I documenti distrutti.

Le avventure di Kutt-Hardy
Il Rivale di Sherlock-Holmes

di
Giovanni Bertinetti [Herbert Bennet]

tempo di lettura: 9 minuti


Di tutte le avventure occorsemi nella mia lunga carriera di poliziotto – cominciò Cutt-Hardy – quella che sto per narrarvi fu per me la più difficile a districare. Il problema che si trattava di risolvere era estremamente arduo, consistendo, per così dire, in una equazione di cui le incognite abbondavano stranamente. E fu solo in grazia dei miei studi scientifici che io ebbi la possibilità di trionfare ancora una volta nella ricerca della verità. Ascoltate dunque, miei buoni amici, e considerate voi stessi la difficoltà del problema.
Era una mattina di gennaio del 1900. Io mi disponevo ad uscire per recarmi ad un appuntamento con un tale che richiedeva il mio aiuto, quando mi venne annunziata la visita del giovane e già noto avvocato Freeman. Io non conoscevo costui personalmente ma lo sapevo un abile professionista in procinto di acquistarsi una straordinaria notorietà. Appena entrò nel mio salotto io lessi sul suo viso pallidissimo, sulla sua fronte corrugata, e nel suo sguardo perplesso qualche cosa di strano la cui impressione allora, lì per lì non sono riuscito a definire, ma che poscia, insieme ad altri indizi, mi servì a scoprire la verità.
— Scusate se vi disturbo – disse il giovane avvocato. – Voi vi disponevate ad uscire, ma vi scongiuro, ascoltatemi due minuti… Forse il caso che mi capita è degno della vostra ormai notissima perspicacia.
— Sedete, avvocato: io sarò ben fortunato di fare tutto quanto mi sarà possibile per voi.
Freeman sedette e dopo alcuni istanti di pausa, cominciò:
— L’anno scorso moriva in circostanze misteriose il ricchissimo banchiere Cleveland. La morte fu dai dottori ascritta ad una sincope cardiaca. Sua moglie, la signora Cleveland, ereditò una cospicua somma, mentre il rimanente andò ad un nipote del banchiere, un certo Arthur Woolsey. Questo nipote, benchè avesse ereditato una somma non indifferente, non era affatto lieto di questa morte, anzi radunando diverse circostanze e riaffermando alcuni dubbi e sospetti che da qualche tempo lo perseguitavano, Woolsey si mise in capo l’idea che suo zio fosse stato assassinato. Siccome egli amava estremamente questo suo unico parente, dopo molte pratiche riuscì a raccogliere sufficienti prove per accusare qualcuno della morte dello zio. Questo qualcuno, è inutile che ve lo dica, signor Cutt-Hardy, non era altri che la signora Cleveland. Costei, molto più giovane del defunto marito, riuniva nella sua persona gravi indizi di colpabilità. Non amava suo marito, aveva più volte lasciato capire che l’abito da lutto non le sarebbe parso troppo gravoso e poi correvano voci poco tranquillizzanti sulla sua fedeltà matrimoniale. Insomma, signor Cutt-Hardy, il nipote del banchiere Cleveland nutriva la certezza che la signora zia avesse abilmente preparato la morte del banchiere. Questa certezza era basata su documenti autentici: lettere e biglietti che Woolsey con una straordinaria pazienza e ricorrendo anche a sotterfugi era riuscito a radunare.
— Erano lettere d’amore? – domandai.
— La maggior parte sì – rispose l’avvocato – ma vi erano anche bigliettini alquanto cabalistici nei quali con un po’ di logica, si veniva a ricostrurre il delitto.
— Queste lettere, signor avvocato, erano scritte alla signora Cleveland?
— Precisamente.
— E da chi?
— Dal dottore Georges Filled.
— Il notissimo psichiatra?
— Precisamente.
— Il dottore Georges Filled era dunque l’amante della signora Cleveland?
— Almeno ciò appariva chiaramente dalle lettere radunate dal nipote Woolsey.
— Dimodochè il nipote del banchiere Cleveland, coll’aiuto di quelle lettere intendeva accusare sua zia di omicidio?
