Il fabbricante di diamanti
di
H. G. Wells
tempo di lettura: 13 minuti
Affari importanti mi avevano costretto a rimanere quasi tutto il santo giorno alla «Chancery Lane.» Erano le nove di sera, e francamente ne avevo abbastanza di lavorare, tanto più che il capo incominciava a dolermi. Scesi nella strada e vedendo il cielo stellato e sereno, mi avviai verso la sponda del fiume per passeggiare un poco e prendere una boccata d’aria. L’acqua nera nera scorreva tranquillamente illuminata or qua or là dai riflessi dei lumi della banchina. Mi fermai a contemplare quello spettacolo tanto comune, ma pur sempre tanto piacevole, ed il mio cervello stanco trovava un gran sollievo in quella tiepida notte, lì sulla sponda del fiume, lontano dai rumori della città.
— Notte calda! – esclamò qualcuno vicino a me.
Mi voltai e vidi a pochi passi distante, appoggiato colle braccia al muro della banchina, un uomo dal viso pallido e macilento. Il bavero rialzato di un misero cappotto, il cappello a cencio ornai senza colore alcuno, dimostravano nettamente la condizione sociale di quel poveraccio! L’osservai attentamente. Non era brutto, anzi la sua fisionomia era piacevole e distinta. Aveva egli qualcosa da dirmi? Voleva forse chiedermi l’elemosina? Era un vagabondo o un disgraziato? Forse un mattoide? I suoi occhi però erano intelligenti e furono essi che mi decisero a rispondere:
— Sì, calda, infatti; ma non troppo calda per me!
— Non troppo, avete ragione, – mi rispose fissando l’acqua. – Si sta benone qui…. per ora.
— È piacevole, – ripresi a dire dopo un po’ di silenzio, – il trovare a Londra un luogo tranquillo come questo, specialmente dopo aver passato buona parte della giornata in mezzo agli affari! Davvero che non saprei fare cosa migliore!…
— Dovete avere molte cure e molti affari, – incominciò l’altro facendo lunghe pause tra una frase e l’altra; – molti affari in questo mondaccio, altrimenti non sareste qui…. Non importa! È impossibile però che abbiate il cervello stanco e le gambe indolenzite come me!… Ah!… io domando a me stesso se tutto ciò che vado facendo non non è poi cosa proprio inutile! Quasi quasi, manderei tutto al diavolo! Tutto! nome, posizione, fortuna! E non sarebbe meglio che facessi qualche modesto mestiere? Ma poi? se la cosa riescisse? Se un altro trionfasse? Quale eterno rimorso, mio Dio!
Tacque. L’osservavo curiosamente e non senza stupore. Mai vidi un uomo in uno stato più misero di quello! Era lacero, sporco, colla barba ed i capelli incolti, pareva fosse rimasto per una settimana intera in una soffitta piena di polvere e di ragnatele! E parlava a me di affari, di cure, di posizione, di fortuna, di trionfi! Ridevo fra me di cuore e pensavo: «O è matto, o recita la triste commedia della miseria.»
— Le alte mire, – dissi a mia volta, – le grandi situazioni hanno per rovescio le fatiche e le inquietudini; ma hanno anche il loro compenso, vale a dire: il poter fare opere benefiche, venire in aiuto a chi è più debole di noi. Quale più bella soddisfazione di quella di usare della nostra influenza?…
Nelle mie parole, però, e nel tono della mia voce vi era molta ironia, e ben se ne accorse il mio interlocutore. Egli mi guardò con un fare tra il meravigliato e il serio ed esclamò:
— Ho parlato troppo…. voi non mi capireste! – e seguitò a guardarmi: –Sì, ciò è assurdo! Voi non mi credereste neppure se vi dicessi…. ed è perciò che non v’ha alcun male nel dirvelo. E poi, sarà per me una consolazione…. Io ho veramente avuto fra le mani un affare importantissimo! Un affare straordinario! Ma in questo momento sono in cattive acque…. insomma, io fabbrico del diamante!
— Senza dubbio, – gli dissi, – siete in questo momento senza ordinazioni?
