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Quando comparve nelle librerie, nel luglio 1945, la prima edizione di questo lavoro dello storico Carlo Morandi, i riferimenti bibliografici sul tema erano scarsi e, spesso, ormai datati; si possono ricordare i lavori di Napoleone Colajanni o di Luigi Palma, che coprono periodi antecedenti alla prima guerra mondiale e, più recenti, quelli dei siciliani Francesco Corpaci e Giacomo Perticone, quest’ultimo capace di essere tanto autorevole da poter pubblicare, in pieno ventennio, uno studio sui partiti socialisti e comunisti e le tre Internazionali.
Il fermento e il dibattito dell’immediato dopoguerra vedevano la necessità intellettuale di ripensare non solo alle dinamiche del ventennio fascista e della sconfitta bellica, ma anche all’Italia liberale e alla sua incapacità di fronteggiare la dispersione dei valori di libertà ereditati dal Risorgimento, e il loro sconvolgimento susseguente alle scorie lasciate dall’esito del primo conflitto mondiale. In questo contesto si inseriva questo lavoro dello storico Morandi, forse breve e un poco schematico, ma importante strumento di indagine delle realtà socio-politiche in Italia a partire dal ’700 per giungere al 1926, col partito fascista ormai consolidato al potere.
Dalla corposa bibliografia che Morandi aggiunge in appendice, è lecito immaginare che, se la morte prematura non lo avesse stroncato, l’autore avesse intenzione di proseguire questo suo studio. Questo lavoro solo in parte è stato portato avanti dai curatori delle edizioni successive (dalla terza fino all’ottava): Walter Maturi e successivamente Luigi Lotti, che in una breve ma abbastanza esaustiva appendice affronta il tema dei gruppi e correnti politiche nella resistenza al fascismo tra il 1926 e 1946. Edizioni corredate anche dall’interessante introduzione di Giovanni Spadolini. Ovviamente si tratta di contributi che non possono essere inseriti in questo e-book che si rifà invece alla lettera delle prime due edizioni.
Sinossi a cura di Paolo Alberti
Dall’incipit del libro:
Gli scrittori del Risorgimento, che della storia italiana intendevano giovarsi come di un’arma, tra le più efficaci, d’educazione politica e di formazione nazionale, spesso additavano nell’età dei Comuni non solo gli episodi salienti d’una tenace vittoriosa resistenza al «tedesco imperatore», ma altresì la rigogliosa fioritura di libere ed autonome istituzioni e, nel loro ambito, il vigoreggiare d’una lotta politica che, nei secoli seguenti, parve illanguidita e spenta. Non a caso tornarono in onore gli antichi nomi, e la Penisola si popolò di neoguelfi e neoghibellini; l’esattezza storica era deformata o addirittura frainteso il significato di quei termini: ma ciò che aveva valore era appunto che una realtà nuova venisse calata in quei vecchi schemi. Che un abisso separasse i moderni aggruppamenti politici dagli antichi, nonostante qualche analogia, fu notato assai bene dal Minghetti: «Il Medioevo ebbe sètte, anziché partiti, sebbene anche nell’intimo senso dei guelfi e dei ghibellini si trovi un’idea morale». E già il Machiavelli, che giudicava le sètte esiziali («Le nimicizie di Firenze furono sempre con sètte e perciò furono sempre dannose….»), aveva ammesso l’utilità delle «naturali divisioni» e delle lotte relative, per esempio quelle tra la plebe e i patrizi nella Roma repubblicana. Le fazioni comunali avevano generalmente il loro nucleo originario in un gruppo di famiglie e miravano alla conquista del potere; raggiuntolo scopo, tendevano ad eliminare la parte ostile, cioè ad estinguere con l’annullamento o la paralisi dell’avversario ogni risorgente minaccia. Il turbamento e il frequente illegalismo cui davano origine le passioni di parte contribuirono all’evoluzione dei Comuni verso la signoria. Il principato, e altrove le grandi monarchie, segnarono la fine delle «libertà» medievali e l’inizio dei regimi assoluti. Dal XVI al XVIII secolo vi furono divisioni d’ordine politico-religioso, opposizioni di Corte, fronde, rivolte popolari, ma non partiti nemmeno nel senso che il termine e il concetto ebbero nell’età comunale.
Scarica gratis: I partiti politici nella storia d’Italia di Carlo Morandi.