— Colla complicità del dottor Filled – aggiunse l’avvocato. – Questo, signor Cutt-Hardy, è, si può dire, l’antefatto della stranissima avventura che mi succede. Ascoltatemi. Il nipote del banchiere, il signor Woolsey venne da me quindici giorni or sono: mi narrò tutto quanto voi sapete, mi consegnò le prove del delitto e conferì con me circa il sistema migliore per denunziare gli assassini. Come voi potete immaginare, lo scoppio di questo scandalo sarebbe stato enorme e per quindici giorni io studiai accuratamente l’affare. Questa mattina, giorno fissato di comune accordo per fare la denunzia, a me toccava la più terribile e ingrata sorpresa. Il signor Arthur Woolsey venne da me alle otto, ci recammo al mio studio; aprii la cassa forte ove son uso tenere i documenti d’importanza e ove avevo nascosto in una busta gialla i documenti accusatori e tutti e due mandammo un grido di sorpresa dolorosa.
— I documenti accusatori erano scomparsi?
— Scomparsi: nella busta gialla che li racchiude non vi era che un pugno di carta bruciata. Eccola!
Il giovane avvocato trasse infatti di tasca una busta gialla, l’aprì e mi mostrò un informe mucchietto di carta bruciata. Dopo aver guardato con stupore la busta, io domandai:
— Nessuno ha la chiave della vostra cassa?
— Nessuno.
— Quand’è che voi avete veduto per l’ultima volta nella cassa i documenti?
— Ieri sera. Ma lo straordinario vien ora. Avendo qualche lavoro d’importanza da fare, per tutta la notte, io non mi mossi dal mio studio: soltanto, mi pare d’essermi per qualche minuto assopito sul sofà. Ora, è materialmente impossibile che qualcuno sia entrato nel mio studio per bruciare i documenti: io tenevo inoltre la chiave in tasca.
— Dimodochè voi concludete…
— Io non concludo nulla se non che mi sento diventare pazzo e che mi sembra d’essere vittima di qualche fenomeno soprannaturale…
— Lasciamo da parte per ora il soprannaturale e restiamo sul terreno della logica. Voi siete ben certo che nessuno, durante il vostro breve sonno, sia entrato nello studio?
— Certissimo… Ma se anche qualcuno fosse entrato, non avrebbe potuto aprire la cassa forte senza conoscere la «parola…», e poi, voi dovete sapere che io sono solo nel mio studio: la donna che accudisce il mio appartamentino non viene che quattro ore al giorno, e vi assicuro che ho trovato ogni cosa perfettamente in ordine.
— Certo il problema è stranissimo – dissi.
— Voi comprenderete quale sia il mio stato d’animo, senza contare la disperazione in cui metto quel povero Woolsey!
— E la gioia di coloro che forse oggi o domani potrebbero essere in galera… Ma a proposito, soggiunsi, voi conoscete questi signori presunti assassini del banchiere Cleveland?
— Conosco la signora di vista ed ho parlato tre o quattro volte col dottore Filled.
— Che impressione vi ha fatto costui?
— Un’impressione che non saprei definire… Egli è un uomo alto, sui trentacinque anni, con un naso che gli dà un’aria da uccello da preda e due occhi profondi ed inquietanti… Anzi mi ero dimenticato di dirvi che questo dottore, avendo qualche sospetto di quanto il nipote di Cleveland preparava contro di lui, ebbe il coraggio di venirmi a proporre una ingente somma perchè io mandassi tutto a monte.
— Ah!
— Naturalmente io rifiutai, rifiutai anche in un certo tono che lo fece impallidire.
— Vi ha fatto qualche minaccia?
— No, a dire la verità, ma il suo sguardo mi parve così strano…
A questo punto io mandai un piccolo «ah!» di meraviglia.
— Che avete signor Cutt-Hardy? Avete forse trovato qualche cosa?
— No, per ora. Il problema, ve lo ripeto, è d’una estrema difficoltà. Qualunque ipotesi sarebbe per ora azzardata. Intanto è necessario che io mi rechi a visitare il vostro studio…
— Andiamo… ma io dubito assai che possiate riescire a ritrovare il bandolo di questa matassa.
— A quanto sembra – dissi sorridendo – non è molto grande la stima che voi avete nelle mie facoltà poliziesche…
— Essa è grandissima… ma il fatto che mi succede è così inverosimile, così assurdo…
— L’assurdo, caro avvocato, non esiste… Il miracolo si spiega oggi scientificamente… Andiamo a casa vostra.

