Non è il calcio, ma è l’evasione fiscale lo sport preferito dagli Italiani. Un malcostume che non si può cancellare del tutto, ma si può contrastare, fino a ridurne in modo significativo gli effetti negativi. Nella lotta all’evasione quasi tutti i paesi europei, e molti altri nel resto del mondo, fanno più di noi Italiani. Questo non vuol dire che dobbiamo rassegnarci, ma al contrario che abbiamo ampi margini di miglioramento.

Tra gli strumenti, il punteggio di lealtà contributiva nelle gare di appalto.

Di che si tratta?

Lo Stato, quando acquista da privati beni e servizi utilizza vari parametri per selezionare i fornitori. Purtroppo, più d’uno è discutibile. Di solito lo Stato sceglie:

  • in base a quanto è grande l’azienda (e a questo proposito si veda l’articolo “Grandi e piccole“);
  • in base al certificato di qualità, che costa moltissimo alle aziende piccole, e quasi nulla alle grandi. E sulla cui efficacia e sul cui schema dei costi sarebbe utile più di un ripensamento.

Questi discutibili parametri non hanno nulla a che vedere con la scelta del migliore, ma hanno l’effetto certo di ridurre la concorrenza, e quindi le possibilità di ottenere qualità migliore e prezzi inferiori.

Di fatto (e perfino in base alle norme), lo Stato non tiene in nessuna considerazione quanto il suo fornitore è leale nei confronti del fisco, cioè di tutti noi (a questo proposito, si leggano i dati incredibili illustrati nell’articolo sulle grandi aziende offshore). Inoltre, lo Stato finge di non sapere che la quasi totalità delle grandi aziende ricorre al subappalto illegale.

Considerato che attraverso i nostri “amministratori della cosa pubblica” compriamo beni e servizi per miliardi di euro, questa linea di condotta ci conviene? Se i “nostri” fornitori (sempre di meno come numero, ma sempre più voraci come tariffe) fanno ampio ricorso all’elusione e all’evasione fiscale, i costi si moltiplicano. Lo Stato infatti si trova a pagare una prima volta per il bene o il servizio effettivamente erogato, una seconda volta perché questo fiume di danaro sparisce nei paradisi fiscali (e quindi non si trasforma in ricchezza per il Paese), una terza volta perché non può avvantaggiarsi da una reale concorrenza tra fornitori.

Tutto questo non finirà finché sarà conveniente evadere ed eludere il fisco, avere lavoratori in nero e ricorrere al subappalto illegale.

Sui motivi per cui la nostra classe politica si esprima solo a parole (e non di rado, nemmeno a parole) contro l’evasione fiscale ci si potrebbero scrivere dei trattati. Ma su alcune semplici proposte dovrebbe essere facile concordare:

  1. Si vieti l’accorpamento fittizio dei servizi, quando è finalizzato solo a raggiungere basi d’asta che tengono fuori le piccole aziende;
  2. si vieti l’acquisto di massa di beni, quando questi possono essere forniti solo da grandi distributori (che poi ne moltiplicano per tre quattro volte il prezzo, invece di introdurre sconti, come vediamo succedere quotidiamente);
  3. soprattutto si introduca il punteggio di lealtà contributiva. Un parametro oggettivo e incontrovertibile che, grazie all’ampia informatizzazione del sistema, può essere fornito in tempo reale e senza costi rilevanti dall’Agenzia delle Entrate. Se il fornitore scarica gli utili nei paradisi fiscali, se ha subito sanzioni per aver evaso il fisco, se ha o ha avuto negli ultimi anni lavoratori in nero, ecc. (ovviamente con tutte le garanzie per chi ha provvedimenti in via di definizione) deve ottenere un basso punteggio di lealtà contributiva, e quindi perdere la gara!

In altri termini, si faccia in modo che frodare il fisco non sia conveniente!

Qui ulteriori informazioni: http://www.marcocalvo.it/appunti/fisco.htm