(voce di SopraPensiero)

 

Terzo romanzo di Lawrence, con forti riferimenti autobiografici. La madre di Lawrence morì di cancro nel 1910 e il romanzo, pubblicato per la prima volta nel 1913, fu scritto appunto tra il 1910 e il 1912.

Gertrude Coppard, maestra di scuola con padre rigido e severo, si sposa con Walter Morel, minatore provvisto di quella vitalità che manca nell’ambiente puritano nel quale è stata educata la ragazza. La felicità dura poco: Walter è brutale, ubriacone, mentitore. Gertrude concentra le proprie energie sui figli e si sforza di mantenere una vita intellettuale frequentando un’associazione femminile. Il primogenito, William, lavora e si trasferisce a Londra, aiuta la famiglia, ma s’innamora di una ragazza «sbagliata» e muore poco dopo di polmonite. Annientata dal dolore Getrude riversa il proprio amore (e le aspirazioni sociali) su Paul (gli altri due figli, Anna e Arturo, pur ben delineati nei caratteri, hanno comunque un ruolo di sfondo). Paul si impiega in una fabbrica di articoli ortopedici (proprio come l’autore […]) e dipinge con un certo successo. La sua relazione con Miriam, figlia di un contadino, è però osteggiata dalla madre. Scopre una passione per Clara, donna sposata e impegnata nelle battaglie delle «suffragette». Tramite anche un burrascoso e contraddittorio rapporto con l’ex marito di lei, Paul si rende conto che nulla lo lega a Clara, al di là dell’attrazione fisica, e comprende che l’amore della madre gli impedisce la maturità emotiva. Clara torna dal marito e Gertrude si ammala gravemente; per abbreviarne le sofferenze Paul le somministra una dose esagerata di morfina. La morte della madre lo lascia nella più totale solitudine; Miriam, ancora innamorata sarebbe pronta ad aiutarlo, ma Paul la respinge, deciso ora ad affrontare la vita con le sue proprie risorse.
Nella traduzione di Alessandra Scalero.
Trasposto cinematograficamente nel 1960 da Jack Cardiff.

Sinossi a cura di Paolo Alberti

Dall’incipit del libro:

I «Bottom» furono costruiti dopo «Hell Row». «Hell Row» era un branco di casette tozze, dal tetto di paglia, sparse lungo la riva del torrente, dalla parte di Greenhill Lane. Servivano d’abitazione ai minatori che lavoravano nei piccoli pozzi, due campi più in là. Il torrente scorreva sotto gli ontani, e appena lo intorbidivano quelle miniere di poco conto, dalle quali il carbone veniva tirato su dagli asini che giravano pigramente intorno al pozzo. E tutta quanta la regione era sparsa di quei medesimi pozzi, alcuni dei quali erano in efficienza fin dai tempi di Carlo II, e i pochi minatori e gli asini brulicavano sottoterra come formiche, formando bizzarri rialzi e piccole macchie nere tra i campi di grano e i prati. E le casette di questi minatori, a gruppi, a coppie qua e là, unitamente a qualche fattoria solitaria e alle case dei tessitori, sparse per tutta la parrocchia, formavano il villaggio di Bestwood.
Poi, una sessantina di anni fa, avvenne un cambia-merito improvviso. I piccoli pozzi vennero cacciati via a forza dalle vaste miniere dei finanzieri. I giacimenti di carbone e di ferro del Nottinghamshire e del Derbyshire erano stati scoperti. Carston, Waite e Co. apparvero all’orizzonte. In mezzo a una grande agitazione, Lord Palmerston inaugurò ufficialmente la prima miniera della Compagnia, a Spinney-Park, sull’orlo della foresta di Sherwood.
Fu a quell’epoca, a un dipresso, che il famigerato Hell Row, il quale con l’andar dei tempi aveva acquistato pessima fama, fu raso al suolo, e così molta sozzura venne spazzata via.

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