— Sono nauseato di non essere preso sul serio! – rispose egli con voce in cui traspariva l’impazienza e la collera.
E senza por tempo in mezzo si sbottonò il lacero cappotto e ne tirò fuori un sacchetto di tela che teneva appeso al collo con un pezzo di spago. Aprì quel sacchetto e:
— A voi! – mi disse presentandomi un piccolo sasso di colore oscuro; – sapete almeno dirmi che cos’è questo?
I miei studi di fisica e di mineralogia mi furono, in quest’occasione strana, di grande utilità. Presi l’oggetto che mi presentava quell’uomo. Era un sassolino che rassomigliava infatti a un diamante, non lavorato e della varietà la più nera, benchè fosse un po’ troppo grosso (era grosso come l’estremità del mio pollice). Esaminandolo bene vidi che aveva la forma di un ottaedro regolare, con le faccie e le superfici curve, particolarità indiscutibile del più prezioso dei minerali. Aprii il mio temperino e cercai, invano, di incidere sopra quella pietra qualche riga. Allora avvicinandomi ad un lampione a gas, strofinai quello strano oggetto sul vetro del mio orologio e con grande facilità vi tracciai una lunga linea bianca.
— Infatti, – esclamai guardando con stupore il mio uomo, – infatti rassomiglia assai ad un diamante. Dove diavolo l’avete trovato?
— Vi dico che l’ho fabbricato! Restituitemelo!
E mi prese il sassolino dalle mani e lo ripose rapidamente nel sacchetto, indi, abbottonandosi il cappotto, disse quasi a mezza, voce:
— Ve lo vendo per cento sterline!
L’osservai pieno di stupore e di diffidenza. Quel sassolino alla fin fine non poteva essere altro che un pezzo di terra dura come il diamante; era assomigliante assai a queste gemme! O se veramente era un diamante, come mai l’aveva potuto avere fra le mani? E perchè me l’offriva per cento sterline? Ci fissammo negli occhi.
Egli aveva, o pareva avere, una faccia da galantuomo, e pensai fra me che forse cercava di vendere, spinto dalla necessità, un vero diamante. Ma io non sono ricco, e cento sterline avrebbero fatto nel mio bilancio uno strappo assai sensibile! E quale uomo di giudizio avrebbe comperato un diamante da uno straccione, così su due piedi, di notte, al solo controllo della fioca luce del gas? Bastava forse la sola garanzia di quell’uomo? Eppure, se veramente fosse stato un diamante, l’affare non era da disprezzarsi! Un diamante di tal fatta valeva almeno migliaia di sterline! Una tal gemma non poteva esistere senza essere menzionata sui libri che trattano di pietre preziose! Mi vennero in mente varie storie sul contrabbando che avviene in tal genere di merce nei paesi del Capo di Buona Speranza. Mettendo momentaneamente da parte l’idea dell’acquisto, domandai:
— Dove l’avete trovato?
— L’ho fabbricato, – mi rispose.
Sapevo benissimo che esisteva una specie di diamanti artificiali, ma sapevo altresì che non se ne fabbricano di tale grossezza. Tentennai il capo in segno di incredulità; e ciò vedendo, il mio interlocutore disse:
— A quanto vedo, ve ne intendete di queste cose! E poichè è così, voglio parlarvi un po’ di me stesso; forse, dopo, avrete un parere diverso sull’affare che vi offro!
Voltò la schiena al fiume, si pose le mani in tasca e dopo aver sospirato profondamente, incominciò a dire:
— Voi non mi crederete! Lo so benissimo, voi non mi crederete! Il diamante, vedete, – e la sua voce prendeva un’intonazione da cattedra, – il diamante può essere fabbricato sottoponendo il carbonio ad una certa corrente elettrica e ad una certa pressione. Il carbonio allora si cristallizza, e forma dei piccolissimi diamanti. Ciò del resto, è conosciuto da tutti i chimici da anni; ma nessuno ha ancora potuto determinare la vera pressione e la vera corrente per ottenere dei buoni risultati.
