Amalia Guglielminetti scrisse Gli occhi cerchiati d’azzurro – il suo primo romanzo – quando era considerata “l’unica vera poetessa che oggi abbia l’Italia” secondo quello che ne disse Gabriele D’Annunzio. Dopo le poesie c’era stato anche il teatro (L’amante ignoto, considerato un vero e proprio tributo a D’Annunzio stesso, Nei e cicisbei, entrambi presenti in questa biblioteca Manuzio) e una prima produzione in prosa sotto forma di novelle (I volti dell’amore, Anime allo specchio). Le novelle non vennero generalmente bene accolte dalla critica. Nel passaggio dalla poesia alla prosa non si ravvisa però una vera frattura. I personaggi femminili restano legati a passioni impetuose, portatori di sofferenza e sofferenti a loro volta; ma sono allineati con le tematiche care alla poetessa. Se mai troviamo la prima “discontinuità” nella novella La signora della Quiete (nella raccolta già citata I volti dell’amore che sarà pubblicato nelle prossime settimane in questa stessa biblioteca Manuzio) dove compare per la prima volta la figura della donna “morta dell’indifferenza del suo amante”.

Come già detto la critica non fu entusiasta di questo cambio di produzione che venne prevalentemente giudicato esibizionista e “femminile” ma volendo indicare con questo termine una tendenza della sensibilità verso l’isterismo. Boine in maniera lapidaria scrisse: «legga Wininger la Guglielminetti e veda preciso». Boine con questa affermazione decisamente maschilista faceva riferimento al testo del 1903 Sesso e carattere, tradotto in italiano nel 1912 e che si dimostra non troppo felice erede della tradizione lombrosiana in merito alla correlazione tra caratteristiche fisiche e comportamentali.

Nel romanzo che presentiamo appare abbastanza chiaro l’inizio dell’influenza di Pitigrilli, che sarà il compagno della scrittrice fino al 1924, influenza che culminerà nel romanzo successivo La rivincita del maschio. Dopo l’edizione Milano/Italia del 1920, Mondadori fece tre edizioni successive nel 1927 (da questa è tratto il nostro e-book), 1932 e 1933. Certamente questo successo editoriale non è slegato dalla notorietà che alla Guglielminetti fu portata dalle vicende giudiziarie legate al suo romanzo successivo, il già citato La rivincita del maschio. Se nel 1923 questo era passato quasi inosservato, l’edizione del 1928 fu invece contrastata con azioni legali. La Guglielminetti fu assolta perché il romanzo

«non doveva assolutamente essere considerato pornografico, né disgregatore di una morale costituita, essendo la Guglielminetti una scrittrice che non eccita i sensi, ma che sferza e flagella, sia pure in pagine arditissime quei costumi indubbiamente rilasciati del suo tempo, cioè del tempo avanti la marcia su Roma».

Vale a dire che l’ambiente descritto non era quello dell’Italia Fascista. Ogni remora o perplessità dell’editore veniva quindi a cadere e anche Gli occhi cerchiati d’azzurro potè essere ristampato senza problemi. Perché infatti anche in questo romanzo era possibile ravvisare facilmente il “disordine morale” del quale parla il pretore Cialente, che pure dovette mandarla assolta, senza però rinunciare a rimarcare che

«Il romanzo scritto in un’epoca di disordine morale e materiale, quale quella del dopoguerra, in un’epoca in cui la ricerca dei piaceri e del godimento era diventata una specie di reazione alle sofferenze e alle privazioni di quattro lunghi anni, risente completamente di quel disordine morale».

Gli “occhi cerchiati d’azzurro” sono quelli della giovane e bella Baldina Reani, giovane volitiva, orfana di padre e praticamente relegata a una vita da reclusa assieme alla madre in un castello che appare subito un po’ tetro. Di questi occhi e di tutta la persona della giovane Baldina si innamora l’ingegnere, che non esercita la professione essendo ricco e nobile, Livio Moltesi-Dauri, che la conosce casualmente in treno e ne rimane praticamente folgorato e non esita a farle visita recandosi da Torino al castello nelle Langhe,

«di quella terra fra Piemonte e Liguria che non è ancora marittima e non è più alpestre, ma ha della vicina montagna la glauca ombra delle conifere e del mare non lontano la blanda mitezza del cielo che le sovrasta.»

L’ambientazione che propone la scrittrice è quanto mai coinvolgente, sia quella provinciale che quella cittadina. E in questa ambientazione si svolgono le rapidissime nozze, che però non tengono conto del passato recente di Livio, il quale a Torino ha da 10 anni un’amante, Ilda Miari. Si svolge così questo “triangolo” con tre vittime colpite, in maniera diversa ma certamente tragica, dagli avvenimenti. Con feroce sarcasmo sono delineati alcuni personaggi di contorno, che incarnano la maldicenza e il pettegolezzo che si manifesta con uguale odiosità sia in città che in provincia. Il tutto sovrastato da una perenne aurea di vacuità e futilità che il dottor Fanti, nelle ultime pagine, riassume con una frase lapidaria:

«La vita è una stupida cosa, signorina. Cercare di liberarsene anzitempo significa darle una importanza ch’essa non merita.».

Dal 1941 al 1959 nessuna opera di Amalia Guglielminetti fu ristampata. Ma tra gli estimatori mi piace ricordare adesso Giorgio Caproni che nel suo Taccuino di uno svagato sottolinea la sincerità e quindi la grandezza e la saggezza, quella di una donna esteticamente piacevole che sapeva benissimo di essere più amata che desiderata e di un’autrice esteticamente valida che ebbe una perfetta coscienza letteraria e conobbe il senso della propria misura. «I romanzacci della Guglielminetti riescono a commuovere come le poesie di Amalia». Romanzacci che in definitiva valgono oggi a farci intravedere gli aspetti certamente meno nobili della seriosa borghesia del tempo.

Sinossi a cura di Paolo Alberti

Dall’incipit del libro:

L’automobile si fermò in mezzo al cortile e Livio Moltesi-Dauri balzò a terra. Subito, in cima alla breve gradinata di marmo a chiazze verdi, fiancheggiata da due ringhiere di ferro arrugginito, apparve un uomo cinquantenne, qualcosa d’incerto fra il servitore e il contadino, il quale lo esaminò un momento ad occhi socchiusi, curiosamente, prima di scendere ad incontrarlo. Ma quando si risolvette, Livio era già presso di lui e gli chiedeva con un tono impaziente:
— Sono in casa le signore?
Aveva appena gettato uno sguardo alla grande facciata nera e liscia della casa, aveva appena avvertito il senso di tetra durezza, di malinconica superbia che pareva emanare da quella vecchia costruzione quadrata, su cui le finestre e le porte s’incorniciavano di una larga fascia bianca, staccata e contrastante sul fosco colore delle pareti con un effetto di lugubre fastosità.

Scarica gratis: Gli occhi cerchiati d’azzurro di Amalia Guglielminetti.