrisse lettere al tenente colonnello De Concilj, che stava in Avellino con autorità militare e potenza civile, essendogli patria quella città ed egli ricco, nobile, audace. Le lettere dicevano ch’eglino, primi, non soli, promulgavano il comune voto di governo piú libero; aiutasse l’impresa, desse gloria eterna al suo nome. Prima delle lettere, la fama aveva divulgato quelle mosse e costernate le autorità, concitate le milizie, sollevato e rallegrato il popolo. De Concilj restava incerto tra il secondar Morelli e combatterlo; aveva il pensiero, intanto, volto al governo.

Scarica gratis: Il Parlamento nazionale napoletano per gli anni 1820 e 1821 di Vincenzo Fontanarosa.