«I diamanti fabbricati dai chimici sono piccolissimi e scuri, e di pochissimo valore. Io, invece, ho consacrato tutta la mia vita alla risoluzione del grande problema. Voi mi capite, tutta la mia vita ho consacrato a questo problema!
«Incominciai a diciassette anni, – ne ho adesso trentacinque, – ad occuparmi della fabbricazione del diamante. E mi pareva che tale ricerca potesse assorbire tutta l’energia d’un uomo, tutta la sua intelligenza, tutti i suoi pensieri, per anni ed anni! Ma che importava! La ricompensa sarebbe stata grande, immensa! Supponete che si arrivi finalmente a scoprire il vero segreto, prima che questo sia conosciuto, prima che il diamante sia venduto come semplice carbone, ma non sapete voi quanti milioni si potrebbero guadagnare? Milioni e milioni!
Tacque un istante aspettando un mio cenno di assentimento, ed i suoi occhi avevano strani bagliori di cupidigia.
— Pensate, – riprese a dire, – pensate che potrei avere tutto questo guadagno immenso! Ed invece, invece son qui!…
«A vent’anni avevo un migliaio di sterline, e questa somma, con quel po’ di danaro che fruttavano le mie lezioni di chimica, mi permise di occuparmi seriamente e profondamente intorno alla mia ricerca. La più grande difficoltà consisteva nel conservare gelosamente il segreto delle mie esperienze. Guai se tale segreto fosse menomamente trapelato! Oh! mio Dio, non pretendo essere un genio, non pretendevo nemmeno allora di arrivare pel primo alla mia scoperta; ma desideravo ardentemente che la costruzione della pila che doveva avere la corrente desiderata, la vera corrente, non fosse conosciuta da nessuno! E per tale motivo lavoravo solo, soletto. Avevo sulle prime un piccolo laboratorio, ma le mie finanze incominciarono ad affievolirsi, e dovetti continuare le mie ricerche e le mie esperienze in una misera stanza priva di mobilia fuorchè un pagliericcio logoro e misero per dare breve riposo alle mie stanche membra. Lavoravo giorno e notte, ed il mio danaro se ne andava, se ne andava! Facevo tutte le privazioni possibili per poter acquistare il materiale necessario alle mie ricerche. Cercavo di ritardare l’ora della rovina, davo ancora qualche lezione di chimica quando potevo; ma non ho gradi universitari, e perciò anche le lezioni ben presto vennero meno! Finalmente e fortunatamente, tre anni or sono, risolsi il problema della corrente elettrica. Ero dunque vicino alla meta! Ottenni presso a poco anche la pressione desiderata, comprimendo una certa quantità di carbone in una canna da fucile. Riempii detta canna con carbone e con acqua, ne chiusi e suggellai fortemente le due estremità, non senza avervi prima fatto passare nell’interno il filo conduttore della corrente. Poi misi il tutto sul fuoco onde ottenere una temperatura altissima.
E tacque per un istante.
— Era assai pericoloso, – diss’io.
— Pericolosissimo, – mi rispose. – Infatti avvenne uno scoppio terribile. La finestra della stanza fu quasi squarciata, gli apparecchi per le mie esperienze furono ridotti in frantumi; ma avevo ottenuto una specie di polvere di diamante! Sempre avanti! diss’io, e ritentai la prova. Avevo saputo che a Parigi il celebre professore Dambrèe faceva esplodere della dinamite in cilindri di acciaio ermeticamente chiusi e resistenti all’azione di questo potente esplosivo. Sapevo inoltre che introduceva anche in detti cilindri insieme alla dinamite, vari pezzi di pietra, che dopo l’esplosione erano ridotti in una poltiglia simile al terreno nel quale si trova il diamante nel Sud Africa. Era un terribile sacrificio per le mie finanze; ma non importava; mi procurai un cilindro d’acciaio simile a quelli del professore Dambrèe; vi introdussi i miei preparati ed i miei esplosivi; posi il tutto nel forno acceso, e…. uscii a far due passi.
