Giorgino mangiabombe
Giorgino mangiabombe

Elisabetta Mauti ha 44 anni, è laureata in lingue e letterature straniere e in psicologia clinica. È autrice di fiabe e filastrocche e vincitrice del 1° Premio «la Filastroccola» 2008. Ha fondato «Dillocon1fiaba», associazione che propone laboratori sulla fiaba per bambini e adulti. Per le edizioni Erickson ha pubblicato: Una fiaba per ogni perché (2007) e Cosa mi racconti oggi? (2009). L’abbiamo intervistata a proposito del suo ultimo libro, Giorgino mangiabombe e altre storie per bambini che non hanno paura delle emozioni (ed. Erickson, 2010).

Il Suo ultimo libro si intitola Giorgino mangiabombe e altre storie. Di che storie si tratta?
È una raccolta di 3 favole destinate ai bambini dai 6 ai 9 anni. I personaggi sono soprattutto le emozioni, un elemento fondamentale nella vita di tutti, ma che i bambini sentono in modo dirompente, e che faticano ad esprimere. I bambini (e a volte anche gli adulti) rischiano di essere sopraffatti dalla forza delle loro emozioni; le favole hanno il potere di aiutarli a prendere una certa distanza da quello che li fa stare male. Giorgino, per esempio sente nella pancia il potere esplosivo di una bomba; grazie alla pazienza di una coppia di nonni saggi, la bomba verrà disinnescata e con essa le emozioni negative che colpiscono al cuore. Ma c’è di più: da quel momento Giorgino (e speriamo anche il lettore) avrà imparato a difendersi dalle emozioni che lo fanno stare male perché – una volta espresse – perdono la loro forza distruttiva. Celeste invece, la protagonista della seconda favola, vive la solitudine tipica dell’infanzia, resa ancora più dura dalla nascita di una sorellina. Lei però riesce a riempirla con le sue invenzioni meravigliose, viaggiando attraverso una cornice magica e visitando un mondo lontano da dove potrà vedere il mondo con una nuova angolatura, imparando che cosa è davvero importante nella vita delle persone. E per finire, la terza favola che ha come protagonista un cucciolo di Orchessa che riesce pian piano a farsi accettare e conoscere da un papà Orco e a farsi volere bene per quello che è.

Come nasce in generale l’idea di un libro per bambini?
Posso dire poco di come nasce un libro, ma so come nasce una favola. Ci sono volte in cui sento di dover dire qualcosa che ritengo vero e importante, come nel caso di questa raccolta: trovo un messaggio che mi pare fondamentale e ci costruisco una favola attorno. In altri casi percepisco un’atmosfera, qualcosa di simile ad un colore o ad una musica, che esprime un posto immaginario, con tanti personaggi che vengono da lì: così parte la trama. Altre volte invece vedo un oggetto che me ne ricorda un altro, come il ramo di un albero che mi ha fatto pensare al braccio di una strega malvagia e da cui è nata «Cuore di Quercia». Le mie preferite però sono le idee buffe che fanno ridere le mie figlie, come la storia del professor Traballa o di Mamma Pasticciona, che è pubblicata a puntate on-line, sul sito di «Che forte!» (www.cheforte.it/che-forte-questa-favola/blog.html)

Giorgino sente i suoi genitori litigare urlando e invece del mal di testa gli viene «un gran mal di pancia». Cosa possono apprendere gli adulti sul mondo dei bambini, dalle Sue storie?
I bambini parlano un linguaggio universale, fatto di immagini, di analogie e di emozioni. I genitori (e gli adulti in genere) ne parlano un altro. La favole, tutte le favole autentiche, non quelle didascaliche o didattiche, ma quelle scritte solo per far divertire i bambini, rispettano il linguaggio infantile. Se i grandi accettano di farsi trasportare dall’immaginazione, come fanno i bambini, posso imparare a padroneggiare lo stesso linguaggio e arrivare a capirsi. I bambini sono onesti, dicono quello che sentono, ma troppo spesso noi facciamo l’errore di filtrarlo con il buon senso e la razionalità, che sono tipici dei grandi e capiamo quello che vogliamo. Il risultato? Spesso ci appaiono buffi, ma la verità è che li conosciamo poco. Prendiamo Giorgino: convinto di aver ingoiato una bomba rimasta in soffitta, accetta di parlare di sé e delle proprie emozioni. Non è diverso per un bambino in carne ed ossa. Io penso di no. Ho usato la favola di Giorgino in molti laboratori, per portare i bambini a parlare di sé. Il fatto è che non si può dire ad un bambino… «devi esprimere le tue emozioni», oppure «ricordati che nella vita i legami sono importanti». Però se riesci a confezionare per lui una favola che lo appassioni, puoi trasmettere qualsiasi messaggio ed essere sicuro che passerà.