*
* *

Lo studio dell’avvocato Freeman era elegante e situato in una delle principali vie di New-York. Io non escludevo l’ipotesi che l’auto da fè degli importanti documenti fosse stato eseguito da qualche persona penetrata nello studio, proprio durante il sonno di Freeman. Il fatto che Freeman sosteneva di avere dormito pochi minuti, dimostrava assai poco. Nessuna nozione è più illusoria di quella del tempo impiegato nel sonno. Però io dovetti abbandonare subito questa ipotesi quando esaminai la disposizione delle camere; prima di giungere allo studio era necessario attraversare tre ambienti, di cui le porte – così mi disse Freeman – erano chiuse a chiave. Perchè fosse possibile la distruzione dei documenti per parte di una persona estranea, occorrevano le seguenti condizioni: 1° che la persona possedesse tutte le chiavi dell’appartamento, compresa quella del portone d’entrata; 2° che essa possedesse la chiave della cassa e la parola segreta della serratura; 3° che avesse accesa una candela per bruciare le carte ad una ad una e raccogliere la cenere accuratamente nella busta… E poi, perchè mai questa persona, che aveva senza dubbio tutto l’interesse a fare presto, si sarebbe presa il gusto di lasciare nella busta la cenere?
Fatto questo ragionamento io esclusi l’ipotesi.
Ma allora?
Mi posi ad esaminare attentamente lo studio e feci all’avvocato alcune domande.
— A che ora siete entrato a casa?
— Alle nove, dopo cena. Mi sono seduto a questo scrittoio per lavorare attorno ad una causa importante che dovrò discutere domani. Alle nove e mezza – me lo ricordo benissimo – ho aperto la cassa forte per mettere in ordine di data i documenti scomparsi così stranamente.
— E li avete messi in ordine seduto a questo scrittoio?
— Precisamente. Come vedete, per aprire la cassa non ho che da allungare la mano.
Intanto io avevo fatto una scoperta della più alta importanza. Sullo scrittoio vi erano ancora le traccie dell’auto da fè.
— Ecco, avvocato, dove sono stati bruciati i documenti…
— È vero! Ecco ancora dei pezzetti di carta bruciata!
— Ed ecco la candela che servì all’operazione!
L’avvocato, pallidissimo, mi osservava con stupore.
— Dunque ammesso che una persona sia entrata nello studio, essa deve essersi seduta al mio posto per fare l’operazione?
— Senza dubbio.
— Ma questa è una cosa da impazzire! – esclamò l’avvocato. – Sono vittima di qualche manifestazione diabolica!
Io presi la mano di Freeman, essa era scottante e tremante. Il suo viso era quasi convulso. La mia ipotesi, che già mi era balenata quando Freeman mi parlò dello sguardo inquietante del dottore Filled, andava prendendo una forma concreta.
— Vedete – dissi – per quanto la mia asserzione vi paia assurda, voi stesso avete bruciato questa notte i documenti…
Freeman mi guardò in silenzio compreso del più alto stupore.
— Ormai non v’è più dubbio; voi stesso avete aperto la cassa forte, ne avete estratto i documenti, li avete bruciati uno ad uno, raccogliendone la cenere.
— Ma io divengo pazzo!
— Calmatevi, signor Freeman… Voi siete stato vittima di un fenomeno comunissimo: la suggestione. Voi avete agito in stato ipnotico.
Freeman si lasciò cadere sopra una poltrona scoppiando in pianto.
— Ora comprendo tutto! – esclamò tra i singulti. – Fu il dottore Filled… Quei suoi occhi strani, che mi guardavano così imperiosamente…
— Senza dubbio… Quando venne da voi per comprare il vostro silenzio, egli ricorse all’ipnotismo di cui è un esperto operatore… abusando della vostra suggestionabilità spiccatissima, egli vi ordinò, appena fosse giunta la notte, di distruggere i gravi documenti che lo avrebbero rovinato…
— Così la mia causa è perduta!
— No… Gli assassini del povero Cleveland non debbono rimanere impuniti. Il dottore Filled è riescito a farvi distruggere le prove del delitto, ma noi le ricostruiremo – esclamai, parola di Cutt-Hardy!

*
* *

— E siete poi venuto a ricostruirle? – domandarono gli ascoltatori di Cutt-Hardy vivamente interessati.
— Sì, dopo molti studi… Ciò formerà l’argomento di un altro racconto.

Fine.


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QUESTO E-BOOK:

TITOLO: I documenti distrutti
AUTORE: Bertinetti, Giovanni [Herbert Bennet]

DIRITTI D'AUTORE: no

LICENZA: questo testo è distribuito con la licenza specificata al seguente indirizzo Internet:
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TRATTO DA: Il rivale di Sherlock-Holmes / di Herbert Bennet. - Torino : S. Lattes e C., 1907. - 163 p. ; 19 cm.

SOGGETTO: FIC022050 FICTION / Mistero e Investigativo / Brevi Racconti