Non potei trattenermi dal ridere a queste ultime due parole e gli dissi:
— Ma non potevate prevedere che avreste fatto saltare in aria tutta la casa?
Egli si accontentò di rispondermi:
— Era nell’interesse della scienza!… Al piano superiore abitava la famiglia di un negoziante; la stanza vicina alla mia era occupata da uno scrivano; gli altri inquilini, se ben rammento, erano: due operaie in biancheria ed una fioraia. Forse da parte mia vi sarà stata della noncuranza, ma d’altronde poteva darsi benissimo che tutta questa gente fosse in quel momento fuor di casa come me!… Quando tornai nella mia stanza trovai tutto a posto, tale e quale come l’avevo lasciato! La materia esplosiva non aveva fatto scoppiare il tubo di acciaio! Mi trovai allora innanzi ad un problema da risolvere. Voi sapete che il tempo è un elemento da considerarsi assai per la cristallizzazione. Se voi procedete nelle vostre esperienze con precipitazione, otterrete dei cristalli piccolissimi; non è che dopo un certo tempo che acquistano una certa grossezza. Decisi di impiegare due anni al raffreddamento del cilindro d’acciaio, vigilando che detto raffreddamento si facesse progressivamente, regolarmente e lentamente. Come fare però! Non avevo più un soldo e dovevo mantenere sempre il fuoco acceso, e pagare il fitto della stanza, e soddisfare agli imperiosi bisogni del mio stomaco! Non vi dirò tutto quello che fui costretto a fare per tirare innanzi e per giungere alla meta desiata. Non ve lo dirò perchè sarebbe troppo noioso per voi, vi basti il sapere che feci il lustrascarpe, il rivenditore di giornali, lo stalliere, l’usciere, ecc., ecc., perfino il mendicante! Ah! che giorni orribili furono mai quelli. Una volta, mi ricordo, il fuoco stava per spegnersi e non avevo mangiato da ventiquattro ore! Uscii per la strada, mendicai, ebbi la fortuna di ricevere 60 centesimi da un bravo signore, e corsi difilato a comperare del carbone. Ritornando a casa, passai davanti ad una friggitorìa. Dio mio, che odore soave mandava quella frittura! Con quel po’ di carbone rianimai il fuoco, ma finalmente…. voi lo sapete, la fame fa impazzire, finalmente lo lasciai spegnere, e preso il cilindro ancora caldo, tanto che mi scottai le mani, lo apersi. Con un paio di pinze ne tirai fuori della materia simile alla lava. Spezzai con un martello quella strana composizione, e vi trovai tre grossi diamanti e cinque piccoli. E nel mentre che seduto in terra battevo a più non posso su quella materia, la porta si aprì all’improvviso e il mio vicino, lo scrivano, ubbriaco fradicio come al solito, mi apparve innanzi urlando:
«— Anarchico! Anarchico!
«— Silenzio, ubbriacone! – gli risposi stizzito.
«— Anarchico! Anarchico! genio della distruzione! – urlò di bel nuovo quell’altro.
«— Andate al diavolo voi e vostro padre – esclamai trattenendo a stento la mia collera; ma, come se nulla avessi detto, egli s’inoltrò nella stanza ed incominciò a spifferarmi ogni sorta d’improperi; e con voce rotta dai singhiozzi, tanto aveva bevuto, e come se ciò non bastasse, ebbe la sfacciataggine di dirmi che era stato a denunciarmi alla polizia, quale fabbricante di bombe!… Ero perduto! Come avrei potuto svelare il mio segreto alle guardie? E se non lo svelavo, ero arrestato quale anarchico pericoloso. In quel momento se avessi avuto un’arma in mano avrei ucciso quell’ubbriacone! Mi contentai di prenderlo a pedate e scacciarlo dalla mia stanza, quindi, senza por tempo in mezzo, raccolti i miei diamanti, uscii frettolosamente di casa.
