Siamo nel 1793, il periodo più difficile e cupo della Rivoluzione francese: l’anno del Terrore: La Repubblica Francese deve fronteggiare contemporaneamente l’invasione degli eserciti regi alle sue frontiere, e la guerra civile nelle regioni del Nord Est: La Vandea e la Bretagna:
93 è la guerra dell’Europa contro la Francia e della Francia contro Parigi. E che cos’è la rivoluzione? È la vittoria della Francia sull’Europa e di Parigi sulla Francia. Da ciò l’immensità del 93, minuto spaventevole, più grande di tutto il resto del secolo.
Nulla di più tragico dell’Europa che assale la Francia e della Francia che assale Parigi. Dramma dalle proporzioni di un’epopea.
Il romanzo è l’ultimo scritto da Hugo. Nelle sue intenzioni avrebbe dovuto costituire il primo di una trilogia dedicata alla Rivoluzione, che in realtà non ha poi proseguito. Siamo nella Vandea, nel pieno della guerra civile sostenuta dai contadini fedeli alla monarchia e alla chiesa (a Napoli avremmo detto “sanfedisti”) contro gli eserciti repubblicani. È una guerra senza quartiere e senza pietà, in cuin non si fanno prigionieri. Tre sono i personaggi principali, che si direbbero scolpiti nel marmo da Michelangelo, per le loro convinzioni incrollabili e per i loro atti, ma che in realtà rivelano tutti le proprie contraddizioni.
Incontriamo per primo il marchese di Lantenac, visconte di Fontenay, è un aristocratico bretone e il principale capo della rivolta realista in Vandea. Nei primi capitoli è su una nave diretta dall’Inghilterra alla costa bretone, dove vuole sbarcare per assumere il comando della ribellione monarchica. E già qui troviamo il primo episodio epico del romanzo: a causa dell’errore di un cannoniere, che non ha ben imbragato un cannone, questo si libera, e durante una tempesta rischia di far affondare la nave. Il cannoniere rischia la vita per bloccarlo, e viene salvato da Lantenac, che rischia a sua volta la propria vita. Passato il momento drammatico, Lantenac decora il cannoniere per il coraggio dimostrato nella circostanza, e subito dopo lo fa fucilare per la colpa di aver messo in pericolo la nave. Lantenac assume il comando della ribellione, e mantiene le speranze dei suoi sostenitori, rivelandosi n comandante abilissimo e spietato. Ha una sola debolezza: quando distrugge un battaglione repubblicano, fa fucilare tutti, compresa la madre di tre bambini, ma salva questi ultimi, tenendoli come ostaggi.
Gauvain è un visconte ed è il pronipote e l’erede del marchese di Lantenac, ma è il comandante delle truppe repubblicane che contro di lui sta combattendo nella guerra di Vandea. Anch’egli è un abilissimo soldato, ma ha il difetto di non essere spietato come richiesto dalle circostanze e dalle autorità repubblicane. Per questo gli viene affiancato, come commissario politico, Cimourdain, un ex prete che gode della piena fiducia dei capi della Rivoluzione, e che ha il preciso compito di impedire che Gauvan possa graziare qualche ribelle catturato, pena la vita. Cimourdain però conosce da lungo tempo Gauvan, essendo stato il suo precettore, e lo ama alla stregua di un figlio.
I destini dei tre si intersecheranno nel finale, sempre più frenetico: Lantenac è sconfitto e si rifugia nella rocca di famiglia (la Torgue), con pochi seguaci e i tre bambini come ostaggi. La torre viene assalita, Lantenac riesce a scappare, ma torna indietro per salvare dall’incendio i tre bambini, consegnandosi prigioniero. Commosso da questo gesto, Gauvan decide di liberare Lantenac, prendendone il posto in prigione, conscio di firmare così la propria condanna a morte. Cimourdain, coerente con le proprie convinzioni, condanna a morte il figlioccio, e mentre l’esecuzione viene eseguita, si uccide.
Potente e terribile nelle vicende dei tre protagonisti, il romanzo ha forse un lato debole nella descrizione dei protagonisti della rivoluzione: Danton, Robespierre e Marat, e della assemblea della Convenzione.
Sinossi a cura di Claudio paganelli
Dall’incipit del libro:
Negli ultimi giorni di maggio del 1793, uno de’ battaglioni parigini condotti in Bretagna da Santerre, ricercava il temuto bosco della Saudraie ad Astillé. Non eran più di trecento, poichè l’aspra guerra decimava il battaglione. Era il tempo in cui, dopo l’Argonne, Jemmapes e Valmy, del primo battaglione di Parigi, che già numerava seicento volontarî, rimanevano ventisette uomini, del secondo trentatrè e del terzo cinquantasette. Tempo delle epiche lotte.
I battaglioni mandati da Parigi nella Vandea contavano novecento dodici uomini. Ogni battaglione aveva tre cannoni. Erano stati formati con grande prestezza. Il 25 aprile, mentre Gohtier era ministro della giustizia e Bonchotte ministro della guerra, la sezione del Buon Consiglio aveva proposto di mandare battaglioni di volontarî nella Vandea; il membro della comune Lubin aveva scritto il rapporto; il 7 maggio Santerre era pronto a far partire dodicimila soldati, trenta cannoni di campagna ed un battaglione d’artiglieri. Questi battaglioni, sì presto costituiti, lo furono tanto bene che oggi son di modello; le compagnie di linea sono formate su quel sistema; essi hanno cambiato la vecchia proporzione fra il numero de’ soldati e quello de’ sott’ufficiali.
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