Aveva 77 anni Hamsun quando fu pubblicato, nel 1936, Ringen Sluttet (Il cerchio si chiude). Forse non la sua opera migliore ma pur sempre testimonianza di una solida e persistente capacità di interpretare l’arte della narrazione che aveva animato i suoi anni migliori, quelli che lo condussero al premio Nobel per la letteratura nel 1920, secondo norvegese a raggiungere questo traguardo dopo Bjørnstjerne Bjørnson. Troviamo infatti in questo romanzo alcuni dei temi che hanno animato la vita artistica dello scrittore lungo l’intero suo arco. Abbiamo quindi le relazioni complesse e quasi sempre bloccate da incapacità di trovare un linguaggio comune tra persone appartenenti a ceti sociali diversi; amori che stentano a compiersi, che rimangono inespressi o espressi in maniera frammentaria e incompiuta e che fin dall’inizio appare evidente siano destinati al fallimento.

Abel, il protagonista di questo romanzo, è il perno di queste situazioni che si ripetono quasi senza pause nel corso della narrazione. Al centro di questi amori inespressi troviamo Olga, corteggiatissima figlia del farmacista, che Abel conosce fin dall’infanzia, ma che troverà sposata quando, alla morte del padre, guardiano del faro, tornerà dal Kentucky. Come non ripensare alla bella castellana di Victoria e al suo amore per il figlio del mugnaio. Anche in questo caso il giovane troverà Victoria sposata al rientro da un lungo viaggio.

Altro tema caro ad Hamsun è quello del vagabondaggio reale, ma anche metaforico, inteso quindi come un cauto inserirsi in un mondo sociale, dove con sentimenti contrastanti, il protagonista prova a più riprese ad avventurarsi. Abbiamo già visto in Pan – già pubblicato in queste edizioni Manuzio – come il tenente Glahn sia in costante situazione di disagio nelle relazioni sociali, in difficoltà a seguire le regole della convivenza anche le più elementari. Accanto agli “ultimi” della terra anche Abel appare alla ricerca, senza troppa convinzione, di una via d’uscita. Abel questa via d’uscita la cerca facendo uso di una generosità e prodigalità senza criteri e senza alcun progetto. La sua progettualità di fronte ai problemi dei licenziamenti, dei salari troppo bassi, della sopravvivenza quotidiana è infatti nulla, ma non manca l’autore di sottolineare un’emozionalità partecipe per la vita proletaria:

«Nelle case degli operai s’udiva uno strepito di liti e di pugni e di colpi sulla tavola e, sebbene di rado, anche l’inaudito strepito di una selvaggia danza e di sedie violentemente spostate nelle soffitte. Uno dei capi operai licenziati, che non era uno dei peggiori, un giorno andò su tutte le furie perché qualcuno aveva messo fuori di posto il suo berretto da sport.»

L’equilibrio al quale aspirano spesso i personaggi humsoniani non è basata su alcuna “sicurezza” che in ogni caso sarebbe irreale e illusoria, a tratti quasi irritante. Quando Abel, che nel corso dei suoi viaggi e peregrinazioni aveva anche frequentato una scuola navale senza tuttavia conseguire il titolo corrispondente, diviene capitano del Passero, quello che lo mette a disagio più di ogni altra cosa è proprio la condizione di monotona sicurezza:

«Ogni giorno lo stesso stupido ritmo che, una volta messo in azione, resta immutato, senza varietà, tenuto mitemente in vita da bidoni di latte che vengono a bordo, da bidoni di latte che scendono a terra. Era possibile resistere a tutto ciò? L’assenza di pericolo in tutta la nave, la ben controllata sicurezza, in ogni angolo, in ogni ripostiglio di essa, erano tutte cose che lo irritavano.»

Disse Montale che i libri di Hamsun sembrano “scritti da sé”. Questa sua capacità, che Montale sottolineava come carattere completamente positivo, si manifesta anche tramite l’evidente sospetto, che Hamsun non manca mai di sottolineare, verso l’anelito a distinguersi, affermarsi, lasciare una traccia di sé. Abel infatti non è nulla e non vuole diventare nulla, come gli dice Olga:

«È commovente, Abel, che tu ci abbia portati qua fuori. Tu non sei nulla, non vuoi diventar nulla eppure sai tante cose. Una volta, l’anno scorso o quest’anno, hai salvato la vita a un uomo. Noi c’eravamo e guardavamo; per noi a terra non c’era nessun pericolo, ma io, quando gridammo urrah, non potei fare a meno di piangere.»

