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Pubblicato l’anno successivo alla morte dell’autore, questo Il fuoco e la luce è l’ultimo dei testi divulgativi che Filippo Eredia aveva scritto e che ha lasciato visibilmente incompiuto. Prendendo in esame la storia del fuoco soprattutto come sorgente di luce, oltre che di calore, Eredia parte dalla filosofia, dalla tradizione e dal mito. Si spazia dalle intuizioni del presocratico Eraclito, che vide nel fuoco il principio di tutte le cose, fino alla consuetudine dei tradizionali falò del giorno di san Giovanni e alle lingue di fuoco che rappresentano la grazia illuminante dello spirito santo caratterizzanti la ricorrenza della Pentecoste.
Il passaggio dal fuoco ad altre forme di illuminazione come gas ed energia elettrica, viene presentato come una lunga metafora del cammino umano verso la civiltà, cammino costellato comunque da inciampi dove il fuoco diventa strumento di distruzione e di sciagura. Certamente il coltissimo Eredia avrebbe rivisto il suo manoscritto, all’interno del quale non trova posto, parlando delle qualità mitologiche del fuoco, la figura di Prometeo, quella di Efesto e la leggenda dell’Araba fenice.
Viene richiamata invece la tradizione delle vestali che rappresentano la continuità dell’affidamento alla donna della conservazione del fuoco, come tra gli antichi peruviani o nel regno africano di Monomotapa, dove la figlia maggiore del capo assume funzioni di sacerdotessa. Tradizione probabilmente molto antica, quando il fuoco aveva funzione di difesa per le donne e i bambini e punto di riferimento per il ritorno e l’orientamento dei cacciatori. Da qui la donna come custode del “focolare”. Il trasferimento simbolico della custodia del fuoco affidato alle cure virili avviene con il “fuoco alchemico”, quello dei vasai e vetrai, per cui i signori del fuoco divengono un qualcosa a mezza strada tra maghi ed empi.
L’argomento è vastissimo ed Eredia lo sorvola solo in parte per giungere rapidamente all’illuminazione settecentesca, a gas, e poi ottocentesca coi primi utilizzi dell’elettricità. Anche in questi campi per una storia dell’illuminazione andrebbero ricordate anche altre figure di studiosi e sperimentatori come Stephen Hales o Wilson Swan. In sintesi, siamo di fronte ad un’opera che l’autore non ha avuto il tempo di rivedere e fornire quindi di una veste definitiva e di maggiore completezza, ma che resta un compendio, se pur lacunoso, comunque interessante per suscitare riflessioni sia di tipo mitologico e tradizionale che storico e tecnico e che il lettore potrà approfondire e ampliare secondo i propri interessi e la propria sensibilità.
Sinossi a cura di Paolo Alberti
Dall’incipit del libro:
La luce, squarciando le tenebre, dovunque desta la vita: e le sue diverse radiazioni, giungendo sull’organismo umano, dànno origine ad effetti biologici con la trasformazione della propria energia calorifica, chimica, elettrica, ecc.
L’epidermide si comporta diversamente a seconda della lunghezza d’onde delle radiazioni che vi incidono. Difatti, mentre la penetrabilità dello spettro visibile della luce solare è massima per i raggi rossi, diminuisce gradatamente per i successivi raggi fino ad annullarsi del tutto per le radiazioni ultraviolette.
Tutti i culti religiosi ebbero inizio dalla adorazione del sole e della luce. I nomi indicanti le divinità derivano dalla radice di o div che significa luce o illuminare, o colui che risplende; e molti templi furono elevati all’astro apportatore di luce e di calore.
Gli antichi raffiguravano il sole, il Dio Elio, come un bel giovane con gli occhi lucenti, colla chioma a ricci splendenti e adorno di un elmo d’oro. La giornaliera occupazione di Elio era quella di portare la luce del giorno agli Dei e agli uomini, uscendo al mattino dall’oceano d’oriente là dove abitano gli Etiopi per attraversare la volta celeste e rituffarsi la sera nell’oceano presso quella regione dove si diceva egli avesse uno splendido palazzo e i celebri giardini custoditi dalle Esperidi.
Scarica gratis: Il fuoco e la luce di Filippo Eredia.