Podcast: Apple Podcasts | RSS
Stefano Palmieri, chief financial officer del Gruppo Granarolo Spa: “Indispensabile la ripresa dell’ export per le imprese del settore agroalimentare, fortemente penalizzate con la pandemia”
Ora che il Covid sembra aver allentato la morsa e si sta cercando di tornare alla normalità, è inevitabile una sorta di retrospettiva su ciò che è stato e chiedersi ciò che sarà di qui a breve. Anche per quanto riguarda il cibo, che è uno dei marchi di fabbrica dello stile italiano e della qualità della vita, tanto apprezzati all’estero. Arga, associazione interregionale dei giornalisti del settore Alimentazione ambiente e agricoltura – sede di Bologna, ha raccolto l’invito di Emil Banca Credito Cooperativo, a partecipare al webinar online sul tema “Le prospettive del settore agroalimentare: le scelte del Gruppo Granarolo”.
Ad aprire i lavori, nel tardo pomeriggio di oggi, 20 maggio, Daniele Ravaglia, direttore di Emil Banca di Bologna, gruppo bancario emiliano che ha promosso un ciclo di webinar on line gratuiti dal titolo Una finestra sul futuro per esplorare le prospettive post Coronavirus sul versante economico e finanziario. Ravaglia, che è anche giornalista pubblicista e direttore della rivista bolognese di cultura e ambiente Savena Setta Sambro, ha però voluto dedicare uno dei questi incontri con la stampa specializzata al tema dell’alimentazione. Il settore, cioè, che in Quarantena ha avuto una fortissima impennata, complice l’obbligo di mangiare a casa. Ma che al tempo stesso porta con sé tante incognite sul futuro, soprattutto per quelle imprese che come Granarolo, hanno fatto ingenti investimenti sull’export.
“Il settore agroalimentare è quello più importante della filiera, con 538 miliardi di euro l’anno e in forte espansione – spiega il moderatore Francesco Baruffi – ma che impatto ha avuto il lockdown e come ci si muoverà nell’immediato futuro?”. Stefano Palmieri (nella foto in basso) dopo aver presentato la realtà di Granarolo, spa emiliana controllata dalla cooperativa Gran latte, che gestisce 600 allevamenti per un totale di 40 mila mucche sparse sul territorio nazionale, ha spiegato le tappe decisive con le quali la società è riuscita ad imporsi sui mercati internazionali negli ultimi anni. Due le strategie: differenziazione dei prodotti del latte, investendo negli ultimi anni, soprattutto sui formaggi (più che sul latte) destinati all’estero, e sulla differenziazione geografica, attraverso l’acquisizione di società sparse in tutto il mondo, dal Brasile alla Nuova Zelanda, dal Nord Europa alla Cina.
Dopodiché ha descritto la situazione di questi ultimi 3 mesi, in cui nel giro di pochi giorni ci si è trovati di fronte al rischio di dover cessare la produzioni, con conseguenze economiche nefaste. “Siamo riusciti a impedirlo – racconta – grazie alla tempestività con cui abbiamo stabilito in poco tempo misure precauzionali come il blocco degli accessi dall’esterno, l’istituzione di un comitato interno creato ad hoc per l’emergenza, la stesura di protocolli di sicurezza e le linee guida inviate a tutte le nostre società in Italia e all’estero, lo smart working per gli impiegati, la pubblicazione di verbali giornalieri sul Microsoft Teams. Fino ad ora abbiamo registrato solo 3 casi di coronavirus su 1200 dipendenti senza nessuno stop alla produzione. Ma è stata dura – continua – soprattutto per gli operai costretti a lavorare su tre turni, anche nei giorni festivi”.
Bene, dunque il mercato interno dove le imprese sono riuscite a soddisfare il fabbisogno sia pure con costi di produzione molto alti e in tempi stringati. Le abitudini alimentari degli italiani infatti sono cambiate in un baleno. Costretti mangiare sempre a casa, hanno riscoperto la cucina casalinga, preparando pizze, pasta, torte fatte in casa. Oltre all’aumento del consumo di lievito, cresciuto del 119%, in base a un’indagine commissionata da Granarolo a Rem-Lab dell’Università Cattolica di Milano, il 60% della spesa è andato a farina, zucchero, uova e surgelati, il 45,6% a frutta e verdura, il 43% a pasta e il 36% a latte. Se questa sana abitudine è meglio conservarla, perché ci ha aiutati a riscoprire i valori dello stare insieme e del preparare e condividere il cibo, di cui il nostro Paese vanta una tradizione di eccellenza – precisa Palmieri – ci auguriamo però che gli effetti del Covid non siano duraturi e possa riprendere il trend di prima per quel che riguarda l’export”.
Fortemente penalizzati dal blocco, infatti, sia il parmigiano reggiano che il prosciutto di Parma, del quale Granarolo possiede alcune importanti società, entrambi molto richiesti all’estero, soprattutto in Giappone e negli Stati Uniti. Qui il prezzo del parmigiano può lievitare fino a sfiorare il doppio di quello nostrano. “Il mondo vuole mangiare italiano. Il nostro cibo è una eccellenza che continua ad essere richiesta. Certo, la slealtà dei paesi concorrenti come Francia e Germania non ci ha fatto bene, basti ricordare l’immagine della Pizza al covid sulla copertina di Der Spiegel. Anche noi italiani a questo punto possiamo riflettere prima di comprare merce tedesca e francese”.
Anna Cavallo