Abel non solo non aspira a diventar “qualcuno” ma neppure si cura minimamente di correggere i propri errori. Nel mondo sulle rive del mare norvegese, dove spicca la povertà di risorse sia materiali che intellettuali, Abel si destreggia tra la sua complessità caratteriale e i suoi sogni, alternando sano buon senso a illogiche stravaganze. Fanno quasi commuovere i suoi slanci di generosità, ma apprendiamo poi che a questi fa da contr’altare l’essersi districato da una situazione con un’azione di natura diametralmente opposta. Anche Lolla, un altro dei suoi amori incompiuti che diviene sua matrigna durante il primo lungo peregrinare di Abel tra Australia e America, non può non constatare che egli «vive in un altro mondo». Infatti quando non lavora vive di furtarelli, e soprattutto di una straordinaria capacità di sopportare le privazioni. Quando non può più dilazionare il pagamento dell’alloggio si trasferisce in un capannone abbandonato.

La cospicua eredità paterna viene dilapidata presto e appena guadagna qualcosa regala e presta con generosità e viene imbrogliato e derubato senza opporre alcuna difesa o resistenza. Se nei momenti di bisogno cerca di recuperare qualche somma prestata desiste subito: sembra che lo sforzo che la cosa gli richiede non valga l’improbabile risultato. E riemerge un’altra nota caratteristica delle opere di Hamsun, quella della spinta al vagabondaggio. Tra il 1906 e il 1912 aveva scritto tre testi, che compongono una sorta di trilogia del vagabondo, Sotto la stella d’autunno, Un vagabondo suona in sordina e L’ultima gioia. Abel riassume in sé tutte le caratteristiche del “vagabondo” per eccellenza. Si rifiuta di mettere radici nella cittadina dove è nato e i suoi rapporti con la piccola comunità, prevalentemente di pescatori, in cui vive, sono incerti e incostanti.

Il suo vagabondaggio lo ha condotto soprattutto ad apprezzare e ricordare con costante rimpianto il Kentucky dove aveva persino una moglie e vivevano felici senza avere nulla se non i pochi vestiti che indossavano. Di questo periodo gli rimane una tomba che vuole rivedere e un amico in prigione. Piace alle donne, perché è amante tenero e affettuoso; anche Lili sposata con Alex gli si concede e almeno talvolta sembra che i mariti lo tollerino; Alex beneficia più volte della generosità e dell’interessamento di Abel, anche dopo che gli ha sparato con la pistola che gli aveva sottratto. Anche di questo sembra quasi che Abel non si curi per nulla. Ancora una volta quello che rende importante questo romanzo sono i particolari, descritti e cesellati con impareggiabile maestria e ai quali spesso rimane sottesa un’ironia mai pungente.

Il romanzo fu tradotto in Italiano nel 1939 da Gustavo Sacerdote, socialista israelita, corrispondente dalla Germania per l’Avanti!, sorvegliato speciale e poi internato, nel 1940, in campo di concentramento. Infatti la sua traduzione nel 1939 fu pubblicata senza riportare il suo nome nella collana Medusa di Mondadori che ebbe grande importanza per pubblicare, in periodo di autarchia fascista, importanti opere straniere. Solo nel dopoguerra le nuove edizioni di Il cerchio si chiude riportarono il nome di Gustavo Sacerdote come traduttore.

Sinossi a cura di Paolo Alberti

Dall’incipit del libro:

Quando la gente va al molo per l’arrivo del vapore costiero, non c’è in vista un introito, ma neanche una spesa; l’equilibrio è perfetto; al massimo si consumano un po’ le scarpe. Tutto sommato, non ne può venire alcun danno; ma raramente ne vien fuori qualcosa. Non si tratta, dunque, né d’un avvenimento straordinario, né d’uno spettacolo da rallegrare gli Dei, non v’è proprio nulla di meraviglioso. No, no! Alcuni uomini e alcune casse scendono a terra, alcuni uomini e alcune casse salgono a bordo. Nessuno parla, né il timoniere, che sta appoggiato al parapetto, né lo spedizioniere ch’è sul molo; essi non hanno bisogno di dire neppure una parola; guardano le carte e fanno cenno con la testa.
È tutto qui.
E ogni giorno la gente sa press’a poco quel che vedrà, andando al molo; eppure ci va.
Non c’è dunque mai altro da vedere?
Deve proprio capitare che venga condotto sul ponte d’approdo il cieco suonatore d’organetto, il quale porta un po’ di movimento tra i bambini, oppure che uno sportivo stravagante scenda dalla nave con gli sci e il sacco dietro le spalle, sebbene si sia già in maggio e la Pasqua sia passata da molto tempo.

Scarica gratis: Il cerchio si chiude di Knut Hamsun.