«I giornali della sera chiamarono la mia stanza la fabbrica di bombe di Kentish-Town! Ed ora, non posso vendere i miei diamanti nè per dell’oro nè per dell’argento! Se io entrassi da un gioielliere onesto, senza alcun dubbio egli mi pregherebbe di aspettare un istante, e nel frattempo farebbe avvertita la polizia onde arrestarmi! E allora come fare?… Ho provato a venderne uno da un ricettatore d’oggetti rubati; ma quel miserabile, dopo aver esaminata la mia pietra per bene, sapete quel che mi disse? Mi disse semplicemente e con la più gran calma di questo mondo: «Se volete riavere questo diamante, andate a reclamarlo alla polizia!»
«Ed ora sono qui con parecchie migliaia di sterline in diamanti, e non ho nè da mangiare nè da dormire! Voi siete la sola persona alla quale io abbia confidato tutto ciò; ed è perchè la vostra fisonomia mi è simpatica e non si può facilmente darvela ad intendere!»
Il mio uomo aveva finito di parlare e mi fissava con occhi interrogatori.
— Sarebbe follia da parte mia, – gli dissi, – comprare un diamante in tale circostanza, eppoi non ho nel mio portafoglio migliaia di sterline, nondimeno io voglio interessarmi a voi più di quello che non crediate: venite domattina nel mio ufficio.
— Voi mi prendete per un ladro! – esclamò amaramente.
– Voi mi denunzierete alla polizia! No, non voglio cadere in trappola.
— In ogni modo, – gli risposi, – io sono certo che non siete un ladro. Ecco il mio biglietto di visita, prendetelo come garanzia. Non è necessario che veniate ad una data ora, no, venite quando vorrete.
Egli prese il mio biglietto, e con esso una moneta, pegno delle mie buone intenzioni verso di lui.
— Ricredetevi, e venite presto! – gli dissi nuovamente.
Egli tentennò la testa con aria incredula dicendo:
— Vi restituirò fra pochi giorni con interesse la vostra mezza corona, con interesse grandissimo, stupefacente. In ogni caso voi serberete il mio segreto, non è vero?… Non mi pedinate, veh!
Attraversò la strada, lo seguii per un po’ cogli occhi, finchè sparve nell’oscurità.
E questa fu la prima ed ultima volta che lo vidi.
Dopo qualche giorno egli mi scrisse chiedendomi del denaro, che naturalmente non inviai. Un’altra volta venne a casa mia mentre io ero assente. Il mio domestico me lo descrisse magro, pallido, macilente, e con una tosse da tisico, da far pietà. Non lasciò detto cosa alcuna. E da quel giorno non seppi mai più nulla sul conto suo.
Ed ora mi domando non senza un vago senso d’inquietudine: era un pazzo o un ladro? Od era realmente un fabbricante di diamanti come mi aveva narrato?
E quest’ultima ipotesi mi tormenta un pochino perchè sento che avrei lasciato sfuggire un’occasione davvero straordinaria. Un’occasione che mai in vita mia si rinnoverà.
Forse a quest’ora egli sarà morto, ed i suoi diamanti avranno fatto chissà, qual fine. Li avranno buttati via quali semplici sassolini. (Uno di essi però era grosso come il mio pollice!) Forse egli erra ancora per la strada, di notte, cercando invano un pietoso che gli compri le sue gemme! Ma se, e ciò potrebbe darsi benissimo, se invece egli si fosse creata una posizione mercè quei diamanti, se egli fosse diventato tanto ricco, straricco, e mi rimproverasse in silenzio la mia mancanza d’iniziativa?… Ma perchè non ho io arrischiato almeno cinque sterline!!!
Fine.
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QUESTO E-BOOK:
TITOLO: Il fabbricante di diamanti
AUTORE: Wells, Herbert George
DIRITTI D'AUTORE: no
LICENZA: questo testo è distribuito con la licenza specificata al seguente indirizzo Internet:
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TRATTO DA: Novelle straordinarie / H. G. Wells ; [illustrazioni di Celso Ondano]. - Milano : Fratelli Treves, 1905. - 211 p., [10] c. di tav. : ill. ; 27 cm.
SOGGETTO:
FIC029000 FICTION / Brevi Racconti (autori singoli)
FIC028040 FICTION / Fantascienza / Brevi Racconti