Podcast: Apple Podcasts | RSS
La guerra del Peloponneso (431 – 404 a.C.) oppose Atene ed i suoi alleati (Lega delio-attica) a Sparta e alleati (Lega del Peloponneso) a causa dell’imperialismo di Atene, volto a una politica di dominio marittimo. La guerra venne descritta da Tucidide in tre fasi, e si concluse con la vittoria definitiva degli spartani, che, distrutta la flotta ateniese, conquistarono la città ed imposero un governo oligarchico. La fine della guerra del Peloponneso fu anche la fine dello slancio della civiltà greca.
Tucidide, appartenente all’aristocrazia ateniese, partecipa alla vita politica; è presente in Atene nel 411 a.C., durante il tentativo di instaurare un governo oligarchico, accuratamente descritto. Dopo il fallito tentativo se ne va da Atene, e infatti da questa data si interrompe la sua storia della guerra del Peloponneso, che verrà ripresa da Senofonte.
Egli dà molto rilievo ai discorsi pubblici, mostrando come le decisioni dell’assemblea popolare siano influenzate dai demagoghi del momento più che da considerazioni oggettive. Risulta evidente nel racconto la volontà imperialista di Atene.
Tucidide racconta ciò di cui è testimone o che ha potuto verificare personalmente. Per questo è considerato il padre della storiografia. Ha quindi un rigore che manca ad Erodoto di Alicarnasso che si fa raccontare le storie dai sapienti che incontra.
La presente traduzione, di Pietro Manzi, risulta al lettore d’oggi pesante, faticosa da leggere, un modo di scrivere ampolloso e contorto, forse per un suo tentativo espresso nella prefazione di riprodurre lo stile da lui definito “sublime” di Tucidide. Certo che la traduzione del Manzi non risultò “sublime” neanche ai contemporanei, e anzi suscitò molte critiche, anche di poca fedeltà al testo. Resta tuttavia l’interesse di un’opera fondamentale per il rigore e per la novità del metodo seguito.
Sinossi a cura di Umberto Corradini
Dall’incipit del libro:
Tucidide ateniese scrisse la guerra che i popoli del Peloponneso e quei di Atene guerreggiarono fra loro, ritraendola da’ primi suoi movimenti. E riguardando gli splendidissimi apparati di ambedue, e come or tosto, or ponderatamente vi aderivano i rimanenti popoli della Grecia, avvisò dovere riuscire assai più di ogni altra che la precedette memorabile e grande. Grandissima ella è certamente stata pe’ Greci, e questi non solo, ma molti tra’ barbari, e, per così dire, la più gran parte degli uomini pose sossopra. Il che non vuole affermarsi delle antichissime, e innanzi a lei guerreggiate: le quali per l’antichità loro non si posson chiarire, conghietturare sì (attenendosi per anche a’ più remoti principj) esser elle assai lungi da poterla o per guerra, o per ciò che vi è d’uopo in modo alcun pareggiare. Certo è che quella, la quale ora dicesi Grecia, non fosse già stabilmente abitata, ma che da principio frequenti vi accadessero i cambiamenti, e di leggieri i meno, costretti dai più, da’ luoghi ove abitavano si ritraessero. Imperocchè, non essendo là traffico, nè luogo o di terra o di mare ove senza tema esercitarlo, e ciascheduno coltivando quanto bastava a parca vita ed a dura, non copia di denari, non terre vestite, sempre (per non aver difesa di mura) palpitando non gli spogliasse una subitanea scorreria, ed in isperanza di trovare in ogni loco di che contentarsi, senza pena sloggiavano. Onde nè grandi città, nè un che sia apparecchio di guerra li faceva poderosi. E là dove più era fertilità, più erano mutazioni; in quella che ora dicesi Tessaglia, nella Beozia, nella più parte del Peloponneso, tolta l’Arcadia, e nelle più fertilissime. Vi furon poi taluni, che, ingrandendo per la ubertà, tumultuavano, e venuti agli estremi cadevano nelle insidie degli stranieri.
Scarica gratis: Delle guerre del Peloponneso di Thucydides (Tucidide).