In questa raccolta di episodi di vita famigliare, “veri, dell’infanzia, e della gioventù di persone che ora sono mature o vecchie”, scritti nel 1886 e pubblicati nel 1888, l’autrice, sempre con tono divertito ed affettuoso, mette a paragone i comportamenti e l’educazione delle bambine e bambini di una volta con quellǝ di oggi, che sono “i despoti delle famiglie, i padroni del mondo”.

Ma bisogna intenderci sulle date e sulle generazioni. Chi scrive, l’io narrante è, si suppone, la stessa Maria Antonietta Torriani (1840 – 1920), che assumerà nella sua carriera di giornalista e scrittrice lo pseudonimo di Marchesa Colombi. Rimasta senza padre, ad un anno di vita, e senza madre (morta nel 1853), al compimento dei suoi tredici anni, la famiglia dell’autrice era composta da una sorella maggiore di nome Giuseppina, da un fratellastro, e dall’anziano patrigno, sposato in seconde nozze dalla madre, e chiamato da sempre ‘nonno’ dalle ragazze.

Sono dunque tre i livelli temporali di narrazione: i “ragazzi di oggi” sono quelli nati intorno al 1870-1875, il giovane uditorio di queste storie; poi c’è la generazione di Maria Antonietta da bambina, natǝ intorno al 1840; infine quelli “di una volta” sono la generazione del ‘nonno’ nata all’incirca nel 1780.

In tutti gli episodi Maria Antonietta racconta alle ragazze e ragazzi di oggi come, ogni volta che lei e la sorella da piccole si trovavano in difficoltà, il nonno raccontava come ai suoi tempi egli, da ragazzino come loro, avesse superato brillantemente le stesse difficoltà. Passano gli anni, passano le generazioni, ma in fondo i problemi e le preoccupazioni dell’adolescenza non cambiano. Scrive la Marchesa Colombi:

«Non so se i fortunati bambini, curati, accarezzati col dolce sistema moderno, che approvo, riescano moralmente migliori di quelli d’altre volte, avvezzi dai primi anni a sopportare delle piccole contrarietà.»

Ai tempi del nonno ragazzino la soluzione era sempre più semplice, si concentrava sull’essenziale, senza troppi fronzoli ma mirando direttamente al risultato. In Come il nonno imparò a nuotare, il primo episodio, la scrittrice racconta come lei e la sorella da bambine, andando con le amichette al lago d’Orta e vedendo le altre nuotare, avevano una gran voglia d’imparare anche loro. Come fare? Ecco che un barcaiolo comincia a dare loro semplici lezioni di nuoto. Ma il nonno sulla spiaggia ride e ricorda come imparò lui:

«Un giorno stavo sul Ponte del diavolo guardando alcuni compagni che nuotavano di sotto, e dissi a due altri che si preparavano a fare il salto:
‒ Come mi piacerebbe di saper nuotare anch’io!
Non avevo terminato di dirlo che mi sentii sollevare da terra e precipitare nel vuoto, mentre i compagni che mi buttavano giù, gridavano agli altri che erano già nel torrente:
‒ Attenti! attenti! Badate che vien giù Andrea!»
E poi, dal giorno dopo, il ‘nonno’ sapeva nuotare senza aver mai preso una lezione!

Lo schema si ripete pressoché identico per tutti i casi e le difficoltà che si trovano ad affrontare Maria Antonietta e Giuseppina: come imparare a pattinare sul ghiaccio, a ballare, a suonare uno strumento musicale, a farsi la barba ovvero la prima volta dal barbiere (questo alle ragazze Torriani non serviva, ma forse a qualcuno del giovane uditorio della Marchesa Colombi sì), come sopportare il dolore di levarsi un dente, come accettare di presentarsi in pubblico per gli esami senza il vestito alla moda, senza vestirsi di nuovo,…

Il nonno, nato in una famiglia non ricca e dove serviva il contributo e il lavoro di tuttǝ per sbarcare il lunario, narrava ogni volta come era riuscito gran nuotatore, ballerino, flautista, come aveva superato i casi della vita e le sue paure, infischiandosene delle apparenze e mirando alla vera sostanza delle cose. Le ragazze Torriani però a volte, di fronte ad un problema e all’idea di cercare aiuto dal nonno commentano:

«‒ Per carità! Ci racconterebbe un’altra storia, noiosa come quella de’ suoi vestiti andati in fumo, che ci raccontò due anni fa in collegio; e non ci si guadagnerebbe altro.
‒ È vero. Tutti i nostri ideali sono destinati a svanire in una storiella.»

L’unica riposta, sempre uguale, del nonno a tutte le richieste delle ragazze è: “Non se ne parli altro!” Cioè: Non c’è altro da dire: il mio è un no e non se ne parli più!

Ma il nonno era anche pieno di affetto e di premura per le sue ragazze e sicuramente ha trasmesso loro le più difficili delle virtù umane: “Essere indulgente, e non giudicare il prossimo.”

Sinossi a cura di Claudia Pantanetti, Libera Biblioteca PG Terzi APS

Dall’incipit del libro:

A misura che considero l’esistenza dei ragazzi che mi circondano, mi convinco sempre più, che questo è un tempo estremamente fortunato e bello per la fanciullezza. I bambini sono i despoti delle famiglie, i padroni del mondo, anche nelle case dove una giusta e voluta severità, non permette alle piccole testoline capricciose di avvedersi troppo di questa loro fortuna.
Si vedono intere famiglie della borghesia trasportarsi, nell’estate, in riva al mare, o sui monti, o a qualche sorgente di acque minerali, ‒ anche a costo di gravi sacrifici di borsa, ‒ per rinforzare un bambino gracile, per ridare un po’ di roseo alle guancie impallidite di una bambina. A’ miei tempi i bambini delicati e poveri morivano, ed i genitori piangevano amaramente. Ma le bagnature e le cure climatiche erano riservate esclusivamente alla gente ricca.
Ora invece, se non si può movere la famiglia, si cerca, e si trova una pensione, economica relativamente, ma sempre gravosa per le piccole rendite e per la gente che vive del proprio lavoro; ma il ragazzo non è mai privato della cura che si richiede per la sua salute.
Pei figlioli dei poveri vi sono delle beneficenze che provvedono alle cure climatiche ed ai bagni di mare.

Scarica gratis: I ragazzi d’una volta e i ragazzi d’adesso di Marchesa Colombi (alias Maria Antonietta Torriani Torelli-Viollier).