L’ultima storia del volume racconta l’incomprensione tra un papà orco e la sua piccola orchessa e si intitola: «Come è difficile allevare un vero papà!». In che modo l’educazione dei genitori passa attraverso quella dei figli?
Quella disparità di linguaggio di cui parlavamo prima, si riflette nel fatto che il genitore propone razionalmente dei contenuti, negando o misconoscendo emozioni e sensazioni. I bambini però capiscono benissimo queste ultime. Per educare un bambino, credo sia indispensabile per un genitore conoscere e accettare se stesso con grande onestà. I nodi emotivi del genitore, vengono colti immediatamente dal bambino che (come nella favola dei vestiti nuovi dell’imperatore) è bravissimo a smascherarli e metterli a nudo. L’educazione è un processo continuo e a due sensi.

Questo è il Suo terzo libro rivolto ai più piccoli, anch’esso pubblicato con le edizioni Erickson. Inoltre ha vinto nel 2008 il 1° Premio «la Filastroccola». Cos’ha in mente per il futuro?
Quello su cui mi sto sperimentando ora è il racconto delle favole a teatro. Quest’inverno ho fatto diversi spettacoli e ne ho 3 in programma per l’estate 2011. Una favola è davvero completa quando oltre ad essere scritta (e possibilmente illustrata) viene raccontata: solo allora la favola prende vita, e si modifica anche, perché i bambini che la ascoltano entrano a farne parte. Le favole raccontate dal palcoscenico, con la partecipazione dei bambini in platea, sono per me la chiusura di un cerchio; un completamento del mio lavoro attraverso la partecipazione dei bambini in sala. I bambini si dimenticano presto di dove si trovano, perdono ogni traccia di timidezza e si buttano nella favola, volando con il protagonista o lottando contro il cattivo e lo spettacolo diventa magia. Sono per me momenti di felicità piena.


Elisabetta Mauti, Giorgino mangiabombe e altre storie per bambini che non hanno paura delle emozioni, ed. Erickson, 2010, pp. 141, euro 15,00.

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Paolo Calabrò
Laureato in scienze dell'informazione e in filosofia, gestisco il sito ufficiale in italiano del filosofo francese Maurice Bellet. Ho collaborato con l'Opera Omnia in italiano di Raimon Panikkar. Sono redattore della rivista online «Filosofia e nuovi sentieri» e membro dell'associazione di scrittori «NapoliNoir». Ho pubblicato in volume i saggi: – Scienza e paranormale nel pensiero di Rupert Sheldrake (Progedit, 2020); – Ivan Illich. Il mondo a misura d'uomo (Pazzini, 2018); – La verità cammina con noi. Introduzione alla filosofia e alla scienza dell'umano di Maurice Bellet (Il Prato, 2014); – Le cose si toccano. Raimon Panikkar e le scienze moderne (Diabasis, 2011) e 5 libri di narrativa noir: – Troppa verità (2021), romanzo noir di Bertoni editore (2021); – L'albergo o del delitto perfetto (2020), sulla manipolazione affettiva e la violenza di genere, edito da Iacobelli; – L'abiezione (2018) e L'intransigenza (2015), romanzi della collana "I gialli del Dio perverso", edita da Il Prato, ispirati alla teologia di Maurice Bellet; – C'è un sole che si muore (Il Prato, 2016), antologia di racconti gialli e noir ambientati a Napoli (e dintorni), curata insieme a Diana Lama.