Podcast: Apple Podcasts | RSS
Le Microbe de l’or, romanzo del 1927, pubblicato col titolo italiano Il denaro nel 1936, è il primo dei romanzi francesi di Goll che furono strumento di critica e di satira nei confronti di quel decadimento europeo che aveva in sé i germi del nazismo.
Seguirono A bas L’Europe, Sodome et Berline e infine Lucifer vieillisant, che scritto nel 1934 dovette attendere dieci anni per essere pubblicato.
La sensibilità dello scrittore nei confronti dei drammi economici e sociali del periodo prende forma attraverso la vicenda del vecchio Tric, ricchissimo e avarissimo. Dopo aver accumulato una fortuna non disdegnando raggiri, soperchierie e speculazioni senza alcuno scrupolo, vive la sua vecchiaia lesinando su ogni centesimo sia per sé che per gli altri. Insensibile alle necessità, spesso balzane, di figli, genero e nipoti, costruisce una situazione ove tutti attendono con trepidazione la sua morte.
Accanto a lui Elvira, una cugina, antico amore giovanile, che in vecchiaia funge da governante ed ostenta anch’essa un’avarizia paradossale, senza alcun fine personale ma solo praticata come stile di vita. Sembrano entrambi senz’anima alcuna e incapaci di emozioni di sorta; almeno finché Elvira adotta un gattino che, avendo divorato la “sostanziosa” cena di Tric convalescente, rimane vittima della furia dello stesso Tric.
Elvira attende la notte per dare sepoltura al gattino. Infine Tric stesso, vittima della furba iniziativa del genero, finisce per morire, senza più dimora, suonando invano il campanello di casa dei nuovi proprietari di quella che fu per anni la sua miserabile abitazione e appare scosso da una qualche emozione che non sia di semplice e sterile avidità di inutile possesso.
Un raggio di speranza in questa desolata vicenda di avarizia e avidità viene dalla figlia Germana, trasferitasi a Parigi e dedicatasi a una carriera artistica e che si trova solo per pochi attimi a confronto con la visione gretta e meschina del padre; attimi comunque bastevoli per rifuggire rapidamente, soffocando la nostalgia dei suoi ricordi di bambina e adolescente.
Quella malattia in germe che in questo romanzo attanaglia Tric diventerà pestilenza agli occhi di Odemar Muller, protagonista di Sodoma e Berlino.
Sinossi a cura di Paolo Alberti
Dall’incipit del libro:
Il vecchio Tric sta per morire.
Sta per morire da tre anni.
Ripete, quotidianamente, che presto andrà a Dieuville. Dieuville è un sobborgo, dove si trova il cimitero. Tric lo dice a tutti quelli che vanno a visitarlo. Anche i meno sensibili ne sono commossi.
Egli parla con giovialità, con disinvoltura, della sua «scatola di abete» di «quattro assi» delle quali sarà ben presto l’unico inquilino.
Gioisce, quando vede fremere gli altri all’idea della sua morte. Siccome sa che essi non avranno pietà alcuna di lui, vuole almeno ispirare loro terrore.
Giace nel suo letto, steso fra le lenzuola di tela grossolana. Adora la notte e il sudiciume. Un berretto di cotone
bianco, allungato a guisa di guglia di minareto, lascia scorgere il suo naso assottigliato e una barbetta giallastra.
Con le mani raggrinzite, tira continuamente a sè la coperta rappezzata, sparsa di buchi, sudicia e fredda come le coperture di marmo delle statue imperiali. Sotto quella coperta, traspira e trema il suo corpo, smagrito, che non pesa più di quello di un fanciullo decenne.
Il suo petto imita l’ansare di un mantice di fabbro-ferraio; ma si ha l’impressione che invece di attizzare il fuoco della vita, quel soffio gli ghiacci le pareti interne.